24 Giugno 2021 16:38

La meravigliosa lettera di Chris Ware dice molto sul fumetto (e su questo fumettista)!

Dovresti averla letta in diretta nelle afnewsExtra (quella lettera in cui Chris Ware ringrazia il Festival d’Angoulême del prestigioso, e più che meritato, riconoscimento) e quindi altrove. Se ti fosse sfuggita eccola qua, tradotta alla meglio per te:

“Da bambino passavo ore nel seminterrato di mia nonna a disegnare fumetti su pezzi di cartone. Ogni volta che ne finivo uno, salivo di soppiatto le scale, infilavo la mia opera d’arte sotto la porta della cucina e aspettavo, trattenendo il respiro. Mia nonna, che era molto simpatica, rideva sempre un po’ troppo forte o mi dava qualche parola di incoraggiamento, anche quando quello che avevo disegnato era di scarso interesse. Così, piuttosto pimpante, tornavo a disegnare un’altra storiella (e poi, ovviamente, sottoporla all’infinita indulgenza di mia nonna).

Tra questo periodo fertile di creazione giovanile e quello più maturo di album stampati e curati per davvero, ho infilato molti disegni sotto la mia porta e attraverso gli oceani, all’attenzione di lettori piuttosto educati e con i quali non hanno molto in comune tranne la vita e un debole per una qualche forma di espressione dell’immagine. Mi sono anche chiesto se stessero comprando i miei album solo per essere gentili con me.

Oggi penso di poter rispondere alla mia domanda. In effetti, sono sbalordito! Negli Stati Uniti, i fumetti non sono nemmeno considerati un’arte, anche se Nona… Sono così grato a voi francesi per avere questo tocco di follia, quello di avermi fatto un tale onore, per non parlare di questa generosa visibilità verso i disegnatori di tutto il mondo, grazie alla quale mi dimostrano la loro amicizia artistica. L’elenco dei precedenti vincitori mi dà l’effetto di un Pantheon, e sebbene consideri la nozione di competizione agli antipodi dell’arte, comprendo questa propensione che caratterizza noi umani a voler testimoniare il nostro affetto per il cose che rendono la vita più… come dire… viva! Non affermo che questo sia il caso del mio lavoro, ma posso almeno ammettere di essere estremamente lusingato di essere tra i miei colleghi disegnatori (che spero mi perdoneranno), in particolare le talentuose Pénélope Bagieu e Catherine Meurisse. nominate quest’anno.

Non è un caso che la litografia, dando ai disegni una dimensione usa e getta fin dalla loro nascita, abbia segnato una svolta importante nella storia del fumetto. Ma al di là della sua rappresentazione nella forma di un oggetto artistico essenzialmente transitorio, quest’ultimo ci permette anche di esprimere, con inquietante acutezza, ciò che condensiamo delle nostre esperienze di vita, i nostri tentativi di comprenderci gli uni gli altri, ciò che conserviamo delle nostre vite individuali.
Sfortunatamente, trascorriamo anche la maggior parte del nostro tempo rivivendo le nostre delusioni, temendo il futuro e piangendo coloro che abbiamo perso, senza notare la squisita bellezza che è ancora lì, alla nostra portata, ovunque e in ogni momento.

Noi umani siamo fino a prova contraria l’unica specie sulla Terra che continua a vedere ad occhi chiusi; lo sperimentiamo ogni notte e in un certo senso anche quando siamo svegli, riproducendo e rielaborando continuamente il film della nostra vita, quel filo conduttore che ci unisce dalla culla alla tomba. In altre parole, noi autori e disegnatori non facciamo niente di più, seduti davanti a un computer o in piedi davanti a un cavalletto, se non lasciare dietro di noi un mucchio di cose che i nostri figli avranno solo da… buttare in seguito.

Questo modo di esprimersi per immagini, naturalmente transitorie, presenta tuttavia alcuni vantaggi artistici; infatti, dove chi non capisce un quadro o una scultura incolperà le proprie mancanze nella storia dell’arte, chi non capisce un fumetto accuserà, invece, il suo autore di non essere stato all’altezza del proprio compito. Noi fumettisti siamo abituati a essere visti come “idioti”; tanto meglio, perché ci permette di stabilire una connessione più schietta, più diretta con il lettore e quindi di offrirgli una vera esperienza emotiva. La maggior parte di noi è al lavoro quando i nostri cari “festeggiano” o semplicemente dormono. Sappiamo quanto possa essere difficile, e soprattutto lo sforzo che ci vuole… anni di concentrazione e determinazione.

Per tutti questi motivi, dopo un anno difficile, sullo sfondo di una pandemia durante la quale tutti si sono trovati a confrontarsi (ah, ah!) con la quotidianità di un fumettista (chiuso in casa, condannato a infilare parole sotto le porte), ho la confortante sensazione di essere finalmente preso sul serio, da tutti voi, e anche dal vostro Paese dove l’arte e la scrittura sono considerate nel loro vero valore. Sono ancor più commosso e toccato dal fatto che la mia patria possa essere descritta come un paese in via di sviluppo, visto il modo in cui ha quasi abbandonato la democrazia negli ultimi quattro anni. Libertà ! Fratellanza! E soprattutto: grazie!”

Chris Ware – autoritratto