22 Dicembre 2017 08:01

Vogliotti presenta due saggi su Jacobs e Blake et Mortimer

Nel corso del 2017 sono usciti in Francia due testi particolarmente rilevanti su E.P. Jacobs e la sua serie Blake e Mortimer, vediamo di cosa si tratta:

Pierre Fresnault-Deruelle, Edgar P. Jacobs ou l’image inquiétée, Presses Universitaires François-Rabelais, Tours 2017, € 25.

Pierre Fresnault-Deruelle è uno dei fondatori (insieme a Umberto Eco e pochi altri) di quella critica del fumetto a livello accademico che nasce all’inizio degli anni 70 del secolo scorso. Le sue lucide e profonde analisi si sono generalmente rivolte alla semiologia dell’immagine e al fumetto franco-belga, e in particolare allo studio di Hergé e della sua opera a cui ha consacrato nel tempo diversi volumi. Ma questo volta l’Autore ha ritenuto di doversi dedicare all’altro grande maestro della scuola di Bruxelles, e c’è da essergliene grati. Sin dall’inizio dichiara di aver fatto una scelta personale e molto parziale delle opere prese in considerazione nel suo saggio, e cioè le avventure di Blake e Mortimer che vanno dal Secret de l’Espadon al Piège diabolique (quello che lui ritiene il periodo d’oro), ma includendo anche le illustrazioni di Jacobs per la Guerra dei Mondi di H.G. Wells (che egli giudica giustamente uno dei capolavori di Jacobs, purtroppo non più ripubblicato dal lontano 1986) e Le Rayon “U”, avventura preparatoria ma seminale per il futuro ciclo di Blake e Mortimer.

F-D evidenzia subito ciò che distingue Jacobs da Hergé: Jacobs ama la matita grassa e la tempera (interessanti gli agganci a Henri Rivière e Benjamin Rabier) e solo per necessità sposerà poi la linea chiara di Hergé. E come ben dice Benoît Peeters nella sua Prefazione, se Hergé rappresenta il giorno e la luce, Jacobs ama invece la notte e il mistero, se Hergé è acqua e aria, Jacobs è terra e fuoco. Sottolinea poi adeguatamente l’enorme importanza del colore nell’opera jacobsiana, in cui esso rappresenta con la sua valenza narrativa un elemento imprescindibile della storia, oltre che una novità assoluta che lo stesso Hergé dovrà umilmente imparare da Jacobs.

Segue una serie di capitoli dedicati alle diverse storie, in cui F-D non manca di portare nuovi contributi e idee sull’opera del grande Jacobs. Ad esempio il fatto che Le Rayon U sia più una storia illustrata che un vero fumetto viene individuato da F-D come l’origine dei lunghi recitativi tipici di Jacobs che conserveranno sempre una certa funzione didascalica (p. 68). Più avanti (p. 105) F-D ipotizza una derivazione della Grande Pyramide dalla storia Virus, Il mago della foresta morta di Walter Molino e Federico Pedrocchi (1939). Per F-D il Marchio Giallo rappresenta il Faust che Jacobs sognava di impersonare nell’opera lirica (p. 126). E per F-D le “idiosincrasie grafiche” di Jacobs (cioè il suo modo peculiare di rappresentare gesti, movimenti, espressioni e situazioni), anziché trasformarsi in motivo di noia vengono ad essere uno dei punti di interesse principali delle storie, qualcosa che il lettore cerca attivamente con la certezza di ritrovare sempre.

La seconda parte del libro è dedicata a un esercizio che F-D ama particolarmente: il commento di singole vignette isolate dal flusso della narrazione, viste come un quadro (o dal lineare al tabulare, per usare una terminologia cara a F-D).

Come al solito, il risultato è degno dell’autore (ricordiamo che è stato professore onorario della Università Paris 1 Panthéon-Sorbonne fino al 2009). Stranamente, non viene esaminata S.O.S. Météores, che pure rientra nella selezione dichiarata da F-D e che senza dubbio costituisce uno dei vertici artistici di Jacobs. Eppure a questa avventura viene soltanto dedicato l’esame di quattro vignette nella seconda parte. Comunque sia, il libro va immediatamente aggiunto al nucleo di testi essenziali che hanno da dire qualcosa di nuovo e di valido su Jacobs.

Pierre Sterckx, La Machine Jacobs. Dessin ◦ Couleur ◦ Opéra, Editions Blake et Mortimer, Bruxelles 2017, € 35.

Il secondo libro (quello di Pierre Sterckx) si propone, in omaggio a Jacobs, di decostruire quella che egli chiama la “Macchina Jacobs” per poi riassemblarla fornendo nel contempo una chiave esplicativa. Per macchina Sterckx intende l’interazione di forze eterogenee, cioè il rapporto di colore, disegno e testo, quindi la macchina narrativa. La sua analisi è condotta ad un livello più generale e alto rispetto a quanto fa F-D, con frequenti riferimenti alla pittura, e nel volume predomina l’immagine sul testo, ma nella sostanza la sua operazione non è metodologicamente dissimile dall’approccio di F-D. Certo l’estetica del volume è molto diversa: se F-D utilizzava alcune illustrazioni generalmente rimpicciolite come appoggio al suo discorso, Sterckx punta invece su un ingrandimento esasperato delle vignette e delle tavole che riempiono le pagine del libro e le trasformano in quadri che permettono al lettore di esplorare tutti gli anfratti del disegno jacobsiano, portando alla luce la qualità sublime di quest’ultimo in un modo che non ha precedenti. Persino la copertina del volume e la quarta di copertina sono pura immagine (il titolo è solo un adesivo sulla plastica protettiva, una volta tolta resta solo l’immagine, e il titolo compare solo sul dorso). Eppure si tratta di un approccio solo apparentemente estetico. Pur se Sterckx, appassionato di pittura e di grafica, insegnante di filosofia dell’arte a Bruxelles, certo ama estrapolare l’immagine dal contesto e trasformarla in quadro, il suo intento è in realtà quello di mettere a fuoco la multimedialità di Jacobs.

Interessante la sua teoria sui recitativi jacobsiani, che egli definisce come qualcosa di ridondante, come se Jacobs non credesse abbastanza nell’immagine disegnata e, per sicurezza, la descrivesse anche con le parole. Ma dice anche che questo ha a che fare con il fascino dell’azione ritardata, di un freno narrativo imposto dal testo, e giunge alla conclusione che “Jacobs compone immagini in ritardo rispetto all’accelerazione del racconto. Elabora una musica del testo, dell’immagine, del disegno e del colore che gli consente di confezionare un sistema di forze totalmente improbabile all’interno del fumetto” (p. 148). Ed è forse questo il contributo più importante e innovativo di questo volume: l’aver individuato una multisensorialità nell’opera di Jacobs, fatta di disegno, testo, colore e ritmo (cioè musica). “La macchina di Jacobs agisce su suoni, lettere, grafica e colore … in Jacobs regna un cromatismo fatto di accordi composti da uno scrittore musicista che crea una intensa esperienza multisensoriale” (p. 150). Jacobs è quindi “graficamente musicale, fa vedere la musica e sentire il colore, e i suoi sfasamenti ritmici creano una vera opera di carta” (p. 153). “Colore e disegno si sviluppano e si incontrano in modo da produrre una luce unica, una manifestazione eclatante e univoca della forma” (p. 167). E ancora: “la forma plastica delle opere di Jacobs è tale da suggerire di guardarle anche come piccoli quadri” (p. 170). Ecco quindi spiegata la profusione di immagini fortemente ingrandite di cui è pieno questo volume.

Nessuno prima di Sterckx era giunto all’elaborazione di una teoria così generale sulla composizione jacobsiana che prende in esame anche una componente musicale. Può forse darsi che lo stesso Jacobs avesse questo in mente quando scrisse la sua Opéra de Papier?

[Recensione di Guido Vogliotti]