23 Agosto 2016 17:56

LA VIBRAZIONE DELL’ANIMA: INTERVISTA AD ALEKSANDR PETROV

Il regista russo, Premio Oscar nel 2000 con il cortometraggio “Il vecchio e il mare”, realizza i suoi film con una tecnica unica, la pittura a olio su vetro. Opere intense e suggestive, simili a dipinti che prendono vita. Ospite d’onore ad Animavì, Festival Internazionale del Cinema d’animazione poetico, ha raccontato la sua arte: «Con il colore cerco di esprimere le pulsazioni, le emozioni più profonde e nascoste»

Articolo e intervista di Irene Mossa

Dal 14 al 17 luglio a Pergola (nelle Marche, tra Pesaro e Urbino) si è svolta la prima edizione di Animavì, Festival Internazionale del Cinema d’Animazione Poetico, con la direzione artistica dell’animatore, illustratore e regista Simone Massi.

Un festival che già nel nome esprime il suo intento: «Animavì deriva dall’unione di due parole», spiega Simone Massi, che ne è anche l’ideatore, «Anima è quella che vibra davanti a un’opera d’arte, ma al contempo è l’abbreviazione di animazione, e mavì, termine caduto in disuso, identificava il colore azzurro chiaro dei pittori rinascimentali».

Il manifesto di Animavì, realizzato da Petrov
Il manifesto di Animavì, realizzato da Petrov

E il festival ha voluto celebrare il cinema d’animazione concepito come un’opera d’arte, fatto di bellezza, di poesia, di immagini che parlino al cuore. Nelle sue quattro serate, Animavì ha dedicato il suo spazio principale ai cortometraggi animati, divisi nelle due sezioni del “Concorso Scuole”, riservato agli studenti della Scuola d’arte di Urbino, e del “Concorso Internazionale”, per artisti già affermati. Nella serata finale, la giuria, composta dal regista russo Premio Oscar Aleksandr Petrov, dal poeta Umberto Piersanti e dall’autore Ascanio Celestini, ha assegnato il Primo Premio del Concorso Internazionale al film “It’s raining”, dell’animatrice russa Anna Shepilova, mentre vincitore del Concorso Scuola è stato “Sarajevo – ricordi di un assedio” di Giacomo Passanisi.

Aleksandr Petrov ad Animavì (Foto di Elena Bompani)
Aleksandr Petrov ad Animavì (Foto di Elena Bompani)

Nel corso della serata, Aleksandr Petrov, ospite d’onore, è stato protagonista di un emozionante incontro. Petrov, 59 anni, è uno dei grandi dell’animazione mondiale. Come ha sottolineato Simone Massi, «i suoi film sono l’esempio perfetto del cinema d’animazione poetico, celebrato da Animavì. Ogni suo fotogramma è un’opera d’arte. Nel mondo non ci sono molti autori così, che curano ogni singola immagine, infondendovi anima e vita».

Per Animavì Petrov ha firmato anche la sigla di apertura, un piccolo gioiello animato. Un pettirosso spicca il volo, sulle note di un violino: la sua piuma si trasforma in un veliero, in viaggio dal mare verso il cielo, sulle ali della fantasia. Una sigla che è un compendio dell’arte del regista, cui è stata dedicata una selezione dei suoi più celebri cortometraggi: “Il vecchio e il mare”, vincitore del Premio Oscar nel 2000, “La sirena”, e “La mucca”.

animavi img - afnews
Aleksandr Petrov, sigla Animavì

Realizzati con una tecnica unica, la pittura a olio su vetro, diventata suo segno distintivo, i film di Petrov sono opere intense e suggestive. Per crearli, dopo aver distribuito i colori a olio su una lastra di vetro, l’autore dipinge le sue storie con le dita, utilizzando solo di rado il pennello. Per un minuto di cinema sono necessari circa mille “quadri”. Da questa fusione di animazione e pittura nascono immagini di grande originalità e bellezza, simili a dipinti che prendono vita.

Con queste “pitture animate”, cui il colore dona una forza particolare, Petrov nelle sue storie racconta con sensibilità, delicatezza e profondità le emozioni e i sentimenti. Sogno e realtà, desideri e incubi si intrecciano nei suoi film, rivelando l’interiorità, la parte più nascosta e inconscia dei personaggi.

Petrov e la sua pittura animata
Petrov e la sua pittura animata

Per i soggetti dei suoi cortometraggi il regista attinge alla letteratura del suo Paese, quella letteratura russa che ha esplorato tutta la complessità dell’animo umano, con le sue luci e ombre: l’incanto dell’amore, ma anche l’oscurità dell’odio e del male, del sottosuolo dostoevskiano. Opere affascinanti e di difficile trasposizione, proprio per la ricchezza di suggestioni che le attraversano, e che l’artista è capace di cogliere e trasmettere.

Così, nel “Sogno di un uomo ridicolo” (1992, Primo Premio al Festival di Annecy), ispirato al racconto omonimo di Dostoevskji, un uomo decide di suicidarsi, ma poco prima ha un sogno, o forse un delirio. Sogna un mondo perfetto, pieno di pace e armonia. Lui stesso finisce però per corromperlo, trasformandolo in un luogo pieno di caos e terrore. Una metafora della perdita dell’innocenza, che l’essere umano sembra inevitabilmente distruggere, ma che anche nei momenti più disperati continua a desiderare.

"Il sogno di un uomo ridicolo"
“Il sogno di un uomo ridicolo”

Della nostalgia per ciò che si è perduto parla anche il primo cortometraggio di Petrov, “La mucca” (1989), ispirato al racconto omonimo di Andrej Platonov, e in parte anche all’infanzia del regista. “La mucca” è la sua opera di diploma, eppure già rivelazione di un grande talento, tanto da ottenere la nomination all’Oscar. Un film sulla prima esperienza del dolore, sull’amore e la compassione di un bambino per un essere indifeso come lui, un animale che è parte della sua vita. A narrarla in prima persona è il protagonista, il piccolo Vasja. Il bimbo, che vive in campagna con i genitori, umili contadini, vuole molto bene alla loro unica mucca e al suo vitellino. Ma un giorno il vitello è tolto alla madre e portato al macello. Il bambino cerca di consolare la mucca, ma invano: la povera bestia fugge e muore sotto un treno. Per Vasja è la fine della felicità, della purezza dell’infanzia. Ma il bimbo non dimenticherà la sua mucca, e il suo amore per lei.

"La mucca"
“La mucca”

È ancora l’amore, l’amore offeso, insieme ai temi della colpa e del rimorso, il soggetto de “La sirena” (1996), vincitrice del Premio della Giuria ad Annecy. Il cortometraggio rielabora il motivo letterario romantico della rusalka, la sirena, figura della mitologia slava, che incarna lo spirito di una fanciulla morta suicida per un amore infelice, riemersa nel mondo dei vivi in cerca di vendetta.

"La sirena"
“La sirena”

Protagonista è un anziano monaco, perseguitato dal ricordo di una ragazza che aveva abbandonato, riapparsa come ninfa del mare. Struggimento, sofferenza e rimpianto per un torto imperdonabile e per l’amore tradito percorrono questa storia, cui fanno da cornice i silenzi e la neve di un gelido inverno russo.

Da un romanzo di Ivan Šmelev nasce un altro capolavoro di Petrov, “Il mio amore” ( 2006). In una primavera di fine Ottocento, il sedicenne Anton vive i suoi primi palpiti amorosi, tra dolci fantasticherie ed emozioni intense e reali. Pennellate luminose descrivono l’incanto di un cuore adolescente, fragile come un petalo di cristallo, di quello che è “il primo e più puro amore”, anche se alla fine ne resterà solo il ricordo.

 

Aleksandr Petrov, “Il mio amore”

Il cortometraggio del regista che ha vinto l’Oscar nel 2000, “Il vecchio e il mare”, è tratto dal romanzo di Ernest Hemingway, per Petrov «tra le opere più belle del XX secolo». In questo splendido film, l’artista narra la lotta coraggiosa e solitaria del vecchio pescatore Santiago con la potenza della natura, sullo sfondo dell’azzurro intenso del cielo e del mare, di paesaggi lussureggianti e bellissimi. Attraverso il personaggio di Santiago, Petrov esprime la sua visione della vita e di ciò che le dà un senso: la forza dell’uomo, solo di fronte alle sfide del destino, la gratitudine per l’esistenza, nonostante la sua durezza, e l’amore, il legame profondo con gli altri esseri viventi e con il creato.

Aleksandr Petrov, “Il vecchio e il mare”

Dei suoi film e della sua arte ho potuto parlare con Aleksandr Petrov, intervistandolo ad Animavì.

 Come ha vissuto i giorni di questo Festival? Cosa l’ha colpita in modo particolare?

È difficile riassumerlo in una parola o in una frase. Si ha la sensazione di essere circondati dal calore delle persone, dalla bellezza dei luoghi e della loro storia. E di essere immersi in una festa, in un’atmosfera di felicità.

Mi sembra che questo sia il luogo ideale per un festival, in particolare per un festival di animazione, che secondo me può davvero trasmettere lo spirito, l’anima di questi luoghi. E che rappresenta un atto culturale di grande importanza.

Perché ha scelto come mezzo espressivo i film di animazione?

Non è stata una scelta cosciente, piuttosto un’intuizione…dico sempre che non sono stato io a scegliere l’animazione, ma che l’animazione ha scelto me. Quando studiavo all’Istituto di Cinema di Mosca, all’inizio mi ero iscritto all’indirizzo per diventare scenografo. Poi andando avanti ho capito che non mi sarebbe bastato occuparmi delle scenografie, o dei costumi, in un contesto creato da altri, ma che avevo bisogno di creare con le mani un mio mondo dove esprimermi liberamente, scegliendo i miei spazi e i miei personaggi. E l’animazione era perfetta per questo. Così sono passato al corso di animazione e non l’ho più lasciata.

Lei usa una tecnica particolare, la pittura a olio su vetro, che somiglia molto ai dipinti. È una scelta legata a quello che lei vuole esprimere?

Certo. Ho scelto questo mezzo espressivo in modo organico, non per caso. Prima di tutto mi considero un pittore, e dopo un regista cinematografico. Per me questo vuol dire non solo raccontare una storia, ma anche esprimere una pulsazione, una dimensione interiore. In questa tecnica per me è importante il materiale, il contatto diretto delle mani con una superficie, con cui posso trasmettere proprio questo impulso celato, interiore, dell’animo. Poiché mi considero appartenere alla corrente poetica dell’animazione – ecco perché ho sostenuto l’idea di Simone Massi di dedicare un festival all’animazione poetica – ho sempre cercato un posto in questa sfera, e ho voluto trovare un materiale che mi legasse ad essa. Il colore a olio si è rivelato lo strumento più naturale per un pittore come me, perché è molto espressivo. Non racconta solo una storia, ma dei sentimenti; permette di sentire un’emozione che tocca molto profondamente l’anima. Specie quando si muove sullo schermo, è in grado di dare una particolare pulsazione; la vibrazione del colore mi sembra riesca a trasmettere la vibrazione dell’anima, capace di risuonare anche nello spettatore.

"Il mio amore"
“Il mio amore”

Molti suoi film sono tratti da racconti e romanzi russi, da Dostoevskji, da Puškin, da Platonov. In cosa queste scelte rispecchiano la sua anima?

Non mi ritengo un grande narratore, ma un cattivo narratore, nel senso che non riesco a raccontare mie storie, e per questo mi rivolgo a storie lette e viste. Dato che esiste in Russia una letteratura molto bella e importante ho attinto ad essa, a Platonov, a Šmelev, forse anche a Puškin, benchè indirettamente, e in particolare a Dostoevskji. Dostoevskji per me è molto importante. Quando ho iniziato a studiare animazione ho pensato che diventare un animatore mi avrebbe dato il diritto di realizzare un film, come poi ho fatto, tratto da un suo racconto, “Il sogno di un uomo ridicolo”. Un racconto che mi aveva molto commosso e turbato, e che esprime la mia percezione della vita. Mi aiutava a raccontare la mia visione di come la perfezione dell’universo sia stata degradata dall’essere umano, di come l’uomo abbia contaminato la creazione divina. Una riflessione che rappresenta molto la mia anima, quello che sento rispetto a questo grande tema.

"Il vecchio e il mare"
“Il vecchio e il mare”

Il suo film che ha vinto l’Oscar, “Il vecchio e il mare”, è tratto invece dal romanzo di uno scrittore americano, Hemingway. Perché questa scelta?

Questo racconto mi appassionava già da molto tempo, ci ho lavorato sopra circa cinque – sei anni. Poi una mia allieva canadese vide la sceneggiatura che stavo scrivendo, e suggerì di mostrarla a dei produttori del suo Paese. Organizzò l’incontro, e così l’idea divenne un progetto. All’inizio pensavo che il film sarebbe stato girato in Russia, con i finanziamenti russi. Questo non fu possibile, e il film fu fatto con produttori canadesi e soldi giapponesi, di russo rimase solo il regista! A proposito della scelta di Hemingway, fin da quando ero giovane è uno dei miei scrittori più amati. Il suo racconto “Il vecchio e il mare” ha sempre rappresentato un tema a me molto vicino: la sconfitta intesa come vittoria. Parla anche della lotta con la forza della natura, del sacrificio e del superamento delle proprie debolezze, dell’amore per la vita. Argomenti a me molto vicini, molto cari, che Hemingway mi ha permesso di esprimere.

Vorrei aggiungere qualcosa riguardo al Festival. Mi piace molto l’idea del Festival del cinema poetico, anche perché mi considero un suo rappresentante, e sostengo l’idea di Simone, un’idea molto bella e produttiva. Sono contento di aver partecipato alla prima edizione, credo e auspico che il Festival si possa sviluppare in futuro, che possa crescere, e che questo sia solo l’inizio.

 

Si ringrazia per la collaborazione, la traduzione e la revisione dell’intervista ad Aleksandr Petrov l’esperta di cultura e animazione russa Eugenia Gaglianone. Un sentito ringraziamento a Simone Massi, a Mattia Priori e al festival Animavì.

Aleksandr Petrov, "Il mio amore"
Aleksandr Petrov, “Il mio amore”

 

dream of a
Aleksandr Petrov, “Il sogno di un uomo ridicolo”

 

Sigla di apertura di Animavì
Sigla di apertura di Animavì