Il mondo è bello perché è vario. O forse è buffo, perché è vario? Fatto sta che su Mille anni di Manga, il volumone riccamente illustrato di Brigitte Koyama-Richard, che traccia le origini e gli sviluppi del fumetto in Giappone, si ricorda chiaramente che il termine "manga" (漫画) è fuori del Giappone che indica il fumetto giapponese, ma non in Giappone, dove, caso mai si dice "Nihon no manga" (日本の漫画 fumetto giapponese), come si dice "Itaria no manga" (イタリアの漫画 fumetto italiano) ecc. Il tutto usando un termine reso famoso dal Maestro Hokusai (nel 1814) per indicare scenette buffe, stravaganti, senza nesso logico. Arrivando, per giunta, da radici antiche come gli emaki (emakimono) dell'XI secolo che erano effettivamente letteratura disegnata, o i disegni divertenti di scuola Zen, che arriva dalla scuola Chan in Cina, e, secoli prima ancora, ovviamente dall'India, dov'era invalso l'uso di racconti su rotolo con testi e immagini. Insomma, a ben guardare, va a finire che non solo chiamiamo a sproposito il fumetto giapponese (nelle sue tante e varie forme) definendolo semplicemente manga, ma dovremmo riconsiderare le origini stesse di questo linguaggio per immagini, scivolando dal Giappone, alla Cina, all'India. Anche se, ad andare indietro nel tempo, anche in occidente ci sarebbero illustri antenati, non ultimi i nostri progenitori di Lascaux, di cui abbiamo recentemente parlato su afNews. Ma lasciamo questo compito agli storici. Noi, per ora, ci gustiamo il bel librone di Koyama-Richard, soprattutto le figure, naturalmente.Articolo di afnews (se non altrimenti indicato) - Mercoledì, 2/1/2008
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