6 Dicembre 2014 03:28

Sottodiciotto 2014. Incontro con i registi Christian De Vita e David Trueba.

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Venerdì cinque dicembre nei locali dell’Aiace (Associazione Italiana Amici del Cinema d’Essai) di Torino si sono tenuti gli incontri, riservati alla stampa, con i registi Christian De Vita e David Trueba. Una sorta di anteprima al Sottodiciotto film festival che inizia oggi.

Christian De Vita è uno dei tanti ingegni italiani che hanno seguito la vocazione per il cinema d’animazione fino ai celebri studi di Londra. Diplomatosi all’istituto di stato per la Cinematografia di Roma ‘Roberto Rossellini’ si è subito trasferito nella capitale inglese trovando lavoro come animatore già nella prima settimana(correva l’anno 1991) lavorando insieme a veterani di veri cult come ‘Yellow Submarine’.s18-1

Nel 1996 è tra gli animatori del film ‘Space Jam’, ma vedendo colleghi bravissimi pensa di lasciare l’animazione a loro e di passare a Storyboard e regia.

Nel 2007 tramite Allison Abbate (produttrice di Space Jam e di Capolavori dell’animazione come ‘The Iron Giant’) va a Parigi per lavorare allo storyboard del film ‘Fantastic Mr Fox’ di Wes Anderson. Un lavoro durato un anno con un regista che ha una visione talmente precisa di ciò che vuole da far fare storyboard pieni di dettagli e dal disegno perfettamente rifinito. Lavoro spossante che lasciava poco spazio all’inventiva personale ma da cui ha imparato molto. Per Anderson il suono è talmente importante che quando nelle vicinanze dello studio hanno fatto esplodere un residuato bellico lo ha registrato mettendolo nel film.

Sempre grazie ad Allison Abbate riesce a coronare un suo vecchio sogno lavorando a un film di Tim Burton. Il film era ‘Frankenweenie’ e per stare a stretto contatto con gli storyborder il regista finì col farli lavorare nella soffitta di casa sua. Un vero museo del film Horror con mani mozzate, ragnatele finte ecc. Tim Burton, come regista, è una persona molto seria e da maggiore libertà creativa agli storyborder lasciandosi anche influenzare da loro, tanto che quando De Vita ha inventato il nome di una tartaruga nel cimitero degli animali (Shelley, gioco di parole tra il termine Shield e l’autrice di Frankenstein) gli è tanto piaciuto da farla diventare una dei mostri finali.

Per la regia di ‘Yellowbird’ anche in questo caso tutto è accaduto grazie alla produttrice Allison Abbate, che conoscendo il suo desiderio di girare un lungometraggio lo indicò alla società francese che ha prodotto il film.

La storia originale era piuttosto cupa, ma dopo il suo arrivo tutto è cambiato. Ha acquistato più luce e comicità e i personaggi sono stati tutti approfonditi. Si dilunga molto sull’elenco dei difetti del protagonista. Un volatile cresciuto da solo, insicuro, pieno di tic, bugiardo patologico, (insomma; non un classico eroe) che decide di far credere a uno stormo di conoscere la strade per l’Africa solo per poter fare parte di un gruppo finendo per portarli non sa neanche lui dove.

Per quanto assurda la storia trae spesso spunto da episodi realmente accaduti riferiti loro dall’ornitologo che li ha aiutati a ricreare corpi, comportamenti e abitudini degli uccelli migratori. In questo sono stati aiutati anche dalla LIPU francese e internauti appassionati di ornitologia.

Per il Carachter Design si è deciso di farlo stilizzato perché più semplice, economico e anche più bello (non apprezza per niente la CGI fotorealistica). L’idea era quella di imitare i pupazzi fatti con la carta ritagliata e la cosa pare essere riuscita.

Il film è stato interamente prodotto in Francia e lo studio principale è il TeamTo. Che essendo specializzato in serie televisive (anche statunitensi)non veniva visto, dai finanziatori, come capace di fare lungometraggi. L’ottimo successo del film ha dimostrato che anche gli studi per l’animazione televisiva possono farcela.

Attualmente De Vita lavora in Francia, apprezza quanto il paese faccia per l’animazione sostenendola come vanto nazionale. Lui per lavoro ha sempre viaggiato andando in studi americani, europei e asiatici. Ma vorrebbe tanto, un giorno, fare un film in Italia, magari ambientato a Roma e che racconti la città e la sua cultura.  Si mostra molto interessato al lungometraggio rivelazione ‘L’arte della felicità’ ma non ha ancora avuto occasione di vederlo. Chi scrive gli consiglia la videoteca a pochi metri dal palazzo.

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Il duo che segnerà il festival.

L’incontro con David Trueba è davvero piacevole. Regista e romanziere già noto in entrambi i ruoli presenterà al festival il suo più recente film; ‘Vivie es fàcil con los ojos cerrados’, dove racconta una storia realmente accaduta alla fine degli anni sessanta. In spagna viene John Lennon e un professore d’inglese, che utilizzava le sue canzoni nella didattica, affronta un lungo viaggio per incontrarlo e chiederli il significato di alcune frasi che non riesce a capire.

Fa da sfondo la spagna della dittatura militare, con la sua morale ferrea e contraria a ogni pensiero progressista.

Il film ha avuto un gran successo in Spagna e recentemente è stato selezionato dall’Accademy Awards. Il successo riscontrato anche all’estereo ha sorpreso il regista/autore stesso e ha portato vari riconoscimenti all’ormai ultra novantenne professore protagonista della storia. Alcune riviste hanno intervistato i suoi ex allievi che ne hanno lodato l’approccio moderno all’insegnamento, stimandolo e  riconoscendo di dovergli molto.

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L’autore ha sempre considerato il dialogo tra i vecchi e i giovani prezioso e non sopporta che nella società contemporanea l’amicizia tra persone di età differenti venga considerata sempre peggio.

Non conosceva il ‘Sottodiciotto’ ma gli è piaciuto subito. Gli fa piacere che il suo film venga considerato un film per ragazzi e non pensa sia corretto fare questo genere di film con storie semplici considerando i fruitori incapaci di capire delle cose. Anzi, si dovrebbe mettere sempre qualcosa che li spinga a cercare di capire ciò che non si conosce, come capiva nei film per ragazzi fatti in passato ma evitando morali evidenti e pedanteria.

Dice di non essere un fans sfegatato dei Beatles ma di amare le loro canzoni.

E questo basta.