26 Settembre 2016 14:02

“Mila”, Makkox e l’arte di salvare il mondo disegnando

Si è tenuto ieri sera, a Trento, nell’ambito della sezione “Linguaggi” del Festival “Resistenze”, l’incontro moderato da Luca Raffaelli con il vignettista e “fumettaro” Marco Dambrosio, in arte Makkox e con la “Mila Family”, per l’occasione rappresentata dal producer/Head of VX Valerio Oss e dalla regista Cinzia Angelini (in collegamento Skype da Los Angeles).

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Sullo schermo, Cinzia Angelini; da sinistra: Valerio Oss, Luca Raffaelli e Makkox.

Il tema della serata era “la narrazione attraverso il linguaggio immortale del disegno”, una narrazione che riguarda sia la Grande Storia (come nel caso di Mila, ambientato durante i bombardamenti Alleati su Trento durante la Seconda Guerra Mondiale) che le “piccole storie” di tutti i giorni che compongono la nostra esistenza, banale quanto straordinaria (ritratti con arguzia e non poca amarezza dalla matita di Makkox).

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Nota: il signore ritratto nella vignetta, oltre a prenderla con autoironia, ha poi auspicato che l’arte e la cultura, fumetto e animazione compresi, possano davvero contribuire a riscattare il livello della consapevolezza nazionale, in una fase purtroppo di generale “ottundimento”. Ci aggreghiamo alle sue speranze, ovviamente.

Il disegno, come linguaggio espressivo e come tramite con il mondo esterno (ed interno!), si è confermato nelle parole degli ospiti un medium senza età, che ha consentito, sin dai primi “graffi” su roccia degli ominidi fino alle avveniristiche possibilità grafiche concesse oggigiorno dalla tecnologia, all’individuo umano di (sussurrando o gridando) affermare la propria presenza nel mondo e di comunicare in modo universale con i propri simili anche in mancanza di idiomi e modalità semantiche condivise. Un disegno vale più di mille parole, insegna un vecchio adagio, e a giudicare dagli esempi che sono emersi da questo incontro pare proprio che non sia un luogo comune.

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Prima, Makkox ha sottolineato come un “vero” disegnatore non si riveli tanto nel talento che esibisce agli esordi, bensì dalla quantità di tempo che dedica all’attività stessa; l’esempio della piccola profuga siriana Sheradzade Hassan, “scoperta” dal giornalista Fabio Sanfilippo in uno dei tanti campi di raccolta cui ormai abbiamo fatto (purtroppo) l’abitudine, la quale malgrado la paura, l’orrore, le difficoltà del vivere sospesi da ogni certezza, pareva “non fare altro che disegnare”. Fuga dalla realtà? Catarsi? Conforto? Certo, ma probabilmente anche quella spinta vocazionale che spesso fa la differenza nel destino di un futuro artista.

Ecco, oltre al rammarico di sapere forse perduti o sfregiati un numero incalcolabile di potenziali “creatori di bellezza e di memoria” sacrificati sull’altare di interessi internazionali e locali che nulla sanno di arte, anzi fanno di tutto per distruggerla qualora germogli; ecco, malgrado tutto questo spreco, il talento e, appunto, la “vocazione” si manifestano ovunque: sono una “malapianta”, una gramigna contro cui i feroci “diserbanti” della politica e della cosiddetta “fede” non possono nulla. Si può disegnare ovunque, e con qualunque cosa (anche con il proprio sangue, sulla propria pelle):  come nel bellissimo manga “Billy Bat” di Naoki Urasawa, non esiste un’arma più potente di quel mozzicone di matita grazie al quale il mondo verrà ricreato ogni volta che un essere umano, un vecchio come un bambino, ne sprigionerà il potere.

Shaharzad Hassan assieme a un suo disegno, fotografata nel campo profughi di Idomeni, Grecia, 18 marzo 2016 (Matt Cardy/Getty Images)
Shaharzad Hassan assieme a un suo disegno, fotografata nel campo profughi di Idomeni, Grecia, 18 marzo 2016 (Matt Cardy/Getty Images)
Una raccolta dei disegni di Shaharzad Hassan fotografati nel campo profughi di Idomeni, Grecia, 18 marzo 2016 (Matt Cardy/Getty Images)
Una raccolta dei disegni di Shaharzad Hassan fotografati nel campo profughi di Idomeni, Grecia, 18 marzo 2016 (Matt Cardy/Getty Images)

Si può narrare una storia in prima persona, oppure trovare nel disegno, anche in quello “animato”, la via migliore per raccontarla a nome di chi ce l’ha affidata.

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Cinzia Angelini, dopo quasi vent’anni a lavorare su cartoons di successo globale presso giganti quali DreamWorks e Illumination, per il suo esordio alla regia ha voluto una storia piccola, “intima”, ma al contempo grande e “pubblica” quanto il mondo: quella di sua mamma, bambina a Trento quando le bombe cadevano sulla città e il futuro pareva anch’esso minuscolo e ricco solo di pericoli. Ecco dunque lo spunto per “Mila”, progetto che da quasi sette anni raduna più di 250 amici e professionisti in tutto il mondo al servizio di quella che è ben lungi dal voler essere un pamphlet “politico” o una “lezione di storia”; piuttosto, il tentativo di “entrare” nel mondo interiore di una bambina sottoposta allo chock incancellabile di un’esperienza bellica in cui tutto il suo mondo viene spazzato via e, da unica sopravvissuta, dovrà riuscire (da sola, almeno all’inizio) a reimpostarne le coordinate per poter proseguire la navigazione in un mare che sa essere crudele ma anche pieno di sorprese bellissime per chi decide di non rifiutarlo in nome del dolore.

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Cinzia accenna alla tristemente celebre foto del bambino coperto di polvere e sangue dopo un raid sulla martoriata città di Aleppo: “Vedendolo, mia madre ha riconosciuto nella sua attonita immobilità le proprie medesime reazioni,  la stessa paura paralizzante, lo stesso stupore raggelato di fronte a tutta quella devastazione…” – ecco, se lo sforzo congiunto e l’entusiasmo che tanta gente sta profondendo per portare “Mila” a compimento – volontario e gratuito, ricordiamolo – ha uno scopo, è proprio questo: sottrarre storie del genere al voyeurismo dei flash per restituirle ai loro legittimi proprietari sotto forma di un linguaggio universale, che aiuti tutti loro ad elaborare la sofferenza e a trasformarla – magari proprio attraverso un disegno – in un nuovo percorso esistenziale proiettato verso il futuro.

Il disegno (e dunque il fumetto e l’animazione) non è una cosa “per bambini”, o “per adulti”: nel bene e nel male, serve a ricondurci alla nostra umanità.

Non racconta la Storia: ne è parte integrante.

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Potete vedere il video dell’incontro qui: https://www.streamera.tv/movie/130561/mobile-2016-09-25-20-01-13/