28 Ottobre 2016 13:30

Recensione: Una vita cinese, il tempo del padre

Ci sono libri a fumetti che hanno la magia di riportarti indietro nel tempo e nella Storia moderna, i cui insegnamenti sono regolarmente ignorati, sconosciuti, soprattutto dalle giovani generazioni. Come tutti sanno, se non conosci il passato, ricadi inevitabilmente negli stessi, tragici errori. Sono ignorate le vicende italiane dal dopo guerra ad oggi (anche a scuola, se va bene, i Programmi si fermano alla Seconda guerra mondiale). Figuriamoci la storia moderna della Cina, che è sempre rimasta la terra misteriosa di Marco Polo. Il fumetto di Li Kunwu ci descrive puntualmente i tempi in cui la rivoluzione maoista ha non solo cambiato la Cina ma, con le sue imprevedibili e sconcertanti “virate” (il suo capitalismo di Stato), trasformato commercio e rapporti di forza economica tra Occidente e Oriente. Ma Li Kunwu non arriva a questo punto, alla Storia recente (almeno con questo fumetto). Ripercorre la sua vita di bambino e poi fanciullo in un Paese e in un’epoca che cambiò non solo la sua vita ma quella della sua generazione. Non c’è dubbio che Mao Tse-tung unificò la Cina liberandola dalla dominazione straniera, combatté diverse guerre come l’intervento cinese in Corea, l’invasione del Tibet e il conflitto sino-indiano del 1962 ma introdusse anche l’uso sistematico della repressione e dei lavori forzati per milioni di contadini nella riforma agraria del 1951, fu responsabile della carestia del 19581961 e, soprattutto, della violenza della “rivoluzione culturale”. Nel periodo del “Gran balzo in avanti” si stima che, a causa della sua politica, morirono milioni di cinesi.

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Come tutte le dittature si parte da un movimento di liberazione dalla povertà (come in URSS, per esempio), si parte da un Sogno e si finisce per sostituire un sistema, in quel caso feudale, con una grande repressione, con il Culto della personalità, con una nuova povertà che porta spesso alla morte. Non c’è dubbio, però, che Mao fu realmente amato dal suo popolo, ne fu il Padre, il Grande Timoniere, fino alla sua morte nel 1976.

Li Kunwu, interiorizza un periodo storico attraverso i suoi occhi di bambino, che vede nel padre un modello di uomo nuovo, di rivoluzionario modello, di funzionario zelante. Lo vede ascendere e lo vede cadere quando cambia la classe dirigente, quando altre élite sostituirono le vecchie al comando effettivo del potere. Da eroe a detenuto nei campi di rieducazione. I suoi disegni, la sua china, le sue inquadrature nascono da un talento naturale, efficace, sintetico. Nascono da una vita che alternò speranze, senso di appartenenza ad una rivoluzione crudele ma grandiosa. Nascono da un cuore puro!

Con pochi tratti di china, a volte volutamente infantili, rende vive le espressioni non solo dei visi ma anche dell’anima dei suoi personaggi. Immerge il se stesso bambino in un vortice di avvenimenti sociali e politici che raccontati da altri potrebbero diventare noiosi ma, grazie alla sua matita, assumono contorni mitici e avventurosi. Un miracolo e vi spiego perché. Li Kunwu ha la mia età e, ai tempi del movimento studentesco italiano, ricordo che acquistai, mi pare nel 1971, un fumetto di piccolo formato che arrivava dalla Cina maoista. Già, perché allora quegli avvenimenti lontani venivano seguiti da noi giovani studenti. C’erano organizzazioni studentesche come il Partito Comunista d’Italia, sia nelle versioni Linea Rossa che Linea Nera, c’era Servire il Popolo, insomma nel grande mare del Movimento dovevi fare i conti anche con loro.

Lo slogan, gridato nelle loro file, era: Lin Biao dopo Mao! (Nota: Lin Biao tentò, dicono, un colpo di stato e fece una brutta fine!)

Quel fumetto rigorosamente in mandarino (credo!) aveva una vignetta per pagina e raccontava atti eroici di guardie rosse. Da rabbrividire da parte di uno come me che veniva più dalla beat generation o, al più, dai Quaderni dal carcere di Gramsci che dagli scritti di Lenin.

Ma si sa la prematura passione per il fumetto ti trasforma in un giovane collezionista e quindi comprai quella pubblicazione. Confesso che, prima di aprire il fumetto di Li Kunwu, un brivido mi è passato sulla schiena. Sapevo che l’autore si era specializzato nei cartoon di propaganda e mi chiesi se stavo per rileggere la retorica infantile di quel fumetto. Niente di tutto questo. Gli avvenimenti sono trattati col massimo della sincerità non disgiunta dalla partecipazione emotiva, dalla compassione e, spesso, dall’ironia. Emerge a volte, pur nella tragicità mai nascosta del racconto di quegli anni, anche una sorta di rimpianto, credo non provocata dalla considerazione che, alla fine, da quel sacrificio di popolo, siano nate decine di capitalisti miliardari cinesi. Credo sia il rimpianto umano per la tua perduta gioventù, per i ricordi su tuo padre, per quel fervore ed amore per il tuo popolo, che solo un ragazzino poteva contenere nel suo cuore.

Almeno allora. Oggi i ragazzini non odiano la politica, la ignorano semplicemente. Non fa più parte del loro mondo, rendendo più facile per i politici, cambiarlo a loro piacimento.

[Recensione di Nico Vassallo]

UNA VITA CINESE

Il tempo del padre

di Li Kunwu e P. Ôtiè

(add Editore, 2016. 252 pagine. Euro 19,50)

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