I Caratteri Syldavi

Gli inarrestabili Consoli di Syldavia producono senza sosta saggi, saggini e saggetti, sempre molto interessanti e talora curiosi. Stavolta il Console Onorario del Regno di Syldavia in Taurinia è lieto di presentare questo lavoro del Console di Syldavia in Zythonia, dedicato ai caratteri tipografici caratteristici dell’albo Lo Scettro di Ottokar, che ormai rappresentano a colpo d’occhio la Syldavia nel mondo.


In esclusiva assoluta per afNews, con la supervisione del Console Onorario di Syldavia in Taurinia, si pubblica qui la traduzione in italiano di Guido Vogliotti dal testo originale in francese I Caratteri Syldavi dell’autore Claudy Lempereur, Console di Syldavia in Zythonia.
Sono ovviamente consentiti rilanci standard legali tramite link (pregasi segnalarli all’indirizzo indicato poco sotto), meglio se con una breve presentazione di 2/3 righe, ma non sono consentite copie di alcun tipo (né testo né immagini), neppure non commerciali, senza autorizzazione formale dell’autore e dei titolari dei relativi diritti. Le immagini a corredo tratte dalle Avventure di Tintin pubblicate qui a commento dello studio scientifico, provengono da diverse edizioni e versioni, e alcune dalla versione italiana edita da Rizzoli-Lizard nel 2011.
Questo studio non può essere diffuso o altrimenti utilizzato senza preventiva autorizzazione dell’autore.
(per info: syldavia@afnews.info)


Il Consolato di Syldavia in Zythonia presenta
I CARATTERI SYLDAVI
Claudy Lempereur

No, non intendiamo occuparci qui né dei temperamenti psicologici, né delle diverse personalità degli abitanti della Syldavia. I caratteri di cui tratteremo sono quelli della scrittura. Ci sono familiari, queste belle lettere syldave che compongono il titolo dell’albo dedicato allo scettro di Ottokar, e tuttavia sono piuttosto originali.

1. Ma dov’è il font?

Timidamente abbozzati nellunica parola “Syldavia”, il font di questi caratteri compare per la prima volta, in forma primitiva, sulla copertina del Petit Vingtième N°30 del 28 luglio 1938 per annunciare il debutto, la settimana successiva, delle avventure di Tintin in Syldavia. Titolo provvisorio che diventerà Lo Scettro di Ottokar solo al momento della pubblicazione in album nel 1939. Ma non anticipiamo. Il nome del paese del pellicano nero, scritto con la prima versione di questi caratteri, comparirà altre due volte nel settimanale: in copertina del dépliant turistico (che Tintin chiama “rivista” nell’edizione in bianco e nero) e nelle pagine interne dello stesso (PV N°45 e 46 di novembre 1938). A quel punto non è ancora proprio il bel lettering che troveremo in seguito, le Y e le V sono ancora incerte. Quanto al punto sulle I, a seconda dei casi è un punto, un asterisco o una specie di mini fuoco d’artificio… E questi saranno più o meno gli unici esempi di questi caratteri fino alla pubblicazione in albo dell’avventura.

Per l’uscita di quest’ultimo, Hergé si occuperà di disegnare le lettere del nuovo titolo destinato alla copertina e alla pagina d’apertura. Questa bella calligrafia d’ispirazione medievale è una composizione originale che s’ispira essenzialmente all’onciale d’epoca merovingia. In ogni caso non ha un esatto equivalente da cui sia stata presa, ed è questo che costituisce la sua originalità.

All’interno dell’albo, tra l’edizione in bianco e nero e quella a colori, si noterà la cura portata ad elaborare la calligrafia del nome del paese, e in particolare della Y e della V. Ma anche le altre lettere che lo compongono saranno migliorate nel corpo e nella finezza sia per le parti piene che per quelle sottili.
Edizione italiana Rizzoli Lizard 2011

2. Ricostruzione dell’alfabeto

2.1. Quello di Hergé

A partire dagli elementi che ci fornisce Hergé, l’obiettivo che ci siamo dati è di ricostruire un alfabeto completo e omogeneo dei caratteri syldavi. Sicuramente altri l’avranno già fatto, ma non avendo trovato nulla in proposito siamo ripartiti da zero. La tappa successiva sarà di riprendere queste lettere una per una e ridisegnarle con precisione.

Se si mettono assieme le lettere utilizzate nel titolo dell’albo e quelle del dépliant di pagina 19, disponiamo di una base composta da A, C, D, E, I, K, L, O, P, R, S, T, V e Y, cioè 14 lettere, quindi un po’ più della metà dell’alfabeto. Più l’apostrofo della D che può anche servire da accento. È evidente che abbiamo rigorosamente mantenuto la forma delle lettere fatte dal maestro, quelle intoccabili.

2.2. Alla ricerca delle lettere complementari

La prima idea che viene logicamente in mente è di cercare nelle varie traduzioni del titolo dell’album il massimo di lettere che potrebbero completare le 12 mancanti (B, F, G, H, J, M, N, Q, U, W, X e Z). Andando a pescare in una decina di traduzioni, scelta volutamente limitata, sembrerebbe possibile raccogliere ancora 9 lettere, quindi mancherebbero solo F, Q e X (Nous avons sollicité la riche collection des traductions de cette aventure auprès de Plinio Crivelli qui nous a confirmé que les trois lettres F, Q et X ne figurent à sa connaissance dans aucun titre traduit. Merci à lui.).

Ed è a partire da qui che le cose si complicano, perché bisogna riconoscere un’evidente mancanza di omogeneità nella creazione delle 9 lettere identificate. Certo, quelle fatte da Hergé sono state sovente rispettate e reintrodotte identiche nel titolo, ma ogni editore si è affidato alla propria ispirazione e fantasia per gli altri caratteri necessari per la traduzione. Non sembra quindi che esista un capitolato su questo punto tipografico quando Casterman concede un’autorizzazione editoriale.

2.3. Variazioni e creazioni

  • Come si può vedere a destra, la N della traduzione in fiammingo non è la stessa della traduzione in tedesco, ed è anche diversa in finlandese (nell’ordine qui a fianco). Se si raffronta la base delle lettere K o R disegnate da Hergé, è la versione di mezzo che è la più fedele, ed è quella che abbiamo mantenuto.

  • La M alsaziana non ha niente in comune con la M del Liechtenstein (che daltra parte è piuttosto anonima). Per coerenza con la N precedente, ci è sembrato preferibile ricostruire una M sulla stessa base, aggiungendole giusto una gamba. Non avendola trovata in un titolo, è una nostra creazione.

  • La G indonesiana è identica à quella della traduzione scozzese, gaelica e finlandese in particolare, ma diversa dalla G tedesca. Dopo qualche esitazione, è proprio quest’ultima che ci è sembrata la più allineata all’alfabeto di Hergé, non essendoci nel corpus alcun altro esempio di lettera con un filetto allungato. E’ anche molto prossima all’onciale.

  • Fonte di maggiore ispirazione, forse, delle altre lettere, la Z assume varie forme a seconda che sia ceca, tedesca, slovena, del Liechtenstein o alsaziana. Sempre per coerenza, abbiamo scelto la versione tedesca che presenta estremità curve simili a quelle della R e della K già citate.

  • La W è invece piuttosto rara, se ne trova un esempio nella traduzione del titolo in gallese (1a edizione del 1980). Ma, probabilmente in uno slancio di patriottismo regionale, la si è dotata di una grafia molto gaelica ben lontana dallo stile dell’onciale e che, per giunta, è troppo diversa rispetto alla V già esistente, quella fatta da Hergé. Abbiamo dunque ricostruito una W semplicemente raddoppiando la V originale trovata in «Syldavia».

  • Non sorprende che anche la U presenti variazioni di forma. La U scozzese non è la stessa della U romena (o finlandese): la prima somiglia a una N invertita, la seconda manca di spessore. Comparandola alle lettere già raccolte, non c’è veramente alcun esempio con il ricciolo pieno in testa alle lettere come si trova per esempio al piede della R. Ci siamo quindi serviti della V per ricostruire, in linea con quanto già esiste, una U che sia un mix dei due modelli : verticalità del tratto dell’una e finezza dell’altra.

  • Le ultime tre lettere trovate nei titoli (B, H e J) sono poco presenti ma esistono in qualche albo (gallese, gaelico, ungherese). La B e la J sono soddisfacenti per i nostri criteri di uniformità di stile, quindi le abbiamo mantenute identiche, ad eccezione del punto sulla J, per coerenza con la I, che non lo ha neanche in onciale. Tuttavia abbiamo anche creato una versione di queste due lettere con un punto al fine di alleggerire un po’ la scrittura quando i e j si trovano all’interno di una parola. Per contro, la H diritta, come sopra, ci sembrava troppo convenzionale e poco consona con lo stile d’ispirazione onciale. Abbiamo quindi deliberatamente scelto di creare un carattere specifico e che adotti le caratteristiche identificate in altre lettere, in particolare il piede curvo e la leggerezza della D.

  • Infine, poiché le Q, X e F non esistevano proprio (salvo errori), bisognava crearle da zero. Secondo i documenti d’epoca scritti in onciale, la lettera Q può presentarsi in due forme diverse, sia come una P capovolta (che costituirà la nostra q minuscola), sia come la odierna Q maiuscola. Abbiamo adottato quest’ultima forma. Ricrearla era facile a partire dalla O e dal ricciolo del piede di cui abbiamo già parlato.

  • La X invece è stata realizzata partendo dalla Z. Il risultato ottenuto ci sembra molto soddisfacente e in linea con lo stile degli altri caratteri.

  • Rimaneva quindi la F. Ripercorrendo un’ennesima volta gli albi tradotti, abbiamo constatato – un po’ per caso – che « Syldavia » era diventato « Syldafia » nella versione gallese. Quindi avevamo trovato la F poiché la pagina 19 di ogni albo ci presenta il dépliant quasi sempre con il nome del paese e, non sempre, nel font desiderato. In questo caso era così e quindi l’abbiamo mantenuta elaborandola un po’.

2.3. L’alfabeto syldavo completo

Ci si può stupire, come fa notare Benoît de Courrèges, che questo alfabeto sembri mettere insieme minuscole e maiuscole, cosa un po’ sconcertante. In realtà Hergé rispetta le particolarità dell’onciale a cui si ispira, scrittura comparsa a partire dal IV secolo e utilizzata principalmente in epoca merovingia. In precedenza, sotto l’Impero romano, si utilizzavano unicamente lettere maiuscole in tutta la frase. L’onciale è una versione derivata più arrotondata, e alcune di queste lettere sono proprio all’origine delle nostre minuscole. Verso il 780, Carlo Magno diffonderà in tutta Europa una nuova scrittura nata dall’onciale, ancora più arrotondata e più piccola, chiamata minuscula carolina. Tuttavia, una lettera maiuscola romana, più grande delle altre, compare sovente all’inizio di una frase per facilitare la lettura. Da questo uso deriverà, dopo l’invenzione della stampa, la codificazione delle minuscole e delle maiuscole, regola praticamente inesistente in precedenza.

A titolo di confronto con quello di Hergé, ecco un alfabeto in onciali. A quel tempo si utilizzavano solo 23 lettere, J, V e W non esistevano. Si noterà tuttavia una licenza da parte del disegnatore: la A syldava si ispira più alla littera quadrata dei Romani, con una barretta in testa, che all’onciale.

3. Altri alfabeti ad altre latitudini

Tutti gli esempi precedenti sono ovviamente basati sull’alfabeto latino contemporaneo di 26 lettere. Parecchi paesi che hanno tradotto il titolo dell’albo « Le Sceptre d’Ottokar » hanno tuttavia deliberatamente scelto di scostarsi dai caratteri di Hergé per proporne altri che più o meno si avvicinano. Prendiamo ad esempio il titolo danese (a fianco in alto) che non è troppo mal scelto perché il set si ispira alle minuscole caroline. Meno felice è la scelta di certe edizioni svedesi (più sotto) la cui tipografie si discosta completamente dallo stile originale del loro creatore e dall’epoca medievale che vorrebe suggerire al lettore.

Certe traduzioni, come la vietnamita, opteranno per un set di caratteri anch’essi completamente diversi da quelli dell’albo in francese, ma ciò nonostante inseriranno nel titolo il nome di Ottokar scritto in caratteri syldavi, ottenendo alla fine un ibrido un po’ sconcertante. 
Passeremo volutamente sotto silenzio le scritture straniere che non hanno nulla a che vedere con l’alfabeto latino : il cirillico, l’ebraico, il cinese, l’arabo, il giapponese, il coreano, ecc. Questi set di caratteri, per ragioni evidenti, non hanno conservato nulla dei caratteri
originali degli albi Casterman.

E tuttavia, l’esempio più notevole in quest’ultima categoria si trova senza alcun dubbio nella traduzione in persiano Asli Shah Ottokar («Lo scettro del re Ottokar») che tradizionalmente si scrive اص ل شاه اتوكار . Per comporre il titolo in persiano, i traduttori hanno compiuto la prodezza di utilizzare e includere diverse lettere del titolo redatto nell’alfabeto latino «syldavo». Osservando bene, si possono così ritrovare le lettere G, L, O, C, I ed E della calligrafia originale di Hergé o di altre traduzioni!

Claudy LEMPEREUR – Console di Syldavia in Zythonia – 20 agosto 2023