Lo Scettro di Ottokar (Tintin in Syldavia): Hergé illustra la cronaca dell’Europa sua contemporanea

Estratto (parzialmente tradotto alla vigliacca in italiano dal traduttore automatico) dall’articolo pubblicato a suo tempo su Tintinomania, del quale, come sempre, consiglio a chi può la lettura in originale: https://tintinomania.com/tintin-savoir-plus-albums-sceptre

Piccola doverosa nota introduttiva: “Tintin non è il difensore dell’ordine costituito, ma il difensore della giustizia, il protettore della vedova e dell’orfano. Se vola in aiuto del re della Syldavia, non è per salvare il regime monarchico, è per evitare un’ingiustizia” spiegava Hergé nel 1973, in una lettera resa pubblica.


Lo Scettro di Ottokar , situato tra L’Isola Nera  e   Il Granchio d’Oro,  è l’ottava avventura di Tintin. Cominciò ad apparire, sotto forma di pre-pubblicazione, il 4 agosto 1938 sul “Petit Vingtième” e vi finì il 10 agosto 1939. Il suo titolo all’epoca era: “Tintin in Syldavie”.

L’album in bianco e nero fu pubblicato nel 1939 e la prima edizione a colori apparve nel 1947. Segnaliamo infine che “ Lo Scettro di Ottokar ” costituisce l’ultima avventura “solitaria” di Tintin. Il personaggio di Haddock non c’è ancora, e nemmeno quello di Tournesol. Ma ci sono ovviamente i Dupont(d) e l’arrivo di La Castafiore.

LO SCETTRO DI OTTOKAR: UNA TRASPOSIZIONE DI SUCCESSO

Direttamente ispirato alla cronaca politica dell’epoca, nel 1938, “ Lo scettro di Ottokar ” vedeva Tintin ricoprire un ruolo politico molto importante. L’Isola Nera aveva un carattere puramente poliziesco. È molto diversa dalla storia che la segue, Lo Scettro di Ottokar, poiché quest’avventura vede Tintin svolgere un ruolo politico ancora più importante che in Il Loto Blu poiché qui salva un intero paese. Hergé si ispirò all’annessione dell’Austria alla Germania nel marzo 1938. La prima è la pacifica Syldavia e la seconda la totalitaria Borduria.

UN’ILLUSTRAZIONE HERGEIANA DELLA CRONACA EUROPEA DELL’EPOCA

Fu durante lo Scettro di Ottokar che Tintin intervenne direttamente negli affari del paese. Scopre un complotto per rubare lo scettro per detronizzare il re e destabilizzare il Paese. Dopodiché, i Borduri avrebbero invaso la Syldavia. Una delle particolarità de Le avventure di Tintin è l’uso di paesi immaginari, creati da zero da Hergé. Il duo formato da Syldavia e Borduria, due piccoli stati dell’Est Europa, è senza dubbio il più riuscito di queste creazioni. Hergé ne fa la scena di diverse storie e conferisce loro un realismo senza pari. Appena pochi mesi prima che iniziasse a scrivere questa storia, la vicenda dell’Anschluss (vale a dire l’annessione dell’Austria alla Germania nazista), aveva profondamente colpito l’opinione europea. Incapace di resistere alla pressione di Hitler, il cancelliere austriaco Schuschnigg fu costretto a dimettersi. Nella notte tra l’11 e il 12 marzo, le truppe tedesche invasero l’Austria e furono acclamate dalle forze naziste del paese. Il 13 Hitler proclamò l’annessione del Paese: l’Austria non era altro che una nuova provincia del Terzo Reich.

SCOPRI DI PIÙ SULL’ANSCHLUSS (1938)

Nel 1934 i nazisti assassinarono il cancelliere austriaco Dolfuss e tentarono un colpo di stato. Da parte sua, la Germania iniziò la ricostruzione del suo esercito e la rimilitarizzazione della Renania. Nel novembre 1936 venne concluso l’asse Roma-Berlino, stringendo il cappio attorno all’Austria. A metà febbraio 1938, Schussnigg, il successore di Dolfuss, ricevette un ultimatum dalla Germania, che gli chiedeva di liberare tutti i nazisti imprigionati e di nominare il nazista Seyss-Inquart ministro degli Interni. In risposta, il cancelliere organizzò un referendum sull’indipendenza austriaca per contrastare le rivendicazioni territoriali di Hitler ma, su pressione di Goering, Schussnigg dovette dimettersi il 10 marzo, il referendum fu annullato e Seyss-Inquart prese il comando del paese.

Da quel momento in poi il destino dell’Austria fu segnato: a seguito di un “grido di aiuto” di Seyss-Inquart che chiedeva aiuto alla Germania per “ristabilire la pace e l’ordine ed evitare spargimenti di sangue”, le truppe tedesche invasero il paese senza resistenza l’11 marzo 1938. Due giorni dopo, “anschluss” (annessione) da parte della Germania: l’Austria divenne una provincia del Reich.

Nei mesi successivi la Cecoslovacchia fu spartita, l’Albania annessa all’Italia e, infine, la Polonia fu brutalmente invasa. Niente può impedire l’inizio delle ostilità il 3 settembre 1939.

UNA TRASPOSIZIONE DI SUCCESSO

L’aspetto più notevole di questa storia, tuttavia, non risiede tanto nel tema in sé quanto nel modo del tutto originale di trattarlo da parte di Hergé. Lungi dal raccontare gli avvenimenti in maniera giornalistica, riesce in realtà a liberarsi dai limiti narrativi che un realismo troppo rigido gli avrebbe senza dubbio imposto. Non trascrive gli eventi, li traspone conservandone solo la sostanza. Testimone di questi eventi, Hergé racconta, secondo la sua stessa espressione, un anschluss fallito. Essendo iniziata la pubblicazione del racconto il 4 agosto 1938, l’evento è ancora molto recente.

  • Da un lato possiamo collegare la Syldavia a tre paesi di cui essa è la sintesi.
  • Innanzitutto, la presenza di una “quinta colonna” che si infiltra e destabilizza il Paese, rubando lo Scettro, e di un complotto volto a invaderlo ricorda successivamente il triste caso dell’Austria.
  • Troviamo poi collegamenti con la Polonia, di cui Hergé forse presagiva il destino: conflitti secolari con Borduria, come Polonia e Germania, confine comune con Germania e Cecoslovacchia, secondo il viaggio aereo di Tintin, nonché somiglianze tra lingue e architettura.
  • Infine, alcuni elementi slavi, la geografia e la storia della Syldavia la avvicinano alla Romania: infatti, questo paese era una monarchia durante il periodo tra le due guerre e aveva un partito fascista chiamato “La Guardia di Ferro”, molto vicino alla “Guardia d’Acciaio” syldava.
  • D’altra parte la Borduria ha molte somiglianze con la Germania. Ha invaso più volte la Syldavia in passato, proprio come la Germania ha invaso più volte la Polonia. Anche il nome del leader del partito pro-Borduria della “Guardia d’Acciaio” è abbastanza rivelatore: Müsstler, un’ovvia combinazione tra Mussolini e Hitler.

  • Inoltre, l’uniforme del colonnello Boris evoca le uniformi delle SS. Infine, gli aerei di frontiera, in tutto simili ai famosi caccia Messerschmit 109 (B, C o D), recano sulla coda un crittogramma geometrico che ricorda la svastica e, nella versione in bianco e nero dell’album, possiamo notare che sono prodotti dalla Heinkel, industria bellica tedesca. Tutti questi elementi, in definitiva, non possono essere frutto del caso e sono, al contrario, tanti indizi lasciati da Hergé per rendere consapevoli i lettori attenti del vero significato di questa avventura di Tintin: una denuncia dell’Anschluss.

Nell’album, Hergé mostra chiaramente i meccanismi del colpo di stato: disordini provocati in Syldavia da agenti segreti della Borduria contro i commercianti borduri, reazione di sostegno delle truppe della Borduria precedentemente ammassate alla frontiera, abdicazione del re, privato dei diritti il suo simbolo di sovranità, l’invasione mediante un’azione combinata tra aviazione e forze terrestri. Il capo dei cospiratori non si chiama Müsstler? (Nome portmanteau composto da Mussolini e Hitler)

SYLDAVIA: UN PICCOLO REGNO DA OPERETTA

Citiamo qui Jean-Marie Apostolidès (Le metamorfosi di Tintin, 1984)

“…Hergé ritrae quindi un piccolo regno da operetta, che ha conservato intatte tradizioni secolari… La Syldavia si presenta come un’enclave medievale nel mezzo della modernità. È un paese protetto, innanzitutto geograficamente, perché circondato da montagne, tra cui il massiccio dello Zmyhlpathes. Scarsamente popolata (642.000 abitanti di cui 122.000 nella sola capitale Klow), è riuscita a sfuggire all’industrializzazione. Villaggi come Zlip non hanno strade asfaltate e probabilmente non hanno elettricità ovunque. I contadini hanno conservato i loro antichi costumi senza cadere nel filone folcloristico; vivono al ritmo dei loro buoi, in pace. Nella città stessa i segni della modernità si integrano nel quadro tradizionale; non annunciano una rottura, si aggiungono a ciò che già c’è. (…) Se Klow è una capitale moderna, la tradizione vi conserva i suoi diritti, e Tintin chiede indicazioni a un portatore d’acqua ambulante i cui costumi e strumenti troverebbero oggi il loro posto in un museo etnografico. La Syldavia non ha rotto i legami con il passato, è un paese radicato…”

Molti autori ritengono che il re Muskar XII di Syldavia sia ispirato, per il fisico e l’aspetto generale, al re Zog I che regnò sull’Albania dal 1928 al 1939.

Il tratto del genio di HERGÉ

Uno dei problemi di Hergé era far esistere questo paese nella mente dei suoi lettori senza cadere nel didatticismo. Laddove tanti altri autori avrebbero appesantito i dialoghi con infinite note esplicative, Hergé riesce ancora una volta a trovare un sotterfugio originale e intelligente. La soluzione che propone è straordinariamente intelligente: consiste nell’inserire al centro dell’album una brochure turistica dedicata a Syldavia, brochure che scopriamo insieme a Tintin.

Le informazioni contenute nella brochure ci fanno conoscere, in pochi minuti, questo Paese e le sue tradizioni e ci permettono di apprezzare appieno i drammatici eventi che lì accadranno.

Secondo Hergé, la Syldavia, “regno del pellicano nero”, (il cui motto è: “Eih bennek, eih blavek”, ovvero “chi si strofina contro di esso, vi si punge”) è un piccolo stato dell’Europa dell’Est, con non soli 642.000 abitanti. Il paese è formato da due grandi valli che si uniscono a Klow, la capitale (122.000 abitanti).

Il rilievo è piuttosto accidentato e la catena montuosa degli Zmylpathes, ricca di giacimenti di uranio, occupa parte del territorio. Il sottosuolo è molto ricco e la pianura molto fertile, il che favorisce la coltivazione del grano. La valuta del paese è il khor. Le principali esportazioni sono l’acqua minerale Klow, il legname e i cavalli. Anche i violinisti Syldaviani sono molto famosi. La Syldavia è servita dalla compagnia aerea Syldair. La Syldavia ha avuto una storia molto movimentata, poiché è stata sotto la dominazione turca per più di due secoli. Gli slavi riconquistarono il territorio nel 1127, sotto il comando di Hveghi, che sarebbe diventato re Muskar I. I suoi successori si indebolirono gradualmente e la Borduria, un paese vicino, conquistò il paese nel 1195. Nel 1275, il barone Almazout cacciò gli occupanti e divenne re, con il nome di Ottokar I. Tuttavia, fu solo durante il regno di Ottokar IV che il paese si sviluppò e si unificò. In seguito ad un alterco con un barone, il re si difese con il suo scettro. Da quel giorno, per mantenere il trono, il re deve presentare il suo scettro alla folla durante la festa nazionale, il giorno di San Vladimir.

LA COMPARSIONE DI NUOVI PERSONAGGI…

Bianca Castafiore

Lo Scettro vede anche l’apparizione di una figura ancora più appariscente ma la cui importanza Hergé allora non immaginava potesse assumere nella serie: Bianca Castafiore. Il minimo che possiamo dire è che la cantante non suscita l’entusiasmo di Tintin durante il loro primo incontro.

Fu il 5 gennaio 1939, nella doppia pagina dedicata alle avventure di Tintin, che Tintin incontrò una persona davvero impressionante: Bianca Castafiore (per questo personaggio che sarebbe diventato famoso, Hergé si ispirò alla madre di uno dei suoi amici più cari: José de Launoit). La famosa Diva si è esibita quella sera stessa al Kursaal di Klow e si è recata nella capitale in auto. Tintin lo ha incontrato all’Auberge de la Couronne. Sceglie di fare il viaggio con lei piuttosto che con il contadino Syldavo e il suo carro. Felice ispirazione che gli permette di sfuggire all’imboscata tesagli dai congiurati. Ma la cara Bianca non esita a regalargli un recital in macchina. La celebre diva gli regala un saggio della sua formidabile potenza vocale interpretando “L’Aria dei Gioielli” dal Faust di Gounod. Tintin alla fine sceglierà di continuare il suo viaggio a piedi… a suo rischio e pericolo poiché verrà arrestato!

Colonnello Boris

Questo malfattore (la cui uniforme ricorda quella delle SS) è aiutante di campo di Muskar XII, e fa parte del complotto che mira a deporre il re e sottomettere la Syldavia per il dittatore Müsstler. Fortunatamente, Tintin lo smaschererà rapidamente. Ma ritroveremo questo personaggio, che nutre rancori tenaci, in “Objectif Lune” dove salirà segretamente a bordo (nascosto in una scatola di strumenti ottici, con la complicità di Wolff) sul razzo lunare, sotto il nome di “Colonnello Jorgen” . Fallirà nel tentativo di impossessarsi del razzo e, ucciso accidentalmente, verrà abbandonato nello spazio. Sembrerebbe che Hergé, per questa parte dell’avventura, si sia ispirato direttamente agli eventi accaduti in Romania alla fine del 1938: il colpo di stato contro il re rumeno Carol II. Il ruolo ambiguo del generale Antonescu (allora ministro della Guerra e che sarebbe diventato dittatore dopo le dimissioni del re il 6 settembre 1940), che era molto vicino al re e di cui aveva piena fiducia, sembra adattarsi perfettamente al personaggio del colonnello Boris.

Professor Halambique

Ne Lo scettro di Ottokar, Hergé affronta un tema che gli sta a cuore: quello della gemellarità. Latente in molte delle avventure precedenti e di cui qui si parla esplicitamente. Con Nestor e Alfred Halambique, Hergé ci propone una nuova variazione sul tema dei due fratelli, già affrontato ne L’orecchio spezzato con i fratelli Balthazar e che ritroveremo presto ne Il segreto dell’unicorno con i formidabili fratelli Loiseau. Qui i due fratelli si somigliano solo per diventare sempre più dissimili, essendo il primo, Nestor, una sorta di dottor Jekyll di cui Alfred costituirebbe Mr Hyde, il lato oscuro e malvagio. Sono gemelli come Syldavia e Borduria: per combattere meglio l’uno contro l’altro.

Il primo in ordine di apparizione è Nestore. È insospettabile, fuma, è miope e porta gli occhiali. È uno studioso specializzato in “sigillografia”: la scienza dei sigilli. Abita al 24 di rue du Vol à Voile e la sua portinaia si chiama Madame Pirotte. Verrà rapito dai cospiratori poco prima di imbarcarsi con Tintin per la Syldavia, e verrà sequestrato per molti giorni in una cantina.

Il secondo è Alfred, non fuma e beneficia di una straordinaria acuità visiva. Usurpa l’identità del fratello per recarsi a Klow dove ottiene l’autorizzazione per entrare nella sala del Tesoro. Con il suo complice Czarlitz (fotografo ufficiale della Corte Reale), ruba lo scettro.

Hergé si è sempre divertito con i nomi che ha dato ai suoi personaggi secondari, dando loro suoni umoristici. Ad esempio, in L’oro nero, il consigliere militare dell’emiro di Khemed si chiama “Ben Moulfrid” come “cozze e patatine fritte”, in Le Crabe aux Pinces d’Or, il capo della rete del traffico di oppio si chiama “Omar Ben Sallaad” come “insalata di aragosta”, il gioielliere di Bijoux de la Castafiore si chiama “Tristan Bior ” come “Christian Dior”, il miliardario del volo 714 si chiama chiamata “Carreidas” come “Carré d’As”, ecc… Non si discosta da questa regola in “Scettro di Ottokar”: è probabile che il nome del professor Nestor Halambique sia una chiarissima allusione a questa famosa birra di Bruxelles che porta il nome Lambic.


LA CONTRIBUTION DE NOTRE AMI PIERRE RUBENS :

Vous écrivez :  Selon Hergé, la Syldavie, “royaume du pélican noir”, (dont la devise est : « Eih bennek, eih blavek », soit “qui s’y frotte s’y pique”). Ce qui est évidemment erroné.

Voici d’ailleurs le texte original recopié scrupuleusement de la brochure que Tintin lit dans l’avion : C’est lui (Ottokar IV) qui prononça les paroles célèbres « Eih bennek, eih blavek » qui sont devenues la devise de la Syldavie.

Voici l’origine de cette phrase :

Un jour,…. / …. le roi lui asséna sur la tête un coup de sceptre qui l’étendit à ses pieds, s’écriant en syldave : « Eih bennek, eih blavek ! », ce qui signifie à peu près : »Qui s’y frotte s’y pique. »

S’il s’était agi d’une traduction française du syldave, Hergé aurait écrit : « ce qui se traduit par » ou « ce qui signifie » tout court.  Le « à peu près » montre donc bien qu’il s’agit d’une interprétation libre (qui n’est là que pour leurrer ceux qui ne comprennent pas le bruxellois). Car tout bruxellois (et Hergé en était incontestablement un) qui se respecte, a immédiatement  compris: ‘Eih bennek, eih blavek’ qui est la transcription phonétique du bruxellois pour ‘Hier ben ik, hier blijf ik’ (en bon néérlandais) et qui se traduit littéralement par « Ici suis je, ici reste je », autrement dit : ‘J’y suis, j’y reste’ (en bon français).

Dans la situation d’Ottokar, vis à vis du baron qui tente de lui voler son royaume, il proclame à ce moment là « J’y suis, j’y reste » et il agit en le frappant avec son sceptre et donc le résultat de l’action est : « Qui s’y frotte, s’y pique. » Voilà où est le lien entre les deux. Il est de notoriété chez les tintinologues, qu’Hergé n’a jamais facilité l’interprétation du bruxellois par les non-initiés, réservant cela comme ‘private joke’ pour les Bruxellois. Le livre de Jean-Jacques De Gheyndt dont nous avons récemment parlé explique d’ailleurs également bien cette confusion.

Tintino-amicalement,

Pierre