Il successo l’ha ottenuto con “La mia vita disegnata male”, un fumetto che si muoveva tutto intorno all’io, l’io che raccontava, l’io che si metteva a nudo, l’io che si drogava, l’io che subiva violenza, l’io che aveva problemi d’erezione. Io, io, io, io, io. Il pronome personale che oggi Gipi detesta di più. “Da qualche anno”, dice, “vivo l’uso che ho fatto dell’autobiografia come un difetto, non solo come uno stile di racconto. Non mi pento delle forme che ho dato ai libri, in termini di parole, racconto, disegni. Mi riferisco alle motivazioni segrete che stanno alla base di quel che ho fatto. Alcune le ho scoperte, e non mi hanno fatto piacere, né mi piacciono. Sono disposto a riconoscermi una sola attenuante: allora i social network non avevano ancora conquistato il mondo e le persone non raccontavano se stessi ventiquattro ore su ventiquattro”…
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