17 Giugno 2013 14:49

Annecy 2013 conclusione. Grandi speranze per meraviglie future!

Da nostro inviato in Francia ecco il rapporto degli ultimi due giorni del festival d’animazione di Annecy.

Venerdì è stata una giornata piena di avvenimenti imperdibili. Si è iniziato con il work in progress dell’ ultimo lungometraggio che il grande Bil Plympton sta ultimando, “Cheatin”.

Sul palco l’autore, coi suoi immancabili bermuda, inizia a raccontare quanto gli sembri incredibile poter presentare al pubblico il frutto di cinque anni di lavoro. Spiegherà come crea i personaggi, cosa significhi autoprodursi un film e alla fine farà un ritratto a tutti quelli in sala che vorranno averlo e venderà i dvd dei suoi lavori.

Cheatin è la storia di un amore perfetto tra una donna e un uomo bellissimi, tanto perfetto che la gente ne sarà gelosa e farà di tutto per dividere la coppia mettendo il dubbio del tradimento e tentando di uccidere chi uno chi l’altra. Insomma una tipica commedia alla Plympton per chi se ne intende.

L’autore ci tiene a dire che non è un film Disney ne Hollywoodiano; tutto è stato disegnato a mano con la matita e non è facile da vendere perché negli USA sono poco propensi a accettare questo genere di film fuori dagli schemi. Racconta di quando, anni fa, parlando con un grande animatore storico della Disney a cui aveva mostrato parti di questo film (dice il nome ma non lo riporterò)questo gli confidò quanto trovasse poco interessanti le animazioni perfette in CGI, troppo lisce e totalmente prive della mano dell’artista che caratterizza la vera animazione.

Nonostante le difficoltà in patria in Francia due produttori si sono mostrati interessati al film, ma i soldi non bastavano e a dovuto interrompere, poi  a potuto riprendere e adesso a chi lo finanzia offre: Serigrafie, ritratti, regali vari che culminano con l’evento “ Una cena con Bill Plympton” a cui pero sembra non interessarsi nessuno. Tutto questo per dire quanto sia vitale trovare finanziamenti se si vuole restare indipendenti, ammette che è frustrante ma produrre i suoi film con la qualità che cerca è diventato sempre più caro e deve trovare sei milioni di dollari per finire il film.

Passa a spiegare come disegna i personaggi abbozzando i personaggi principali ispirati lui a un cavallo e lei a un personaggio della belle epoque dal grande cappello con nastri. mostra vari spezzoni del film (pazzeschi) e dice che la parte animata del film è finita e che manca solo il colore che viene dato a computer con una tecnica particolare che mantiene il tratto della matita. Assicura che il film sarà tra quelli in competizione il prossimo anno, non me lo perderò per niente al mondo!

A questo work in progress segue quello del nuovo film di Tomm Moore, l’autore che con il meraviglioso lungometraggio “Brendan and the secret of Kells” ha conquistato il mondo (non noi dove non è stato mandano, accidenti) e sfiorato l’oscar, è naturale che ci fosse un’attesa molto forte e la sala risultasse piena e con guardie incaricate di vedere se qualcuno riprenda o fotografi (Plympton non se ne curava).

La storia è ambientata nell’Irlanda del  1987 e ha come protagonisti un fratello e una sorella di dieci e quattro anni che per ritrovare la madre, scomparsa da anni, attraverseranno il paese scoprendone misteri e magie. Dalle immagini del film si capisce che la madre era una sirena, che nella tradizione Irlandese sono donne in grado di trasformarsi in foche, e anche la figlia ha questo potere ma non sembra saperlo. Piccola curiosità il bambino si chiama Ben come il figlio dell’autore e la bambina Saoirse  che in gaelico significa libertà.

In sala l’autore Tomm Moore e il direttore artistico Adrien Merigeau raccontano retroscena e lavorazione. Questa storia è derivata dalle tante ricerche sul folklore irlandese fatte durante la lavorazione di Brendan e poi non utilizzate. L’idea era di fare un film dalla storia più semplice e con un tratto più tondo che ribaltasse quello angoloso ispirato alle miniate medievali usato per il film precedente, ma più andavano avanti più il disegno veniva arricchito di dettagli e la storia resa più complessa. Alla fine anche il film è arrivato alla durata di 85 minuti contro i 75 del precedente.

La bellezza delle immagini mostrate toglie il fiato, i paesaggi costieri irlandesi sono pieni di falesie  immense con case bianche minuscole al loro confronto.

Il film è frutto di una coproduzione europea che coinvolge Irlanda, Danimarca, Belgio e Lussemburgo. Anche questo film verrà finito il prossimo anno e se capitasse in competizione con Cheatin ad Annecy 2014 sarebbe una bella lotta da guardare con piacere.

Tra le serie televisive del quinto blocco c’è Adventure time, e chi scrive non può restare imparziale perché reputa questa serie di Cartoon network  la più innovativa che si sia fatta in questi anni (insieme a Gravity Falls della Disney). Da notare che Pendleton Ward , l’autore della serie, è presente anche con un’altra serie nel blocco quattro di cui è coautore. La serie sviluppata per internet “Bravest Warriors”.

Tra i lungometraggi fuori concorso “ Consuming Spirits” dello statunitense Christopher Sullivan è forse il più notevole che mi sia capitato di vedere in questa edizione.

L’autore in sala viene presentato dal  direttore artistico Marcel Jean che racconta di essere rimasto molto impressionato da questo film tanto da decidere di metterlo tra i film da proiettare al festival a qualsiasi costo. In una breve intervista che fa all’autore sentiamo che per realizzare questo film gli ci sono voluti quindici anni (dal 1997 al 2012, l’autore assicura che va bene così), il come mai lo avremmo saputo poi.

Non è facile parlare di un film simile, fatto con marionette di carta articolabili colorati a matite e pastelli e dall’aria davvero triste. Tutto comincia con una donna che guida uno scuolabus (uno vecchio e scassato usato come vettura privata)nella notte ha un colpo di sonno e investe una vecchia suora che stava recandosi al convento. Convinta di averla uccisa decide di nasconderne il corpo sotto una catasta di legno, ma un uomo che spiava dalla finestra ha visto tutto e la disseppellisce; da questo si passa a un personaggio che guida un camion chiaramente ubriaco. L’intera prima parte del film sembra un insieme di personaggi senza legami ai quali capitano delle cose casuali in una disgraziata cittadina di provincia persa in qualche parte nell’immenso interno degli Stati uniti. La tristezza di vite fallite da personaggi miserabili è pesante. Vite segnate dall’alcolismo che passa di padre in figlio, da traumi legati ai ricordi di una famiglia distrutta dalla povertà nel passato, persone continuamente in imbarazzo per qualcosa e con grandi difficoltà nel relazionarsi. Ma più la storia va avanti nei successivi due capitoli più si arriva a capire come e perché tutti i protagonisti siano legati insieme e il significato di scene apparentemente incomprensibili ripetute con uomini o animali. Gli intrecci si rivelano a poco a poco  fino alla confessione finale che chiarisce tutto in un’agghiacciante verità che comunque potrebbe permettere il ritorno della speranza per quegli spiriti consumati che avevano avuto la vita distrutta da chi era convinto di fargli del bene.

Un film di oltre due ore impressionante per  atmosfera e trama, la maggior parte delle scene sono state realizzate con le marionette di carta tranne le scene dei ricordi, fatte a disegno animato a matita, e alcune scene in stop motion per paesaggi e percorsi fatti in auto. Quindici anni di lavorazione si fanno sentire anche in certe differenze tra una scena più vecchia e una meno. Ma non posso che ammirare un film come questo, l’intera storia si rivela negli ultimi minuti come in un giallo e si mostra di una logica d’insieme impeccabile di grande poesia.

Finito il film seguiamo l’autore il una saletta vicino al bar del Decavision adibita all’incontro degli autori col pubblico, lì una quindicina di  individui rapiti/e da un film così intenso può ammirare le marionette bidimensionali usate nel film, vederle animare spostando le parti tramite un taglierino e sentire l’autore che racconta come la storia si sia evoluta durante la lavorazione variando il ruolo di alcuni personaggi da marginale a centrale. Il motivo principale per cui ci sia voluto così tanto tempo per finirlo è stata la mancanza di fondi legata alla difficoltà di trovare finanziamenti per un film così diverso da quelli ordinari che negli  USA non trovano facilmente finanziamenti e distribuzione (mi sembrava di risentire Plympton). L’autore ammira il cinema d’animazione europeo(specie quello inglese degli anno ’60) e le maggiori possibilità che vengono offerte anche a film che non mirano al grande pubblico Per lui contano le storie che colpiscono la sensibilità della gente e non gli interessano quelle facili dal grande successo ma che non portano nessun cambiamento interno. Sembra sorpreso della nostra ammirazione e che tutti abbiano capito la storia.

Segue a questo la visione dei corti in concorso numero cinque, ma chi scrive era ancora troppo immerso nelle riflessioni provocate dal film precedente per riuscire a dedicargli l’attenzione che avrebbero meritato. Per quanto mi riguarda trovo ben fatti il francese “Mademoiselle Kiki et les Montparnos”. Il colombiano  ”Carne”, l’iraniano “Bache Gorbet e il francese “Lettres de femmes”

Dopo questi tra i corti di diploma sono molto felice di trovarci “Otthon” di Balint Gelley e Maja Szakadat, cortometraggio che avevo visto allo stato di progetto durante il festival di Anilogue 2011 e che a vederlo finito mi conferma la buona impressione che mi aveva fatto quando sentivo uno degli autore spiegarne la trame pieno di passione.

Altro ancora è il film documentario autoprodotto “Persistence of Vision”,  che parla dell’epopea infelice di un lungometraggio ambientato in una favolosa città d’oro araba che il grande animatore Richard Williams aveva iniziato negli anni sessanta senza aver mai poterlo finire a causa della mancanza di fondi e di un sospetto plagio da parte dell’ “Aladin” della Disney. Le parti che mostrano sono impressionanti per la bellezza dei movimenti e del disegno e  sono accompagnate dalle testimonianze di chi a quel film lavorò per anni, tranne l’autore che si è rifiutato di prendere parte al documentario dicendo di non volerne più saperne nulla e preferendo dedicarsi a altre storie (attualmente lavora a un corto tratto da una tragedia greca). Una cosa che non capisco è perché questo documentario sia vietato ai minori di quindici anni. Forse il sapere che un film che avrebbe potuto essere annoverato tra i massimi capolavori del cinema non sia mai stato finito a causa della mancanza di fondi li avrebbe potuti traumatizzare a vita?

Segue la proiezione del nuovo lungometraggio dello studio Folimage, “Tante Hilda”. Bel film dal disegno non usuale che sembra fatto a pennino con una trama tipicamente riconducibile allo studio francese.

La giornalista Hilda è un’ecologista convinta che combatte gli OGM con i suoi articoli e scrivendo al presidente senza ottenere nulla contro la multinazionale spietata della sua città. Insieme a un suo amico professore/genio russo (chiaramente innamorato di lei ma molto timido) si lascia andare a uno sfogo di rabbia contro le coltivazioni  OGM e finiscono per essere incarcerati dando il tempo alla multinazionale di diffondere una pianta geneticamente modificata che apparentemente sembra essere la soluzione per tutti i problemi dell’umanità. Ma i risultati saranno catastrofici e il confronto tra Hilda e la proprietaria della fabbrica rivelerà cose inaspettate.

Come tutti i film della Folimage la storia mischia ecologismo, critica verso le multinazionali, omaggi a Miyazaki e bei disegni con una trama che varia dal serio all’incredibilmente ingenuo. Ha richiesto cinque anni di lavoro e è stato prodotto interamente in Francia

Tra le varie competizioni c’è quella delle animazioni fatte su commissioni per pubblicità o videoclip. Tra queste ci sono “Uovokids” di Donato Sansone e “Venezia/Massi di Simone Massi, oltre a molti altri autori da tutti il mondo tra qui vale la pena ricordare il bulgaro Theodore Ushev e il celebre Mike Judge che ha partecipato con un videoclip.

Tra gli avvenimenti a cui non ho potuto partecipare c’è stata la celebrazione dei cinquant’anni di Calimero con proiezione di un episodio della nuova serie in CGI prodotta in Francia.

SERATA CONCLUSIVA.

Si arriva ai vincitori dei premi dell’edizione 2013.

La serata viene presentata da un’irresistibile coppia formata da Bernard (direttore artistico fino all’anno scorso) e Marcell (attuale direttore) che con molto umorismo chiamano i vari vincitori sul palco.

Il premio Fipresci va al corto “Gloria victoria” di Theodor Ushev, fatto animandostampe  xilografiche.

Il premio dell’Unicef al film su commissione “Because i’m a girl” sulla condizione delle donne in Africa.

Premio della regione Rhône-Alpes al cortometraggio “Feral” di Daniel Sousa, su un bambino lupo.

Premio “Canal+”al cortometraggio “Autour du lac” di Carl Roosens e Noémie Marsily, stato d’animo  disegnato a pennarello seguendo una canzone.

Il premio del pubblico come miglior lungometraggio in competizione va al magnifico “O Apòstolo” di Fernando Cortizo Rodriguez e il fatto non sorprende nessuno.

Il premio della giuria di bambini per il miglior film di fine studio va all’ungherese “Nyuszi és Oz” sulle buffe  vicende di un coniglio e un capriolo.

Sempre la giuria Junior del premio Fipresci da una menzione speciale al corto “Feral” già premiato.

Tea le novità del festival c’è stata l’introduzione del concorso per fare eleggere dal pubblico i dieci corti più divertenti di tutti i tempi, vince il corto ungherese “KJFG No 5”di Alexey Alekseev (Per la cronaca “Europe & Italy” di Bruno Bozzetto è al quarto posto) e viene proiettato interamente tra gli ululati del pubblico.

Premio speciale della giuria al corto di fine studio “I am Tom Moody” dell’inglese Ainslie Henderson, sulle riflessioni e i ricordi di un uomo che sta per suonare su un palcoscenico.

Il premio al miglior cortometraggio va al corto “Ab ovo” della polacca Anita Kwiatkowska-Naqvi su una donna incinta. La giuria avrà avuto i suoi motivi per premiarlo.

Menzione speciale al corto slovacco “Pandy” di Matus Vizar dove si ipotizzano le devastanti conseguenze che un’alimentazione diversa dal bambù avrebbe sui flemmatici panda.

Per i film su commissione il premio speciale della giuria va al videoclip “The Lion” di Peter Baynton. Che tramite figure ritagliate nel cartone illustra la canzone di Benjamin Scheuer.

Il cristal per il miglir film su commissione va all’australiano “Dumb Ways to Die” di Julian Frost sulla sicurezza nelle metropolitane.

Il premio Per il miglior special televisivo è andato a “L’automne de Pougne” di Pierre-Luc Granjon e Antoine Lanciaux, bella serie a pupazzi animati prodotta dallo studio Folimage.

Il premio speciale per una serie televisiva va alla tedesca “Tom & The Queen Bee” di Andreas Hykade.

Il Cristal per la migliore serie è stato assegnato all’inglese “Room on the Broom” di Jan Lachauer e Max Lang. Bella serie, ma fino all’ultimo ho sperato in un altro vincitore.

Premi per i lungometraggi.

Menzione speciale a “Ma mamman est en Amérique, elle a rencontré Buffalo Bill”, di Marc Boréale e Thibaut Chatel. Delicata storia di un bambino di prima elementare che non sa che fine ha fatto la madre e della sua vicina di casa, di poco più grande, che gli legge delle lettere inventate dicendogli che sono sue.

Il cristallo per il miglior lungometraggio viene assegnato a “Uma Historia de amor e fùria” di Luiz Bolognesi. L’autore sale sul palco con tutta la sua equipe e dice che per lui è un grande onore perché tutti quelli che lui ritiene grandi maestri del cinema d’animazione sono passati per Annecy, ma è molto sorpreso che gli sia stato assegnato il premio perché il suo è un film apertamente politico che denuncia le ingiustizie del suo paese dove fino a una settimana prima del festival l’esercito ha ucciso dieci indios senza porsi il minimo problema, quindi la storia continua.

Cortometraggi.

Premio Sacem per la migliore musica originale va al cupo “Lonely Bones” di Rosto.

Menzione speciale a “Kolmnurga Afäär”, allucinante film Estone su lavoratori notturni strani.

Premio per la miglior opera prima al belga “Norman” di Robbe Vervake, bel film a olio dipinto su vetro.

Il premio del pubblico va a “Lettres de femmes”  di Augusto Zanovello. Ottimi pupazzi animati fatti di carta che durante la prima guerra mondiale vengono curati dalle ferite tramite le lettere che gli arrivano da casa.

Premio speciale della giuria va al russo “Obida” di Anna Budanova, tristissimo corto su una ragazza emarginata per il suo aspetto che si inventa un amico invisibile.

Il Cristal per il miglior cortometraggio dell’anno è stato assegnato al canadese “Subconscious Password” di Chris Landreth. Geniale corto in cui l’autore racconta quello che succede nella sua testa quando deve ricordare il nome di un vecchio amico, il suo subconscio scatena un vero quiz con ospiti speciali per fargli trovare la soluzione, ma non sempre funziona. Avuto il premio l’autore si lancia in una profusione di ringraziamenti verso tutti quelli che lo aiutano nel fare film.

Si chiude così il festival d’Annecy 2013, uno degli eventi maggiori del cinema d’animazione. arrivederci al 2014 in un Bonlieu rinnovato e migliore o, chissà, ancora nel prefabbricato dell’Haras.

È stato bellissimo andarci e spero che qualcuno leggendo abbia deciso di raggiungere il posto o di farlo il prossimo anno.

Dalla Francia è tutto, ma aspettatevi le foto.

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