FFF: reportage p.I
La giornata di ieri del Future Film Festival di Bologna, pur vissuta freneticamente correndo da una sala all'altra per tentare di assistere a più spettacoli possibile, ha lasciato in chi scrive il ricordo delle inquietanti bambole dell'artista céco Jirì Trnka (cui è dedicata un'ampia retrospettiva) e degli irriverenti soldatini animati dell'esilarante serie belga 'Panique au village' creata da Vincent Patar e Stéphane Aubier (a riprova che trama e ritmo delle gags non sono optionals). Rimandata a stasera la visione dell'attesissimo 'Wallace & Gromit: the curse of the were-rabbit', vogliamo parlare di altre tre anteprime cui si è assistito: 'Zathura' di Jon Favreau è parso una sorta di 'Jumanjii' fantascientifico sviluppato chiassosamente tra reminescenze estetiche alla 'Black Hole' e consueti conflitti familiari 'all'americana' destinati sin dalla prima inquadratura a risolversi in un abbraccio collettivo, con l'apparentemente più debole che alla fine salva tutti grazie al suo talento nascosto: puro intrattenimento, dunque, ma prevedibilità a parte ben girato e ben recitato, che non è poco. Sempre giocato sul rapporto difficile tra genitori e figli e sulla ricerca dell'identità, ma all'apparenza molto più cupo e profondo, 'Mirrormask', che vede alla regia l'artista Dave McKean e alla sceneggiatura Neil 'Sandman' Gaiman; premesso che la trama ricordava parecchio quella di un romanzo di Peter Straub e Stephen King ('Il Talismano'), il film è parso un concentrato dell'ultima produzione del fortunato duo: ragazzine dark, circhi, adulti ottusi, mostri 'umani', sentenziosità, immagini pittoriche e suggestive ma alla fine della fiera (è il caso di dirlo) il bene vince e tutto si ricompone tra clowns ed equilibristi in festa. Si ha l'impressione che nell'affrontare il grande schermo anche autori audaci come McKean e Gaiman finiscano col perdere coraggio e decidano di ammiccare allo spettatore. Cosa che invece non fa il cinese Toe Yuen nell'autobiografico cartoon 'McDull, prince de la Bun', seguito, o meglio 'prequel' del commovente 'My life as McDull': sempre rappresentandosi come un maialino, questa volta il regista ci parla della storia di suo padre... o meglio, della storia che sua madre gli raccontò per giustifcarne l'assenza. Le vicende tragicomiche di questo 'principe senza corona' non riescono però a trasfigurare l'essenza di una vita priva di significato, che avrebbe forse potuto riscattarsi nell'assunzione della responsabilità paterna ma ha finito invece col perdersi in vuoti rimpianti, contaminando irrimediabilmente anche le esistenze altrui. Le immagini del film sono buffe e tenere, ma i fatti così veri e laconici da lasciare un fondo di indicibile tristezza: come riescono a fare solo i bei film.

Articolo di Eric Rittatore (se non altrimenti indicato) - Giovedì, 19/1/2006
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