29 Luglio 2015 11:43

Atticus buono/Atticus cattivo? Oltrepassare la siepe.

Bloom_County_2015-07-17

E’ così dunque? Come aveva già previsto l’ineffabile Berkeley Breathed qualche anno fa in una striscia di “Outland“, anche il “buon vecchio Atticus” ha dovuto rifarsi il look adattando la propria mite e saggia figura all’estetica trucido-folle dei nostri cupi e un po’ patetici tempi? Così sembra, ed è lo stesso cartoonist a paventarlo nella sua recente nuova versione della mitica strip “Bloom County“, in cui il candido Opus affronta con fiduciosa aspettativa la lettura del nuovo/vecchio romanzo di Harper Lee Go set a Watchman (“Va e metti una sentinella” in italiano, uscirà per Feltrinelli in inverno) convinto di ritrovarvi intatta quella “fragile trama di dignità e grazia che tiene insieme la tappezzeria umana” e che ha saputo educare e dirigere intere generazioni di giovani, non solo americani.

cg5347049ba5ba1

Invece: Atticus Finch si schiera dalla parte dei segregazionisti, della componente razzista e “intestinale” del suo Paese, come un Salvini qualsiasi, e partecipa pure a riunioni del Ku Klux Klan suscitando la riprovazione della figlia Jean Louise detta Scout (voce narrante del precedente romanzo) la quale, sull’onda della propria delusione nei confronti del genitore, arriva financo a paragonarlo al Grande Dittatore per eccellenza, Adolfo Hitler in arte Fuhrer… un po’ troppo, anche per gente assuefatta alla caduta di miti e ideologie quali noantri crediamo di essere.

Tutto finito, dunque? Ancora una volta ci toccherà soccombere alla realtà, ad una realtà fatta di livore, incomprensione reciproca e violenza esibita in nome di pretestuosi “valori”, di fronte ai quali l’animale uomo inalbera senza inibizioni la propria natura ferina e sopraffatoria?

Permettetemi di dubitarne, almeno in questo contesto.

Anzitutto, perché Harper Lee è davvero una grande scrittrice.

Non ho idea se l’operazione che ha portato alla “riesumazione” e alla pubblicazione di questo nuovo/vecchio libro, che la critica pressocché all’unanimità tende a considerare una sorta di “bozza” per il capolavoro da noi conosciuto e amato, sia stata gestita con la sua approvazione oppure no, e forse non avremo mai una risposta esauriente in merito: di certo a guadagnarci maggiormente, in senso strettamente economico, non sarà lei, giunta credo io a un’età (quasi 90 anni) in cui le miserie del mondo appaiono sempre più relative e insignificanti. Nessuno potrà portarle via il merito, la gloria e soprattutto la riconoscenza dovutale per il dono immenso che ha fatto al mondo con “Il Buio oltre la Siepe” (To kill a Mockingbird, 1960) e, soprattutto, con il personaggio di Atticus Finch, ovvero il padre, il marito, l’amico e soprattutto l’uomo che qualunque essere umano dotato di buona volontà e sentimento vorrebbe incontrare, se non proprio essere, almeno una volta nella vita.

Nel nuovo libro, appare ancora Atticus, ma non è lui.

Non si tratta soltanto di una differente collocazione temporale (la nuova opera è ambientata negli anni ’20, l’altra si svolgeva nei Trenta), dato comunque importante per collocare l’ostentato “razzismo” del patriarca Finch rispetto al suo omologo “illuminato”: per quanto ancora soffocante, il clima segregazionista che si respira nel “Buio” presenta già spiragli di apertura, sia nei giurati che prendono tempo prima di giudicare colpevole il nero Tom Robinson, sia in alcuni tutori della legge capaci di empatia verso i “negri” e i “reietti” della società; per esempio il giudice Taylor, inflessibile quanto solidale nei confronti di Atticus, o lo sceriffo Tate, il quale arriva a “scavalcare” il proprio dovere, e le remore dello stesso avvocato Finch, per salvare il povero “Boo” Radley in nome di una giustizia superiore che ha infine permesso alla società di liberarsi di una mela marcia come Bob Ewell, unico vero “cattivo” della storia, ma che non può accontentare la fiducia nel lento ma inesorabile cammino della Legge propugnata dal padre di Scout e Jem.

“Il buio oltre la siepe” non ha un lieto fine, almeno non nella concezione in cui spesso il lettore lo esige. Pur se il fratello Jem “ha passato la nottata”, la piccola Scout non potrà più guardare al mondo e alle altre persone con lo sguardo “puro” e innocente dell’infanzia: troppe cose sono successe, troppe menzogne ha udito, troppo odio ha respirato per non aver imparato a proprie spese che il mondo dei grandi non è un “playground” sicuro dove muoversi. Mentre si rifugia nell’abbraccio protettive di Atticus, ne può ora cogliere la stanchezza, il dolore e la delusione per una vicenda tragica che soltanto un delitto, un omicidio di cui nessuno dovrà parlare e che lui stesso ha accettato di seppellire anzitutto per non esporre i figli a ulteriori brutture, ha potuto “chiudere” malgrado tutti  suoi sforzi di risolverla sul piano della legittimità e del Diritto. Niente è andato bene: Tom si è suicidato, Ewell ha quasi ucciso Jem e Scout prima di ricevere la “giusta” punizione… l’umana tragedia ha fatto il suo solito – inevitabile? – corso. Eppure… eppure.

Nel nuovo romanzo di Harper Lee, il nuovo/vecchio Atticus Finch non elargisce più gemme di parole e di esempio, e litiga con la figlia ormai grande che non accetta l’apparente deriva razzista del genitore, come del resto è giusto che sia fra generazioni cresciute con abitudini e ideali differenti; eppure… eppure, anche qui l’avvocato Finch farà del suo meglio per difendere un “negro”.

Perché? Per lo stesso motivo che spingeva la sua versione “progressista” a lavorare sui fatti e sulle norme senza cadere nella rete di pregiudizi e diffamazioni stesa tutta intorno a lui, a credere fermamente che ogni uomo, a prescindere dal colore della pelle, avesse diritto a un’adeguata difesa: perché aveva fede nella Giustizia degli uomini. Imperfetta, fallace, talvolta contradditoria, ma comunque l’unico valido argine datosi dalla nostra litigiosa e sanguinaria specie per poter almeno provare a coesistere gli uni con gli altri, fragile barriera al caos da aggiustare via via di fronte ai marosi della Storia, e da ampliare man mano che il consorzio umano si evolve accettando nuove manifestazioni della propria natura, che non avrà la N maiuscola ma è in grado, se ben addestrata, di contenere un’infinità di varianti.

Ci vuole tempo, certo, e fatica, e conflitti anche devastanti ma, come Harper Lee ci insegna, ne giro di pochi anni si può passare da un avvocato Finch ideologicamente razzista ma retto nell’applicazione della Legge ad un Atticus padre esemplare, di ferrea coerenza espressa negli atti e non solo nelle parole, cittadino probo e onesto nel vero senso dei termini, e uomo di giustizia senza compromessi ma anche privo di derive inflessibili in quanto dotato di una propria, istintiva, comprensione verso le debolezze cui siamo da sempre, nessuno escluso, esposti nel corso della vita.

I wanted you to see what real courage is, instead of getting the idea that courage is a man with a gun in his hand. It’s when you know you’re licked before you begin, but you begin anyway and see it through no matter what.”Atticus Finch”   

The one thing that doesn’t abide by majority rule is a person’s conscience.”  

Scout: “Atticus, he was real nice.”

Atticus: “Most people are, Scout, when you finally see them.”  

It’s never an insult to be called what somebody thinks is a bad name. It just shows you how poor that person is, it doesn’t hurt you.”

Sono soltanto alcune delle brevi, pacate riflessioni cui Atticus spinge i propri figli, di fronte ai piccoli-grandi drammi che turbano l’apparentemente placida esistenza della loro piccola città… perché se si impara a pensare da piccoli, poi è come andare in bicicletta: non si dimentica più.

E’ un dono che nessuno potrà mai più portarci via. A meno che, ovviamente, non si sia noi a volerlo.

Non spaventiamoci, dunque, e affrontiamo la lettura di “Go Set a Watchman” con la curiosità e il rispetto che si dovrebbero riservare a ogni libro, almeno prima di averlo effettivamente conosciuto: di certo non rimarremo contaminati dal “nuovo” Atticus, se quello “vecchio” ha seminato bene dentro di noi; e chissà che alla fine, perché no?, non scopriremo un nuovo, prezioso intreccio in quella “trama di dignità e grazia” cui, malgrado tutto, tentiamo ostinati di rimanere aggrappati.

[E quanto al mezzo… a ognuno il suo!]

opu1071230_52_07comp