7 Ottobre 2020 16:13

Tradurre Manga: un’indagine sulle condizioni di lavoro

Un gruppo di traduttori Italiani di manga, ha messo a disposizione, in queste ore, un’interessante indagine sul proprio lavoro, la propria condizione economica, e lavorativa. Un’indagine ricca di  informazioni e  da cui trarre spunti di riflessioni applicabili a tutte la categoria.   I problemi di fondo, infatti, sono gli stessi per qualunque traduttore in Italia.

Qual è il lavoro del traduttore di manga?

Raccontare la professione dei traduttori di fumetti è una necessità sentita ormai da qualche anno, nel contesto di una crescente maturazione professionale in tutti i settori dell’editoria di fumetti. Diversi festival e scuole professionali, ogni anno, ospitano incontri e workshop sulla traduzione. Ma non basta, perché è ancora raro incontrare occasioni in cui si entri nello specifico: cosa significa, concretamente, intraprendere la carriera – per certi versi ambita – di traduttore di fumetti giapponesi?

Un questionario, sottoposto a venticinque professionisti, ha provato a rispondere a questa domanda concentrandosi sulla traduzione di manga dal giapponese all’italiano. Composto da 8 domande, il questionario ha messo a fuoco diversi aspetti del mestiere e delle condizioni lavorative in cui questi professionisti operano oggi, in Italia: dai compensi alla quantità e cadenza del lavoro, passando per l’attribuzione del lavoro nei credits, e altro.

L’indagine, inoltre, ha messo a fuoco una porzione molto rappresentativa del panorama dell’editoria di manga in Italia: le attività di traduzione svolte per 13 case editrici specializzate nella pubblicazione di fumetti giapponesi, sulle 17 censite (l’assenza di Canicola, Hazard, Mangasenpai e Sensei Books è stata determinata dall’assenza di rapporti con questi editori tra i 25 membri del campione di intervistati). In ordine alfabetico: Bao Publishing, Coconino Press, Dynit, Flashbook, Goen, Hikari (001 Edizioni), Hollow Press, J-Pop (Edizioni BD), Magic Press, Oblomov, Planet Manga (Panini Comics), Rizzoli, Star Comics.

Ciascun traduttore ha compilato il questionario fornendo dati e informazioni relative solo alle case editrici per le quali ha effettivamente lavorato negli ultimi tre anni (da giugno 2017), per un numero complessivo di volumi tradotti che supera i 1500. Infine, il sondaggio si è concentrato esclusivamente sui manga, in volumi singoli o serie; non prende dunque in considerazione i romanzi, i light novel, gli artbook, i fanbook e altri, ai quali andrebbe riservato un discorso ad hoc (e differente).

Prima di procedere alla presentazione dei risultati, un’ultima premessa: quali sono i requisiti necessari per diventare un traduttore di manga? Provando a schematizzare:

1 – Inutile dire che è richiesta una buona, se non ottima, conoscenza della lingua giapponese. In genere, tale conoscenza si acquisisce tramite studi universitari e in loco: la maggior parte dei traduttori intervistati sono laureati in lingue orientali e hanno perfezionato i loro studi in Giappone, dove alcuni di loro risiedono stabilmente.

2 – È inoltre richiesta una ancor più approfondita conoscenza dell’italiano: a qualcuno sembrerà scontato, ma non lo è.

3 – Anche la conoscenza del linguaggio dei fumetti in generale, e di quello dei manga nello specifico, non è un requisito di secondaria importanza.

4 – Se la lingua non è mai solo uno strumento, ma anche un deposito della Storia, è chiaro che spesso è importante possedere una più vasta cultura sulla storia e le usanze giapponesi.

5 – Considerando la specificità dei manga rispetto a romanzi e film nipponici, ovvero il loro essere prodotti pop e proprietà intellettuali importanti nell’industria culturale globale, è spesso essenziale la conoscenza – auspicabilmente aggiornata – dei prodotti più popolari dell’intrattenimento nipponico: animazione, videogiochi, musica…

6 – Infine, per essere un traduttore professionale è indispensabile una predisposizione naturale a un lavoro solitario, alla concentrazione e alla ricerca.

Questo serve solo per sottolineare che, quando si parla di traduttori di manga, si parla di professionisti altamente qualificati nel campo della cultura e dell’intrattenimento. Tuttavia – ed è questo il dato che emerge nel nostro pur limitato campione di 25 intervistati, all’interno di una professione che coinvolge poche decine di persone (un censimento, a oggi, non esiste) – in Italia la carriera del traduttore di manga ha ben poco di invidiabile, se si osservano aspetti come il riconoscimento professionale, l’inquadramento e le tutele, gli aspetti economici.

I risultati dell’indagine

Nel presentare i risultati del questionario, abbiamo scelto di mettere al centro, come avviene nella realtà di questo mestiere, la relazione fra il traduttore e l’editore che ne commissiona il lavoro.

Di ciascuno degli 8 aspetti indagati è stata quindi descritta la proporzione, usando un metodo semplice e diretto (inutile calcolare percentuali, stante il campione sì rappresentativo, ma pur sempre ristretto): rispetto alla “base” costituita dai 13 editori individuati, quanti traduttori hanno risposto allo stesso modo? Detto diversamente: per ogni quesito quanti, fra i 13 editori oggetto del campione, si sono comportati in un modo, e quanti in un altro?

1) Indicazione nei credits

Partiamo da un dato facilmente comprensibile da tutti i lettori: il riconoscimento pubblico del lavoro, ovvero la corretta attribuzione del lavoro di traduzione. Il questionario proponeva un quesito con tre opzioni distinte su questo argomento, per indagare l’indicazione del nome del traduttore 1) all’interno dello stesso volume tradotto, 2) del sito della casa editrice e 3) delle piattaforme di e-commerce generaliste (“librerie online” come Amazon, IBS, laFeltrinelli, ecc.).

  • Indicazione sul frontespizio del volume: 4 su 13
  • Indicazione sul colophon del volume: 9 su 13
  • Indicazione sul sito dell’editore: 3 su 13
  • Indicazione su piattaforme e-commerce: 11 su 13

Su 13 editori, solo 4 garantiscono una visibilità adeguata all’interno del volume stesso; in ogni caso sul frontespizio, e mai in copertina (come avviene, invece, nella migliore editoria letteraria). Tutti gli altri si limitano a citare il traduttore – in genere con font minuscoli – nel colophon del volume, tra tutti gli altri credits.

Suona piuttosto paradossale un fatto: soltanto tre editori indicano il nome del traduttore nei propri siti ufficiali. Eppure, per ben 11 editori su 13 il nome del traduttore è riportato dalle principali “librerie online”. Accortezza degli editori quando compilano le schede del prodotto per le piattaforme o decisione presa dalle piattaforme stesse?

Infine, perché per i traduttori è tanto importante la “visibilità”, ovvero l’indicazione del proprio nome? Non per mero capriccio narcisistico o brama di popolarità, ma per due ragioni cruciali:

  1. in primis perché il nome sul frontespizio andrebbe riportato per legge, come avviene nei libri di narrativa, ai sensi del RD 1942, art. 33;
  2. e poi perché una regolare indicazione del nome ha a che vedere con una dimensione fondamentale del lavoro professionale: se non sei visibile, non esisti.

Un lavoro “invisibile” è un lavoro non riconosciuto e, di conseguenza, che con molta fatica riesce a ottenere dei diritti e degli standard accettabili che, pure, sarebbero dovuti. I traduttori pagano le tasse con il regime fiscale del diritto d’autore, quindi il fisco, lo Stato, li riconosce come autori. E in effetti i traduttori sono in tutto e per tutto degli autori: le parole dei manga che leggiamo vengono dalla loro creatività e dalla loro capacità di interpretare, adattare, rielaborare una lingua e una cultura che non potrebbe essere più distante da quella italiana.

Fino al 2019, alcuni tra i principali festival nazionali di fumetto negavano ai traduttori il diritto di richiedere l’accredito, riconosciuto invece agli autori. Anche in questo caso, vale la pena ricordare quanto rilevante sia il ruolo giocato dai manga – e dai fumetti stranieri in generale – in tali festival, dove capita persino che al traduttore venga chiesto di fare da interprete dello stesso autore ospite. Volumi che non riempirebbero gli stand degli editori (e le loro casse) se dietro non ci fosse il lavoro dei traduttori.

La visibilità del nome, ovvero una corretta indicazione dell’attività di traduzione, porta dunque con sé il riconoscimento professionale. Un aspetto importante per la credibilità di un professionista, tanto da parte degli altri operatori editoriali – giornalisti, agenti letterari, autori – quanto da parte dei lettori, e un fattore indispensabile per proseguire e migliorare il proprio lavoro, anche sul piano di un trattamento equo a livello contrattuale.

2) Rapporto contrattuale

La presenza o meno di un contratto, o di una semplice lettera d’incarico, è argomento di un altro quesito del sondaggio. Anche in questo caso, i risultati mostrano un comportamento abbastanza omogeneo delle case editrici.

  • Contratto o lettera d’incarico fissi: 3 su 13
  • Contratto o lettera d’incarico saltuari: 1 su 13
  • Nessun contratto né lettera d’incarico: 9 su 13

Solo 3 editori sui 13 considerati forniscono un contratto o una lettera di incarico, 1 lo fa in modo non costante mentre altri 9 non ritengono che sia necessario formalizzare con un accordo scritto il rapporto con il traduttore. Questo non comporta in alcun modo che il lavoro svolto sia “sommerso” o in nero: tramite le note di pagamento emesse dal traduttore, il lavoro svolto viene sempre registrato dal fisco. L’assenza di un contratto, però, determina una scarsa (nulla) chiarezza su questioni cruciali come la cessione dei diritti d’autore e l’utilizzo della traduzione da parte della casa editrice.

Un contratto sancisce i diritti e i doveri delle parti interessate. La sua assenza implica che ci sia una fiducia simile, se ci permettete un esempio, a quella tra il pizzaiolo che riceve un ordine a domicilio e il cliente: il pizzaiolo avrà i soldi solo a lavoro svolto e consegnato, il cliente paga quando riceve la pizza, prima ancora di assaggiarla. Come si vedrà per altri aspetti trattati nel sondaggio, purtroppo non si può dire che questo genere di fiducia sia in molti casi instaurabile fra traduttori e case editrici. Nel caso della pizza, il fattorino che non riceve il pagamento dovuto può rifiutarsi di consegnare la pizza anche sull’uscio di casa; il rapporto tra le due parti, inoltre, si conclude con la consegna e il pagamento stessi. Il traduttore che consegna una traduzione a una casa editrice non si vede subito erogato il compenso pattuito, quindi non può decidere di tenere per sé la traduzione già svolta in numerose giornate di lavoro (orientativamente dalle quattro alle quindici, a seconda del volume), e di certo non può mangiarsela! Il rapporto tra le parti interessate, inoltre, non si conclude con la consegna e il pagamento, perché c’è poi una fase di editing, e c’è infine la possibilità che la traduzione venga rivenduta ad altre case editrici, o utilizzata ad altri scopi, senza che il traduttore/autore – e legittimo proprietario di quella traduzione – ne venga informato e, di conseguenza, tragga il benché minimo beneficio dal suo lavoro.

3) Termini di pagamento

Veniamo dunque alla questione dei pagamenti, ovvero ai loro termini temporali. Il lavoro di traduzione, come si può facilmente immaginare, non ha un modello unico di pagamento: la casa editrice richiede la consegna dell’intero volume tradotto, in un’unica soluzione, entro una data stabilita, ma il pagamento non avviene alla consegna del lavoro svolto, bensì dopo un periodo che varia dai 30 ai 120 giorni. In alcuni casi si aspetta addirittura la pubblicazione del volume, che può avvenire molti mesi dopo la consegna della traduzione.

  • Pagamento secondo termini: 8 su 13
  • Pagamento dopo solleciti: 3 su 13
  • Pagamento mancato: 2 su 13

Delle 13 case editrici esaminate, solo 8 pagano puntualmente entro i termini stabiliti all’assegnazione del lavoro. 3 pagano in modo non puntuale, quindi pagano, sì, ma dopo diversi solleciti; 2, al momento della consultazione tra i venticinque traduttori, non hanno pagato il dovuto nonostante siano decorsi i termini e nonostante i solleciti. Riteniamo che questo dato non necessiti di ulteriori spiegazioni.

4) Compensi

Restando sugli aspetti economici, è ora il caso di considerare con particolare attenzione il dato riguardante i compensi pagati dalle case editrici per una traduzione di manga. Il compenso è calcolato per tavola di fumetto; anche nei casi in cui l’editore determini un compenso forfettario per l’intero volume, questa cifra è stata divisa per il numero medio di tavole, in modo da avere dei risultati omogenei per un confronto.

  • Compenso ≥ 3 euro/tavola: 5 su 13
  • Compenso tra 2 e 2,99 euro/tavola: 3 su 13
  • Compenso < 2 euro/tavola: 4 su 13
  • Compenso misto tra <2 e 2,99 euro/tavola: 1 su 13

Cinque case editrici pagano un compenso lordo pari a 3 o più euro a tavola; tre case editrici pagano tra i 2 e i 2,99 euro; quattro pagano meno di 2 euro a tavola e una, infine, paga l’ultima o la penultima di queste fasce a seconda del traduttore o dell’opera. Volendo chiarire maggiormente questi dati, esemplifichiamoli prendendo in considerazione un volume medio di 200 pagine/tavole: il traduttore fortunato riceverà un compenso lordo di 600 euro, che diventano 510 euro circa al netto della ritenuta d’acconto, pari al 20% del 75% del lordo per un traduttore che abbia compiuto 35 anni, al 20% del 60% per i più giovani; il traduttore meno fortunato (che riceve ad esempio un euro lordo a tavola) riscuote, per il medesimo volume trattato però da un’altra casa editrice, appena 170 euro netti.

Come detto in precedenza, la traduzione di un volume richiede diverse giornate di lavoro, talvolta oltre le due settimane. A volte è necessario svolgere ricerche approfondite che implicano un’ulteriore mole di lavoro o addirittura un certo dispendio economico per procurarsi del materiale. A proposito di materiali: tutti gli strumenti utilizzati dai traduttori (hardware, software, dizionari cartacei ed elettronici, nonché testi e cancelleria di vario genere) sono sempre a carico esclusivo del traduttore stesso.

Da queste informazioni si deduce facilmente che quello del traduttore è un lavoro molto poco remunerativo. Per raggiungere un introito mensile minimo, per vivere dignitosamente ed essere autosufficienti, sarebbe necessario riuscire a tradurre dai 2 ai 6 volumi al mese (a seconda del compenso), cosa non sempre possibile per evidenti motivi legati ai tempi, ma anche alla mole di commissioni che ogni traduttore può verosimilmente ricevere dalle case editrici. Non stupisce quindi scoprire che molti traduttori italiani di manga, al contrario dei loro colleghi europei – meglio retribuiti e, in generale, tenuti in maggior considerazione – siano costretti a svolgere anche un secondo lavoro.

5) Negoziabilità compensi/tempi

A questo dato va aggiunto quello della flessibilità o negoziabilità del compenso in base all’urgenza con la quale viene richiesta una traduzione.

  • Compenso maggiorato per urgenza: 0 su 13
  • Possibilità di trattativa: 2 su 13

La produzione di manga, come di qualsiasi altro prodotto editoriale – e, più in generale, qualsiasi attività – può subire l’effetto di improvvise urgenze per le più disparate ragioni, imputabili all’organizzazione della casa editrice o a fattori diversi (distributivi, commerciali, contrattuali…). I traduttori non hanno influenza sui piani di lavoro dei prodotti, ma talvolta sono chiamati a intervenire per affrontare le sfide dettate da queste urgenze.

Nessuna delle tredici case editrici prese in analisi, tuttavia, propone un compenso più alto quando commissiona una traduzione con particolare urgenza (che, in genere, equivale per il traduttore a rinunciare a impegni presi, vacanze o altre commissioni). Solo due case editrici sono disposte a maggiorare il compenso previa contrattazione, possibilità nemmeno contemplata dalle altre undici.

6) Programmazione del lavoro

In questo scenario, la programmazione delle uscite, e quindi la distribuzione del lavoro nel tempo per ogni singolo traduttore, ricopre un ruolo di importanza vitale. Ricordiamo che i manga sono quasi sempre serie continuative che si protraggono per anni con periodicità spesso regolare, ma altrettanto spesso altalenante (il ritmo delle uscite non è ‘prevedibile’ come per le stagioni delle serie tv, insomma). Il traduttore dovrebbe poter contare su un’agenda lavorativa che sia il più completa e dettagliata possibile per almeno un semestre alla volta, in modo da sapere quante commissioni poter accettare o quante tentare di procacciarsene, organizzare le proprie spese e – perché no? – anche la propria vita privata.

  • Programmazione ben distribuita: 9 su 13
  • Programmazione frettolosa: 4 su 13

I risultati del sondaggio dicono che 9 fra le tredici case editrici considerate provvedono a una programmazione ben distribuita, mentre le restanti 4 programmano in modo frettoloso e superficiale il lavoro dei traduttori (e le uscite, di conseguenza).

7) Organizzazione del lavoro

Il sondaggio ha inoltre toccato due aspetti inerenti il “dietro le quinte” dell’organizzazione del lavoro editoriale, ovvero il rapporto professionale con gli editor, fatto di scambi, confronto e discussione, e l’aspetto operativo della condivisione dei materiali originali da tradurre (se i file o i volumi arrivano a pochi giorni dalla consegna, il lavoro si complica…).

  • Rapporto con gli editor efficace: 12 su 13
  • Condivisione regolare dei materiali: 12 su 13

Per entrambi questi aspetti il sondaggio ha dato risultati positivi, che sanciscono come collaborativo il rapporto con gli editor (con l’eccezione di una casa editrice, per la quale questo rapporto risulta essere inesistente: l’editor procede all’adattamento del volume senza consultare il traduttore), e come regolare e puntuale l’invio dei materiali o il sistema tramite il quale i traduttori possono procurarselo autonomamente previo rimborso spese (a eccezione di una casa editrice, per la quale il reperimento del materiale originale risulta difficoltoso e non puntuale).

8) Evoluzione delle condizioni lavorative

L’ultimo quesito del sondaggio era destinato a indagare se, nel corso del triennio considerato, i traduttori hanno registrato qualche evoluzione delle condizioni lavorative complessive, nei loro rapporti con gli editori committenti.

  • Condizioni lavorative invariate: 8 su 13
  • Condizioni lavorative peggiorate: 2 su 13
  • Condizioni lavorative migliorate: 0 su 13 (*eccezioni individuali)

Il clima generale, secondo le risposte dei 25 traduttori, non ha subito particolari cambiamenti né in positivo né in negativo. Le relazioni con 8 case editrici su 13, infatti, non hanno subito modifiche rilevanti nelle condizioni di lavoro, in due casi sono peggiorate, e in qualche caso individuale sono migliorate (aumento del compenso a tavola, migliore gestione dei termini di pagamento).

Va ribadito che l’orizzonte temporale è di soli tre anni. Alcuni traduttori hanno infatti spiegato che, andando più indietro nel tempo, la percezione dell’evoluzione delle condizioni di lavoro sarebbe stata diversa: si sarebbero evidenziate situazioni sensibilmente peggiorate e altre che, negli anni, hanno apportato qualche significativo miglioramento (non tanto nei compensi, quanto nella puntualità dei pagamenti e nell’organizzazione del lavoro).

In conclusione, un auspicio

Come si è potuto vedere dai risultati di questa indagine, il mestiere di traduttore, nel settore dei manga, è una professione che presenta ancora diversi aspetti problematici, sul piano legale come su quello economico, fino allo stesso riconoscimento generale del lavoro fornito da questo tipo di professionisti specializzati.

Una ulteriore precisazione sulla presentazione dei dati: per evidenti motivi di natura legale e di opportunità professionale, i dati relativi alle case editrici sono stati aggregati e non specificati caso per caso; lo stesso vale per i traduttori, le cui peculiarità individuali in questo contesto non sono state considerate. Il motivo è nello scopo ultimo di questa indagine: non puntare il dito verso episodi o editori specifici, ma dare conto di una situazione più ampia, attraverso l’esperienza di un gruppo di professionisti mossi dall’obiettivo di accendere un riflettore sulla loro condizione lavorativa. Professionisti spesso – letteralmente – invisibili, che permettono a tanti lettori di leggere e gustare i loro manga prediletti. Chissà che questo esperimento non possa fare da apripista ad altre iniziative del genere riguardanti traduttori specializzati in altri settori editoriali.

Sarebbe bello immaginare che in ogni volume apparisse la dicitura “nessun traduttore è stato maltrattato per l’edizione italiana di questo volume”, quasi come un marchio di qualità. Dai dati analizzati e dalle condizioni generali è evidente che poche case editrici avrebbero il permesso dei loro traduttori per imprimere un marchio del genere. In questo, forse, i traduttori sono una cartina al tornasole di una più ampia questione – la maturità professionale nell’editoria di fumetto – che riguarda anche, sebbene in modi del tutto diversi, molti editor, grafici, coloristi ed altri professionisti che lavorano per portare in edicola o in libreria tanti volumi, ogni mese.

Ma cosa succederebbe se, in futuro, fossero i lettori a richiedere più attenzione?

Questa indagine è stata condotta e sottoscritta da 25 traduttori e traduttrici di manga.

Nota della redazione di AF News.

Originariamente questa nota è stata pubblicata da Fumettologica, che ha dichiarato di averla ricevuta, in forma Anonima, ma di aver controllato l’identità di alcuni dei traduttori che la hanno sottoscritta.La serietà della ricerca, la sua validità è stata accreditata anche dal sindacato  Strade – Traduttori Editoriali che la ha riproposta anche sul proprio sito ufficiale.

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