18 Ottobre 2015 10:00

Inside/Out: perché sì – una recensione di Aladar

7-motivi-per-cui-inside-out-è-il-film-più-bello-dellanno

Ci sono molte ottime ragioni per andare a vedere “Inside/Out“. Qui ne fornirò qualcuna invitando chi legge a andare a verificare se sono reali o meno.
Sappiamo tutti che in un film la psicologia del personaggio è indispensabile se si vuole coinvolgere lo spettatore e niente come i film d’animazione prodotti in questi ultimi vent’anni dalla Pixar ha
portato questo concetto a un grado più elevato realizzando film ricchi di significati profondi e pensati per un vastissimo pubblico (bersaglio visto come ostile alle complicazioni psicologiche, triste pensare che la massa sia ancora considerata “ingenua”).
Quindi si parla di emozioni e crescita del personaggio che passa dall’infanzia all’adolescenza in modo brusco.

Ma come fare a rendere originale e innovativo un tema affrontato da centinaia di film? La vecchia magia Pixar usa il suo trucco più bello. La metafora.
Il primo fatto che avviene in Inside Out è la nascita di una bambina, Riley. Insieme a lei nasce una figura femminile dall’aria gentile e gran sorriso, guarda la bambina attraverso uno schermo gigante nella sala delle emozioni in tempo per sentire le parole dei genitori che definiscono la piccola la loro gioia. In questo modo Gioia prende coscienza di sé e capisce subito che sarà lei a regolare tutto nella vita della bambina, anche quando subito dopo appaiono le altre emozioni: Tristezza, Paura, Disgusto e Rabbia. Passano gli anni e nella sala delle emozioni tutto viene allegramente diretto da Gioia in modo che si veda sempre il lato bello delle cose riuscendo così ad accumulare un gran numero di bei ricordi di una vita perfetta relegando la timida Tristezza all’angolo e impedendogli di
partecipare.
Ma assolutamente senza preavviso arriva un trasloco e la famiglia felice si ritrova a passare dalla cittadina piena di verde e neve alla grande metropoli, una San Francisco vista con gli occhi di una bambina come un posto grigio, sporco e per nulla gradevole.
Le emozioni reagiscono nel modo più naturale e confuso insieme. La bambina non si trova bene, ma non può dirlo dopo che la madre l’ha ringraziata per essere sempre la loro gioia anche in un momento così difficile. La tristezza anche se timida sente di essere più presente e Gioia cerca di fare di tutto per tenerla lontana. Per una serie di circostanze Gioia e Tristezza finiscono fuori dalla sala comando lasciando le altre tre emozioni nel panico.
Qui comincia la vera parte forte del film.

Il processo di autoisolamento dal mondo della protagonista che non prova più tristezza ne gioia diventando sempre più indifferente, perdendo tutte le certezze e i valori che aveva fino al punto di decidere di tornare nella sua vecchia casa.
Nella mente di Riley inizia un viaggio pieno di pericoli dove le due emozioni potrebbero finalmente conoscersi meglio e capirsi. Ma come può la gioia capire la tristezza?

Uno dei film più belli fatti dalla Pixar. Un film profondo dove succede qualcosa che non ci si poteva aspettare, una cosa lontana dal messaggio che tutta la nostra società (soprattutto quella statunitense, ma non soltanto) grida di continuo. Viene tolta la colpa alla tristezza.
Viene mostrato quanto la tristezza sia importante per capire gli altri e per farsi capire. Come dia il coraggio di esprimere sentimenti che fanno male ma che si provano, come aiuti a accettare la vita e
che si possono provare anche sensazioni tristi e felici allo stesso tempo. Che le emozioni si mescolano in un modo molto più complicato di quanto si possa pensare fondendosi in un modo che non sia più possibile definirle solo con una parola.
Questo film dice chiaramente che non è una vergogna essere triste, che non è sbagliato lamentarsi e piangere ma è lontano dall’essere un elogio alla depressione. È un modo per vedere meglio la speranza, per capire che se si parla con gli altri lasciando andare le emozioni anche le situazioni peggiori diventano sopportabili. Mostra che anche dei genitori desiderosi di vedere nella figlia il loro punto fermo di tranquillità possono capire quanto sia sbagliato il loro atteggiamento e aprire il proprio cuore creando una famiglia più unita. Ma per fare questo la gioia ha dovuto capire la tristezza provandola su di sé. Solo così si può comprendere: provando e non rifiutando l’emozione.
Tutto ciò è così lontano dal messaggio di continua felicità da ostentare a ogni costo che viene imposto a tutti ma soprattutto ai più piccoli. Visti sempre più come cuccioli da viziare per avere in cambio affetto incondizionato che come figli o individui che provano emozioni proprie.
Non stupisce vedere che nei titoli di coda compaia come consulente un certo Paul Ekman, ovvero colui che ha mappato i muscoli del viso partendo dagli studi di Darwin sulle emozioni scoprendo quali sono i muscoli che si attivano a seconda di ognuna di essa o se si menta o si dica la verità. E posso essere sicuro per notizia certa, che la descrizione delle emozioni è talmente ben fatta che molti psicologi stanno consigliando la visione del film ai loro pazienti per aiutarli a capire le loro emozioni, riuscendo a fargli ottenere risultati importanti.
Magnifiche le ambientazioni, sia quelle reali che quelle fantasiose e colorate del mondo interiore.
La mimica corporea ha una parte importante come poche e viene anche mostrato che come ci sono persone guidate dalla gioia ci sono quelle guidate dalle altre emozioni e che questo non sia un problema nei rapporti tra di loro. Le emozioni hanno i colori con cui la tradizione (almeno quella statunitense) le ha sempre dipinte, e personaggi secondari hanno avuto tutti una definizione di aspetto/carattere molto più accurata di quanto sia stato fatto in ogni film Pixar precedente (cosa ardua da pensare ma vera).
Rimane da chiedersi se verrà fatto un seguito per mostrare cos’accadrà quando si dovrà premere il bottone rosso della pubertà. L’unica cosa certa è che la Pixar sta già lavorando a un cortometraggio sul primo appuntamento di Riley, quindi chissà.

Quindi se volete comprare i pupazzetti dei personaggi non limitatevi a Gioia come un’opinabile manovra commerciale suggerisce: almeno Gioia e Tristezza prendetele entrambe.

[Pierpaolo Di Camillo]