“Il dolore ha riempito il vuoto lasciato da mio figlio,
dorme nel suo letto, cammina su e giù con me,
indossa il suo piacevole sembiante, ripete le sue parole,
mi ricorda tutti i suoi tratti aggraziati,
riempie i suoi abiti vuoti con la sua forma.
Non ho allora ragione d’amare il dolore?”
William Shakespeare, Re Giovanni, Atto III, scena 4
Il cinema d’animazione tipicamente abbraccia due generi specifici: la commedia o l’avventura. Si tratta però di una mera convenzione: non è necessario che sia così. Gli autori possono, e lo fanno, far ricorso agli strumenti peculiari della cinematografia per raccontare diverse tipologie di storie, non solo quelle rassicuranti o gradevoli, e, anzi, alcune di queste possono essere narrate con efficacia maggiore proprio attraverso il medium dell’Animazione. Come più di un regista ha dichiarato: “L’Animazione non è un genere – sto solo facendo del cinema.”
In base a tale convenzione, i film d’animazione solitamente si astengono dall’esplorare le dimensioni più profonde della psiche umana, soprattutto le tragedie e il dolore più radicale. Lo splendido cortometraggio distribuito da Netflix, “Se succede qualcosa, vi voglio bene” (If Anything Happens I Love You”) non presenta simili inibizioni. Affrontando argomenti da molti ritenuti “difficili” osa spingersi oltre e, così facendo, si è guadagnato 15 riconoscimenti dai vari festival cinematografici e una nomination all’Oscar.
I registi Michael Govier e Will McCormack, entrambi anche attori professionisti e sceneggiatori, hanno impiegato un anno a perfezionare lo script per questo film della durata complessiva di 12’, che descrive la rabbia, il dolore, il rifiuto e – finalmente – l’accettazione del lutto sperimentata da due genitori in seguito alla perdita della loro unica figlia. Chiunque abbia dovuto seppellire un figlio saprà riconoscere quel muto strazio che accompagna tale esperienza.
Nel film, la pena soggettiva del padre e della madre viene rappresentata come fosse un’ombra, svincolata e disconnessa dal personaggio. Quella della donna litiga con la sua controparte maschile, ma perché? Sappiamo dell’angoscia che attanaglia queste persone, ma solo gradualmente la ragione del loro conflitto viene alla luce.
La rivelazione prende forma tramite una serie di disegni animati aridi e scarni: uno stile che li rende desolati e sconvolgenti quanto il dolore stesso. Adottando tale approccio minimalista, i registi focalizzano la nostra attenzione su nient’altro che sul sentimento luttuoso. Non ci sono dialoghi, soltanto la sensazione generale di soffocante incomunicabilità e lontananza tra i due genitori. Nel loro intimo, ci appaiono come congelati – in una sorta di “stasi nel buio”, citando la definizione di Sylvia Plath. Per la coppia il tempo non scorre più, restano sospesi come ombre nel limbo. Da spettatori, percepiamo il passare del tempo solo esternamente, per lo scorrere delle stagioni e dal canto degli uccelli. Apprendiamo come la coppia stia cercando di metabolizzare la sua perdita, e noi con loro.
Tuttavia, grazie all’inaspettata scoperta di un oggetto incantato – la t-shirt blu che simboleggia la ragazzina scomparsa – i genitori iniziano a ricordare la figlia attraverso il dolore. Vediamo una galleria di fotografie sulla parete della sua camera, in cui sono stati immortalati alcuni momenti chiave della sua breve vita. E mentre gli addolorati genitori rievocano una gita al Grand Canyon, il giorno della sua nascita e la festa per il suo decimo compleanno, e lei che gioca a calcio col padre in cortile… tutti noi a poco a poco ce ne scopriamo innamorati. Condividendo coi genitori quel percorso nella memoria, entriamo nel loro stesso spazio emozionale ed empatico.
E così il loro improvviso strazio diventa anche nostro. In modo drammatico e devastante.
A questo punto il film ci porta là dove non volevamo giungere, sebbene già sapessimo essere la meta finale: l’ultimo giorno di vita di questa bambina. Ci uniamo alle ombre dolenti mentre tentano di sottrarla dal compiere quel definitivo, fatale movimento verso la scuola dove si compirà il suo destino. Nessuna musica ci conforta mentre udiamo vividamente il suono dei suoi passi, uno dopo l’altro. Il suono della campanella scolastica. Poi, il rumore degli spari. Lo schermo che diventa nero. Ci ritroviamo sospesi nel tempo e nello spazio. Il linguaggio si sgretola. Le parole “Qualunque cosa succeda, vi voglio bene” appaiono sul display del suo cellulare. Si dissolvono, prendendo la forma di lacrime, di pioggia, o di pallottole.
“Se succede qualcosa, vi voglio bene” risuona di messaggi che oltrepassano il tempo. In un’epoca ambivalente come la nostra, fatta di tragedie multiple e opportunità di speranza, questo bellissimo film emerge con particolare fulgore e significato. Perché? Perché tutte le memorie che descrive sono rappresentate attraverso le lenti potentissime dell’amore. Alla fine del film i genitori si ritroveranno trasformati grazie al loro profondo affetto verso la figlia, riuscendo finalmente a piangerla attraverso la celebrazione della sua esistenza.
Infine, questo è un film sulla speranza. Quando i genitori riascoltano la canzone preferita dalla loro bambina, si aprono totalmente alle sue parole – ascoltandole, forse, per la prima volta: – “Spero che tu sia felice con me nella tua vita – dice il testo – Continuerò ad aspettare il tuo amore”*.
Con la nascita di una nuova alba nei loro cuori, il miracolo del film si fa manifesto: esso ha il potere di guarire anche tutti noi.
Il taumaturgico potere della speranza viene mostrato anche visivamente. Il film si apre e si chiude con la stessa immagine: una veduta aerea del quartiere dove la storia inizia e finisce. Va a descrivere un circolo perfetto, calando il sipario di questa struggente parabola sul dolore universale.”
Maria Elena Gutierrez
*la canzone cui si fa riferimento nel film è “1950” di King Princess (2018).
Potete vedere la nostra approfondita intervista ai registi di “Se succede qualcosa, vi voglio bene”, Will Mc Cormack e Michael Govier, sul canale YouTube di View Conference.
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La dott.ssa Maria Elena Gutierrez è amministratrice delegata e direttrice esecutiva di VIEW Conference, il principale simposio annuale italiano sui media e le tecnologie digitali. Ha conseguito un baccalaureato presso l’Università della California Santa Cruz e un dottorato di ricerca dalla Stanford University. VIEW Conference si impegna costantemente a dar voce ai professionisti in prima linea nei settori Animazione, effetti visivi (VFX) e videogames. Per maggiori informazioni sul programma e le iniziative di VIEW 2021, visitate il sito ufficiale: http://viewconference.it