17 Novembre 2014 11:00

Il Pap’occhio

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“State attenti, sperimentare con la vita, giocare con la vita, è un peccato contro Dio Creatore“.  – Sono le parole rivolte dal Papa ai medici cattolici in occasione dei 70 anni dall’associazione (Amci). Lasciando il discorso scritto e parlando a braccio Bergoglio ha spiegato che questo avviene quando si decide di “fare figli e non di accoglierli come dono“. Stesso discorso, ha aggiunto, vale per “l’eutanasia“. Il Papa ha sottolineato che “l’aborto non è un problema religioso, e neanche filosofico. È un problema scientifico perché c’è una vita umana e non è lecito fare fuori una vita umana per risolvere un problema“.

Una domanda, Santità: qualora si trovasse a dover scegliere tra due vite, ad esempio quella di una donna che senza l’interruzione di gravidanza rischiasse di morire, che cosa dovrebbe fare un ‘buon’ medico cattolico? Lavarsene le mani, forse, e passare l’atroce dilemma esclusivamente ai famigliari, magari dopo aver loro fatto un bel sermoncino sul valore della Vita? E di quale vita? In passato si usava esaltare il sommo sacrificio delle madri che perivano, gioiosamente, nel dare alla luce i propri figli; ma oggi, che per fortuna il mondo femminile si è fatto meno ‘suggestionabile’ da certi modelli autolesionisti, come si comporterebbe in coscienza, Lei? Se un aborto è sempre un omicidio, come potrà mai un medico obiettore optare per la soppressione del feto? E se lo fa, non sarebbe un peccato mortale in base alle Sue parole? Già che c’è, si chieda pure cosa vorrebbe DAVVERO se un giorno Lei si trovasse in condizioni fisiche talmente insostenibili e umilianti da far vacillare anche la Sua granitica fede … se lo domandi, con calma. Perché è meglio farlo prima che sia la vita stessa a decidere per noi.

E questo concetto non può cambiare con il passare degli anni. – “Nel pensiero antico e nel pensiero moderno uccidere significa lo stesso“, ha detto il Papa. Analogo discorso vale per l’eutanasia, papa Francesco ha fatto riferimento a quella “eutanasia nascosta” di cui sono vittime gli anziani. “Significa dire a Dio no, la fine della vita la decido io. È un peccato – ha ribadito il Pontefice – contro Dio creatore”.

Santità, non lo è forse anche decidere unilateralmente come la vita degli altri debba essere vissuta? Non è un peccato, di superbia almeno, il considerarsi ‘portavoce di Dio’? Se dunque in fondo siamo tutti peccatori, su quale principio si basa la supremazia della Vostra morale? Sulla durata nel tempo? Mi dispiace, ma l’Uomo uccideva già molto tempo prima di cominciare a genuflettersi davanti agli altari, e in seguito non di rado ha continuato a farlo ‘in nome di Dio’: come la mettiamo? Forse, azzardo io, la realtà è più simile a quella espressa in una semplice, umile striscia umoristica (Bloom County di Berke Breathed) che Le consiglio caldamente di leggere: in essa uno dei protagonisti è ossessionato dall’idea di poter nuocere agli esseri viventi del Creato e giunge a legarsi a un albero per non calpestare l’erba e gli insetti, salvo rendersi conto che solo respirando un essere umano distrugge ogni istante milioni di microrganismi; finalmente, un suo amico gli espone questa semplice constatazione: – “Malgrado tutto ciò che ti è stato detto, in un mondo complesso non c’è spazio per morali assolute.” – e quindi gli propone alcuni compromessi etici che permetteranno a lui di sopravvivere decentemente e al contempo di non nuocere a troppe creature, nei limiti dell’esistenza umana.

Linguaggio del Demonio? No, semplicemente l’unico che ci è consentito parlare.

Perché non possiamo farci niente, Santità: siamo assassini nati, o nati assassini, e con questo ogni giorno dobbiamo fare i conti. Su questo principio dovremmo forse edificare la nostra etica, piuttosto che su una affatto presunta superiorità morale: sullo sforzo quotidiano di preservare noi stessi senza far del male al nostro prossimo, cosa che al contrario spesso avviene anche se si agisce, come pure nel Suo caso, Santità, con le migliori intenzioni.

Purtroppo, sempre con le migliori intenzioni, avete in passato ‘benedetto’ massacri e ingiustizie sociali assortite, talmente tanti che non sarebbe scorretto sostenere che senza quelle azioni e quell’indottrinamento ideologico molta della attuale beneficenza non sarebbe stata necessaria! Sono d’accordo con Lei, Santità, con la dietrologia non si fa la Storia e, soprattutto, non si fa la Religione, ma proprio per questo inviterei anche Voi a non basare la propaganda cattolica su singoli casi che rafforzano le vostre tesi, e a guardare alle cose in modo altrettanto obiettivo: per quanto la scienza e la medicina abbiano seminato il proprio cammino di errori e sgradevolezze, è grazie al loro inesausto cammino di ricerca che oggi possiamo sperare di vivere un po’ di più e un poco meglio dei nostri antenati. Con tutto il rispetto, se avessimo dato retta ai pareri delle autorità religiose forse non esisteremmo neanche più, o saremmo regrediti all’età della pietra. Dal mio punto di vista, e da quello della storiografia, siete sempre stati molto abili ad appropriarvi delle nuove scoperte e a gestirle dopo aver perseguitato e ostacolato a lungo coloro che le propugnavano e perseguivano andando, loro sì, controcorrente in mezzo al ludibrio generale. La cultura stessa è stata monopolizzata per secoli dalle vostre istituzioni, le uniche  peraltro in grado di garantire strutture operative adeguate, e se alla fine vi siete decisi a elargire sistematicamente il sapere alla popolazione, ammettiamolo, è stato soltanto per poter controllarne meglio i contenuti. Questa è storia recente, Santità: in nome della Tradizione sono stati difese a spada tratta principi, anche giuridici, come il delitto d’onore e il carcere per le adultere, incoraggiate la sottomissione femminile e l’infelicità coniugale in nome della ‘sacralità del matrimonio’; sacralità comunque facilmente violabile in privato grazie a quella stucchevole e perniciosa ‘doppia morale’ che è diventata il vero sestante della morale pubblica nel nostro Paese. Con i risultati che sappiamo.

Sono storie di ieri? No, perché tuttora risentiamo di quel clima reazionario, di quell’ipocrisia, di quelle discriminazioni che hanno comunque una radice comune, quasi fossero un collante sociale; di quell’intolleranza giustificata sempre e comunque dalla Fede e dalla Tradizione  e che spinge forse alla ‘compassione’ ma non certo alla tolleranza, e i cui frutti violenti ed amari ogni giorno causano nuove vittime innocenti. Faccia attenzione, Santità, a gettare benzina sul fuoco: perché quella fiamma è ben viva e potrebbe causare incendi incontrollabili.

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Proprio per questo Bergoglio ha esortato i medici cattolici ad essere fedeli “al Vangelo della vita e al rispetto di essa come dono di Dio” e a fare “scelte coraggiose e controcorrente che, in particolari circostanze, possono giungere all’obiezione di coscienza“.

Santità, mi perdoni ma se consideriamo che nemmeno le deputate alla Camera riescono più a trovare un anticoncezionale a Montecitorio, direi che essere ‘obiettori‘  in Italia rappresenti ormai tutto fuorché una ‘scelta coraggiosa e controcorrente’, anzi. Mi pare proprio che l’obiezione di coscienza cattolica non sia vittima di nessuna ‘ghettizzazione’ ma tutt’al più soffra di una forte epidemia di vittimismo, e ad andarci di mezzo sono i pazienti, cui vengono negati i propri diritti.

Tra l’altro, quante strutture sanitarie ormai fanno capo a enti di matrice cattolica? Sarebbe interessante saperlo. Si potrebbe chiederlo, per esempio, al dottor Paolo Scollo, presidente della società ginecologi italiani, che da convinto obiettore rifiuta di praticare aborti nella sua struttura ma “nel rispetto delle leggi e del servizio” delega la patata bollente a una dottoressa “assunta a contratto” in modo che tutti e 18 i membri del reparto possano mantenere immacolate le loro pie coscienze: sarebbe questa la garanzia del servizio, il diritto alla scelta? Con un rapporto di 18 a 1 l’unica libertà che viene tutelata è quella degli obiettori stessi, mentre è facile immaginare quante e quali problematiche possano insorgere quando un servizio viene affidato a una sola persona, per giunta precaria e magari (chissà!?) anche soggetta a mobbing ideologico da parte del personale sanitario. Sarebbe questo l’equilibrio di forze in campo, Santità? In tal caso, mi permetta di rivolgere le mie simpatie alla dottoressa Alessandra Kusterman, ginecologa non obiettrice, che in questo contesto non certo facile spiega così la propria etica: “… stare al suo fianco [della donna che sceglie di abortire, n.d.G.] qualunque sia la sua scelta. Chi sono io per giudicare? Soprattutto in un paese che lascia sole le donne […] dove le future madri sono spesso lasciate sole anche dal compagno davanti all’impossibilità di farsi carico del dolore di un figlio con disabilità gravi. Il rispetto della vita e l’essere buoni medici prescinde dall’essere credenti o meno, ma io vivrei come una rinuncia alla mia missione di medico lasciare le donne sole nella loro sofferenza.”  – Chi dei due è davvero ‘controcorrente‘, Santità?

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Su aborto, eutanasia e fecondazione artificiale, ha ammonito il Papa, il pensiero dominante propone una “falsa compassione”: “quella che ritiene sia un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica produrre un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono“. Bergoglio ha sottolineato come “la compassione evangelica” sia quella che accompagna nel momento del bisogno, cioè quella del Buon Samaritano, che “vede, ha compassione, si avvicina e offre aiuto concreto. La vostra missione di medici vi mette a quotidiano contatto con tante forme di sofferenza: vi incoraggio a farvene carico come buoni samaritano, avendo cura in modo particolare – è l’appello di Francesco rivolto ai medici cattolici – degli anziani, degli infermi e dei disabili“.

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La vita umana è sempre sacra e sempre di qualità. Non esiste una vita umana più sacra di un’altra, come non c’è una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra, solo in virtù di mezzi, diritti, opportunità economiche e sociali maggiori” ha detto il Papa sottolineando che “la vita umana è sempre sacra, valida ed inviolabile, e come tale va amata, difesa e curata”. Papa Francesco ha anche evidenziato un paradosso: il fatto che siano aumentate le possibilità di guarigione ma diminuite le capacità di prendersi cura delle persone, soprattutto le più fragili, “ammalati, anziani, bambini, disabili“.

Santità, si è mai chiesto quanto sia difficile per molti appartenenti alle categorie che Lei cita con tanta disinvoltura dover sopravvivere in costante stato di bisogno, di dipendenza dagli altri per ogni minima cosa, anche le più imbarazzanti? E, stando ai recenti casi di cronaca, a volte anche in balia delle crudeli sevizie di coloro che, pagati, dovrebbero in teoria garantire il loro benessere (dovrebbe saperlo, dato che molte di questi abusi sono accaduti in strutture private che fanno capo ad enti ecclesiastici). Quando le Vostre mirabili associazioni benefiche espongono pubblicamente la loro sofferenza come testimonials del valore della Vita (la vergognosa esibizione fuori dalla clinica di Eluana Englaro, ad esempio) non pensano mai che queste persone possano non gradire tale esposizione mediatica della propria personale sofferenza? Crede che sia gratificante vivere ‘da compatiti’ per esaltare la bontà degli altri? La circonvenzione di incapaci è un reato penale di cui spesso la Sua istituzione ha accusato coloro che appoggiavano la scelta di alcuni individui di optare per l’eutanasia o l’aborto: obiettivamente, non ritenete di fare lo stesso, e spesso, proprio con i vostri ‘sfortunati’ assistiti? Usando, tra l’altro, l’arma più potente e subdola che esista, ovvero l’Amore. Ci rifletta, Santità.

Non c’è dubbio che, ai nostri giorni, a motivo dei progressi scientifici e tecnici, sono notevolmente aumentate – ha fatto presente nell’udienza ai medici cattolici – le possibilità di guarigione fisica; e tuttavia, per alcuni aspetti sembra diminuire la capacità di ‘prendersi curà della persona, soprattutto quando è sofferente, fragile e indifesa. In effetti, le conquiste della scienza e della medicina possono contribuire al miglioramento della vita umana nella misura in cui non si allontanano dalla radice etica di tali discipline”.

E questo limite etico chi lo definisce? Non risponda, Santità, è implicito.

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E’ una mia impressione o il tono generale si fa decisamente assertivo quando le gerarchie ecclesiastiche parlano ai militanti? Rispetto alle rassicuranti e conciliatorie dichiarazioni date in pasto all’opinione pubblica, è in queste circostanze che si rivela la programmatica intransigenza della comunità cattolica e, a quanto pare, pure del suo nuovo leader che fino ad ora aveva fatto nascere, pure in chi scrive, qualche modesta illusione. Dove sono finiti il dialogo e la tolleranza? Dove il “chi sono io per giudicare”? Era dunque tutta propaganda? Fumo negli occhi? Oppure è proprio impossibile per chi si crede possessore della Verità e del Bene accettare il libero arbitrio altrui? Intendiamoci: nessuno discuterebbe la libertà della Chiesa di parlare ai propri fedeli, se questo non confliggesse pesantemente con l’altrettanto sacrosanto diritto di un cittadino medio di usufruire delle possibilità che una società giustamente pluralista gli concede, almeno sulla carta; quando l’ingerenza di un’istituzione religiosa va a influenzare con palese aggressività questa libera fruizione personalmente reputo che eserciti un abuso di potere. Non è ammissibile, in un Paese laico e moderno, che si organizzino mobilitazioni ideologiche di professionisti che, come in questo caso, ricoprono ruoli sociali fondamentali, fornendo loro tra l’altro una sorta di giustificazione e persino implicita impunità nel non eseguire appieno il proprio dovere. I signori obiettori , a mio modestissimo parere, dovrebbero ricordarsi che il loro giuramento di fedeltà è riferito anzitutto al paziente, e ad esso DEVE essere subordinata qualsiasi convinzione personale. Altrimenti, cari signori, sarò costretto a definirvi, con un termine molto in voga oggi, a tutti gli effetti una LOBBY.

La mia impressione, spassionata, è che mentre i fervidi esponenti del movimento ‘pro-Vita’ seguitano a gridare ‘al lupo‘, ovvero al complotto contro la Famiglia, nel contempo stiano poco a poco prendendo il controllo più o meno diretto di tutte le principali strutture  sociali, didattico-culturali e dell’informazione. Spero di sbagliarmi.

Dico tutto questo da figlio di medico, ben sapendo quanti e quali dilemmi si pongono nel corso di una professione tanto delicata e difficile. Ma esistono leggi dello Stato, ed esistono soprattutto dei diritti legittimi delle persone, il primo dei quali è di non venire criminalizzati da una frangia organizzata del personale sanitario che si sente sempre più legittimata, grazie anche alle parole tonanti delle proprie gerarchie religiose, a negare agli utenti prestazioni cui, ripeto, dovrebbero avere pieno e legittimo accesso. Lasciatemelo dire: un medico che pretende a priori di sapere cosa sia giusto o sbagliato ha già fallito in partenza, e nel suo essere ‘credente’ pecca pure di superbia; come per la fede e la vita stessa, il mestiere di Ippocrate dovrebbe essere un lungo e faticoso cammino disseminato di dubbi e incertezze, non un comodo sentiero su cui trascinarsi indolenti e protetti, crogiolandosi in certezze rassicuranti che, tutto sommato, fanno comodo anche per la carriera … sbaglio ancora?  

Libertà di scelta, dunque. La più grande e la più spaventosa delle responsabilità, e non certo la superficialità e il disimpegno che tendete d attribuire agli individui quando non vanno nella direzione da Voi tracciata. La libertà – cantava Lucio Dalla – è difficile, e fa soffrire. Almeno, quando è autentica.

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Parafrasando il mantra  preferito dagli integralisti di tutto il mondo e di tutte le fedi, da laico convinto (e, sottolineo, non da ateo) ribadisco che il rispetto per la libertà di scelta altrui è l’unico valore non negoziabile che dovrebbe guidare coloro che hanno tra le mani la salute sia fisica che sociale di una collettività. E non si tratta di ‘compassione’, né vera né presunta, ma soltanto di scendere realmente dal pulpito e riconoscere che nessuno può giudicare le scelte di chicchessia riguardo alla propria esistenza terrena … altrimenti, caro Bergoglio, tutta la Sua ostentata mitezza e semplicità non risulteranno altro che una variante senza sale della solita, millenaria zuppa che ci viene fatta sorbire a forza da troppo tempo con la scusa che non c’era altro.

Invece c’è. E questa nuova dieta, mi creda, potrebbe giovare anche a Voi.

(Eric Rittatore – il testo del discorso di papa Francesco I è tratta dal sito di Avvenire, i virgolettati dei due medici citati da interviste su Repubblica di ieri)

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2 risposte a “Il Pap’occhio”

  1. Caro Gatto, per noi extraterrestri, voi terrestri, con la vostra fragilità mentale (non solo mentale, certo, ma anzitutto mentale) apparite così affascinanti (come dice spesso un Vulcaniano*)… Ma, si sa, questo non vi può essere di consolazione. Probabilmente vi farebbe bene, di tanto in tanto, lasciare questo bellissimo (per quanto mal frequentato) pianeta, per apprezzare maggiormente la diversità di ciò che vien chiamato (con un termine ambiguo e limitato) Vita, da diversi punti di vista, meno, come dire?, dogmatici o irrazionali. Serve un passaggio sulla mia Astropentola?

    * “Fascinating”: http://youtu.be/cFods1KSWsQ – Da non confondere con “Interesting” (nonostante in Italia Fascinating sia stato tradotto con Interessante), per certi versi simile, ma non identico nelle sfumature che esprimeva secondo il buon Vulcaniano.

  2. Mi piacerebbe, Ex … ma non so se la mia natura pesantemente terrestre mi lascerebbe librare oltre le umane miserie. Si può tentare, però. Si può sempre tentare, giusto?

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