Quando gli ho prospettato la possibilità di festeggiare l’imminente uscita della 200esima storia che ha scritto per Topolino, l’amico Giorgio Figus mi ha subito dato la sua disponibilità per rispondere alle domande che gli ho inviato e, qualora lo vogliate, tra qualche riga potrete leggere il risultato del nostro scambio di mail.
Duecento storie scritte per “il Topo” in 35 anni di carriera sono tantissime, soprattutto considerando il fatto che il buon Giorgio ha sempre avuto un altro lavoro a tempo pieno che ne ha necessariamente limitato la produzione disneyana.
Per quanto mi riguarda, sono felice di onorare un traguardo così importante, con questa piccola intervista e voglio augurare a Giorgio di poter continuare a dar sfogo alla sua creatività e di realizzare nuove avventure, sempre più avvincenti.
Buona lettura.
Michele Marchitto: Mi piacerebbe sapere come, dal tuo punto di vista, si è evoluto il rapporto sceneggiatore/ disegnatore dai tuoi esordi a oggi e chi è il disegnatore con cui ti sei trovato meglio, in questi anni.
Giorgio Figus: Direi che l’evoluzione c’è stata, e del resto era inevitabile. Quando ho cominciato “Topolino” era ancora pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore. Le storie realizzate in Italia erano solamente due per ogni numero, e dunque i collaboratori erano limitati al fabbisogno. In quel periodo era dunque abbastanza facile chiedere alla Redazione che una propria sceneggiatura venisse assegnata ad uno specifico disegnatore e in genere – a meno che questi non fosse particolarmente oberato – si veniva accontentati. Per cui il rapporto con il disegnatore era molto frequente: ci si scambiavano opinioni, impressioni, consigli, il tutto finalizzato a rendere la storia il più accattivante possibile per il lettore.
Poi, nel corso degli anni, il fabbisogno di storie è molto cresciuto, e di conseguenza anche il numero di sceneggiatori e disegnatori. Così l’organizzazione è necessariamente cambiata, e adesso non è più possibile fare il nome di un disegnatore: solitamente la sceneggiatura viene assegnata al primo che si libera, salvo eccezioni dettate da particolari esigenze redazionali.
È difficile fare il nome di un disegnatore con il quale mi sono trovato meglio, perché ho lavorato benissimo con molti di loro. Se proprio devo fare qualche nome direi comunque Giorgio Cavazzano, e poi Valerio Held (con il quale abbiamo realizzato “I Paralipomeni della Dinastia dei Paperi”) e Paolo Mottura, con cui abbiamo realizzato anche cose per altri editori. Come per esempio il fumetto realizzato per conto di Alfa Romeo per celebrare i 60 anni della AR Giulietta.
MM: Hai qualche consiglio per i giovani che vogliono intraprendere il percorso di sceneggiatore di fumetti?
Giorgio Figus: Continuo a pensare che questa sia un’attività bellissima e piena di soddisfazioni. Molte persone passano la loro vita a lasciare i loro sogni nel cassetto, lo sceneggiatore viene addirittura pagato per tirarli fuori! Però occorre anche considerare che negli ultimi anni la situazione è drasticamente cambiata, e purtroppo non in meglio. Mentre anche solo pochi anni fa si poteva pensare di vivere dignitosamente di sola scrittura creativa, adesso non è più così. Ai giovani consiglio sempre di tenere anche una seconda attività, magari anche solo part-time, che costituisca una sorta di salvaguardia per i periodi di magra. Insomma, questa è una professione fantastica ma, per quanto mi sforzi di ricordare, non mi viene in mente un solo sceneggiatore che viva in una villa con piscina…
MM: Ci racconti come funziona il tuo processo creativo? Insomma, come nasce una storia di Giorgio Figus?
Giorgio Figus: Questa è una cosa un po’ difficile da spiegare, perché si tratta di un processo molto istintivo. Il mio cervello è continuamente in attività, alla ricerca dello spunto, del particolare, di qualsiasi cosa possa accendere la “scintilla” che porti ad una nuova storia. Anche il più piccolo dettaglio, all’apparenza banale, può costituire il punto di partenza.
Una volta, per esempio, mi trovavo a camminare lungo un marciapiede, e ho notato che il fondo di un cestino per la raccolta dei rifiuti aveva ceduto, e tutto il suo contenuto si era sparso al suolo. In qual momento mi sono chiesto che cosa sarebbe successo se fosse stato Zio Paperone a gestire l’appalto per la raccolta dei rifiuti. Ed è nata la storia “Zio Paperone e le piante spazzativore”.
Un’altra volta mi sono svegliato avendo per la testa uno strano titolo, “Zio Paperone e i Levitoni Levitanti”. Gran bel titolo, certo, ma in quel momento non avevo la minima idea di chi fossero questi Levitoni, e nemmeno il motivo per cui dovessero levitare. Poi, poco per volta, è emersa la struttura della storia. Con questo popolo che viveva in un’isola sperduta nell’oceano, con l’unica sorgente di acqua potabile in cima ad un picco scosceso. Per avere l’acqua dovevano levitare fino a raggiungerla. E poiché il fondo della sorgente era lastricato di uno strato di oro purissimo, ecco arrivare Zio Paperone con tutti i nipoti…
MM: Tra queste 200 storie, qual è quella a cui sei più legato?
Giorgio Figus: Anche qui è un bel dilemma. È vero che considerando il numero complessivo ci sono storie più riuscite e altre un pochino meno, però sono molte quelle che ricordo sempre volentieri. Ci sono quelle del ciclo della “Rocciafiamma” disegnato da Roberto Marino, e poi tutte le variegate vicende della P.I.A. (Paperon Intelligence Service), il potente servizio segreto di Zio Paperone. Ma anche molte storie fantastiche o fantascientifiche, come la parodia del celebre “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury, che nel mondo dei paperi è diventata “Papercelsius 154”. E poi molte storie a sfondo archeologico come la prima in assoluto che ho scritto, “Zio Paperone e il carro hittita”, nonché quelle aventi come protagonista Indiana Pipps. E ancora quelle ambientate in montagna, altra mia grande passione. Ma alla fine, come dice un vecchio detto, la storia più bella è quella che devo ancora scrivere.
MM: Qual è, invece, il personaggio che più ti sta a cuore?
Giorgio Figus: Qui non ci sono dubbi. Per quanto sia affezionato a Paperino, si tratta di Archimede Pitagorico. È lui il mio personaggio ideale. Per la sua abilità scientifica mista ad una grande creatività e ad una carica di ottimismo che trova pochi uguali nel mondo del fumetto. Per tali ragioni compare spesso nelle mie storie.
MM: La tua duecentesima storia è un traguardo cui sei arrivato con la dedizione, la professionalità che hai profuso nel corso degli anni e immagino che, in questo percorso, tu abbia conosciuto un sacco di personalità legate al mondo del fumetto. C’è qualcuno che ti piacerebbe ringraziare, in particolare?
Giorgio Figus: Già, la passione… è quella alla base di tutto. Puoi avere tutta la professionalità di questo mondo, ma se non sei sorretto dalla passione per il fumetto non te ne farai mai nulla. È la passione che spinge uno sceneggiatore a creare sempre qualcosa di nuovo.
È vero, in questo lungo percorso ho conosciuto molte personalità del mondo fumettistico. Il nostro è un ambiente piccolo e anche un po’ chiuso, e prima o poi è inevitabile che si finisca per conoscerci quasi tutti. Non basterebbero tre pagine per parlare di tutti quelli che ho conosciuto. Come Giorgio Rebuffi, l’inventore di Tiramolla, nato come me il 7 di novembre. E poi il mitico Sergio Bonelli oltre che a diversi esponenti della sua casa editrice, Ivo Milazzo e tantissimi altri ancora.
C’è però una persona in particolare che vorrei ringraziare, anche se purtroppo non è più con noi da molti anni. Si tratta del grande Franco Fossati, eminente critico ed inarrivabile esperto di fumetto non solo nazionale. Quando mi sono presentato per la prima volta alla Mondadori era responsabile per le sceneggiature, ed è stato lui a credere in me e a darmi la possibilità di cominciare, nonché a darmi i primi preziosi consigli per svolgere al meglio questa particolare attività. Per questo Franco avrà sempre una parte riservata in un angolo del mio cuore…