12 Aprile 2016 10:30

Da Spiderman al Sotto18, passando per Dylan Dog: conversazione con Fabrizio Accatino

Nel “salotto buono” di Torino, l’amena piazza Castello soltanto resa un tantino più angusta dagli ennesimi lavori in corso, seduti di fronte a un buon caffé sabaudo (su certe cose il campanilismo è consentito), i vostri fedeli reporter di AfNews, il Gatto e il prode Aladar (autore delle foto), hanno avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Fabrizio Accatino, giornalista, sceneggiatore Bonelliano e organizzatore di eventi neo eletto vice direttore del festival cinematografico Sotto18 che da quest’anno vedrà al timone il critico e conduttore radiofonico Steve Della Casa.

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Per notizie dettagliate sulla sua carriera artisitica rimandiamo a questa bella intervista su CravenRoad e al suo profilo sul sito della Bonelli:

http://www.cravenroad7.it/news/2010/12/fabrizio-accatino-gli-esordi-le-difficolta-il-futuro/

http://www.sergiobonelli.it/news/fabrizio-accatino/9517/Fabrizio-Accatino.html

Mentre noi, oltre ad approfondire il suo rapporto con il fumetto, concentreremo la nostra attenzione soprattutto sul nuovo incarico nel capoluogo piemontese.
A lui la parola, dunque.

“Il mio amore per il fumetto è nato da bambino sulle pagine dei fumetti Marvel, e come nella migliore tradizione italiana divisa tra “coppiani” e “bartaliani”, ma nel mio caso sarebbe più esatto tra “gobbi” e “cuori granata” (indovinate da che parte sta? I virgolettati sono del Gatto, che condivide la medesima fazione! – n.d.G.!), nell’annosa diatriba eroi Marvel o DC Comics io  optai subito per i primi, mantenendomi sostanzialmente fedele a tale innamoramento.

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Il Maestro Stan Lee con il “suo” Spidey: ieri…
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… e oggi.

Spiderman, ovvero “Lo stupefacente Uomo Ragno” rappresentava una visione inedita del supereroe, alle prese con super-problemi di tipo esistenziale, e nei suoi baloons lessi per la prima volta vocaboli come “eruttare”, “università” e “delegato”; crescendo, conservai la passione per i cosiddetti “eroi metropolitani”: oltre al Tessiragnatele, si aggiunsero Devil e Il Punitore, e con qualche riserva gli “ensembles” come I Fantastici 4 e I Vendicatori, i quali però mi risultavano, inevitabilmente, troppo poco “individualisti”. Poi il Wolverine di Claremont/Miller e, più in generale, la folgorazione per il “Rinascimento Americano”, con sul trono lo stesso Frank Miller, cui in Italia fece da contraltare la scoperta del genio assoluto di Tiziano Sclavi: entrambi autentici rivoluzionari dell’arte dello storytelling.

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In second’ordine, ma non troppo, autori quali Dave McKeane e Neil Gaiman, e devo riconoscere che dopo aver assaporato le loro graphic novels tornare alla serialità regolare del fumetto mi è stato un po’ arduo: nel caso dello stesso Spidey ammetto una ventennale lacuna nell’arco della “continuity”! Ciò che non ho potuto fare a meno di riscontrare in essa è una certa povertà narrativa, a fronte di una sovrabbondanza di “colpi di scena” eclatanti ma fini a se stessi.
Dylan Dog invece mi aprì la strada verso il fumetto europeo, con la sua commistione perfetta di ironia, azione, sentimento, fluidità narrativa e pure citazionismo, aspetto che in seguito avrebbe poi in un certo senso “rovinato” una generazione di autori ma che in quel caso appariva gestito in modo del tutto funzionale alla trama e con profonda intelligenza e cura stilistica (Arsenico e vecchi merletti mescolato alla leggenda di Cagliostro costituisce di per sé un capolavoro di scrittura).

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“Cagliostro!” (testi di Tiziano Sclavi, disegni di Luigi Piccatto, cover di Claudio Villa)

In Italia abbiamo poi Leo Ortolani, che rappresenta un caso a parte per come ha saputo conciliare il suo profondo amore per il fumetto con una poetica autoriale personalissima e per molti aspetti unica; io lo conobbi nel lontano 1990 alla Fiera di Lucca, quando giravo collezionando autografi e dediche di grandi autori con cui, come poi invece è successo, mai avrei sperato un giorno di lavorare; Ortolani all’epoca disegnava Rat Man per la fanzine Made in America e quando gli domandai uno schizzo, si mostrò assai stupito che conoscessi lui e la sua “creatura”: raffigurò il Ratto con una dedica personalizzata “a Fabrizio, il primo che mi abbia mai chiesto un disegno a Lucca“. Lo tengo a casa come una reliquia!

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Per quanto riguarda i cosiddetti “cine-comics” non posso dire di amarli alla follia, ma a dover scegliere resto più affezionato a quelli “ingenui” di una volta, in particolar modo al Batman di Tim Burton, il quale nel girarlo esprimeva rispetto e perfino timore reverenziale nei confronti di personaggi così radicati nell’immaginario collettivo. Con la loro colorata e un po’ teatrale “artigianalità”, questi film risultavano “comics” a tuti gli effetti, mentre quelli di oggi, nella loro incredibile fattura tecnica e resa spettacolare, tendono a prendersi un po’ troppo sul serio anche per l’ostentata ricerca di un improbabile “realismo”: dopotutto, si parla sempre, per citare ancora Rat Man, di “uomini in calzamaglia”! Ecco, mi pare che la trilogia di Spiderman diretta da Sam Raimi abbia rappresentato una sorta di spartiacque tra questi due mondi, e personalmente dopo di essa faccio sempre più fatica a provare “immedesimazione” nella nuova ondata di produzioni targate Marvel e DC.

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Provare a conciliare l’attività di sceneggiatore e giornalista con quella di organizzatore di eventi artistici e culturali è un po’ un’illusione: il mio business principale resta quello della scrittura, poi la vita mi ha portato a praticare anche campi diversi, in una sorta di “schizofrenia ciclica” per cui capita spesso che tra coloro che conosco una parte abbia presente soltanto la mia attività di sceneggiatore e l’altra unicamente quella organizzativa, come se si trattasse di due curricola differenti che scorrono paralleli e scollegati l’uno dall’altro! In reaaltà i due campi finiscono inevitabilmente con l’interagire l’un con l’altro, e con l’arricchirsi a vicenda: come scrittore e giornalista porto nella gestione delle cose una visione più ampia ed eterogenea, mentre avendo a che fare con budget, logistica e decisioni a lungo e breve termine sono stato costretto ad assumere un pragmatismo che  spesso e volentieri nel mio settore tende a venire trascurato.

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Nella prima edizione di Sotto18 avevo già fatto parte dell’organizzazione, ora torno per questa 17.ma in veste di vice direttore, con Steve della Casa al timone; è stato in pratica trapiantato quello che fino al 2013 è stato il direttivo del Roma Fiction Fest, e l’ottica è di aprire le porte a nuove discipline, al web, alla crossmedialità. Soprattutto, di non limitarsi alle proiezioni, che ovviamente ci saranno, ma intendere il festival come gli “extra” di un dvd: in un’epoca in cui, purtroppo, si “scarica” quasi tutto dalla rete e dunque avere effettive anteprime inedite è molto difficile, occorre puntare molto sui “Bonus“, ovvero su incontri con registi e produttori, approfondimenti di critici e giornalisti, e sconfinamenti verso altri media quali il fumetto. In sintesi, dare risalto a tutto ciò per cui il valore aggiunto diventa l’essere “fisicamente” presenti all’evento.

Fondamentale, in tale prospettiva, diventa il “fare rete” con le altre realtà torinesi, magari sotto l’egida e il coordinamento del Museo del Cinema, mantenendosi in continuità con la lunga tradizione del Sotto18, che si è sempre mantenuto su ottimi livelli qualitativi ma, per motivi anzitutto “politici”, è rimasto comunque ai margini del sistema cinematografico cittadino: ecco, l’idea è di rilanciarlo a tutti gli effetti al centro di esso.

A tal scopo anche la modifica delle date (quella 2016, dal 2 al 7 dicembre, sarà l’ultima “invernale”, dalla prossima si svolgerà in aprile per cui questa e la prossima, assai ravvicinate, costituiranno una sorta di “edizioni gemelle”, n.d.G): capitalizzare la “primavera torinese“, dato che Torino è diventata un polo turistico sempre più attrattivo anche per un pubblico di bambini e ragazzi, mentre quello di dicembre rappresenta un contesto per molti versi “infelice”, con la ripresa delle scuole, il clima rigido, e la vicinanza con il Torino Film Festival. E’ il motivo per cui di solito non si organizzano festival in quel periodo, e alla resa dei conti finora il Sotto18 aveva svolto una funzione di “tappabuchi” da cui si vorrebbe decisamente farlo riemergere. Inserendolo, perché no? anche in pacchetti turistici che attirino sempre più il pubblico verso le eccellenze torinesi, anche in campo cinematografico.

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“Il prezzo dell’onore” (Le Storie Bonelli, 31) Soggetto e sceneggiatura di Fabrizio Accatino; disgni di Paolo Bacilieri; cover di Aldo Di Gennaro.

Le scuole resteranno sempre il “bacino di riferimento”, operando però una distinzione tra il concorso per studenti e quello “Off”, che ci aiuterà anche a livello organizzativo, soprattutto nei primi tempi, dato che l’avvicendamento del direttivo è avvenuto solo a fine febbraio e i tempi sono dunque molto ristretti: l’ottica è comunque quella di gestire due tappe di uno stesso percorso, con l’intenzione, probabilmente dal terzo anno in poi, di unificarle e mantenerle entrambe in aprile.

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Dylan Dog Cover

Il nuovo Sotto18, per quanto fedele ai propri principi fondanti, vorrebbe comunque aprirsi anche a fasce di età più “adulte” – e non si escludono a tal proposito variazioni anche nella titolazione del festival. A tale scopo si incrementerà l’interazione con i poli universitari (senza però estendere il concorso a questa tipologia di studenti, troppo avvantaggiata per esperienza e possibilità logistiche), e gli atenei torinesi saranno, a tutti gli effetti, partners della manifestazione. E’ ancora troppo presto per annunci ufficiali su ospiti e programmi, ma è certo che vi saranno sinerge col Politecnico e con la Film Commission, e per cominciare abbiamo già annunciato che il regista Dario Argento, oltre ad essere una delle “guest stars”, animerà un workshop sul cinema horror per il corso di ingegneria del cinema e della comunicazione del Poli, a cui legheremo, in nome di quegli “sconfinamenti” di cui parlavamo prima, anche iniziative per  il trentennale di Dylan Dog . Insomma, non solo sostegno morale ma effettiva partnership tra festival ed enti accademici locali. Ancora da ipotizzare ulteriori collaborazioni, per esempio con la View Conference, in modo da mantenere attive delle “code” prima e dopo il festival, e non isolarlo all’interno della propria collocazione temporale.

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Una delle sceneggiature di Fabrizio Accatino per “Dylan Dog”: suoi soggetti e sceneggiatura, disegni di Luca Casalanguida, cover di Angelo Stano.

Sarà fondamentale potenziarne la copertura mediatica, anche grazie a rapporti stretti con network televisivi e radiofonici, prendendo in parte esempio dalla capacità di risonanza dei festival romani, come appunto il Roma Fiction Fest, che attira pubblico con le star e con la sua indubbia capacità di entertainment, ma senza che il “red carpet” prevalga sulle peculiarità torinesi, ovvero l’approfondimento dei contenuti  e il rapporto diretto con i professionisti del settore. A Torino si è sempre “parlato di cinema” prima ancora che ostentato “divismo”, e si tratta di strappare questo fertile ambiente alla propria “istintiva” inclinazione alla ritrosia e all’anonimato, instillare in esso maggiore overstatement e convinzione nei propri mezzi, senza per questo scimmiottare altre realtà che, appunto, hanno caratteristiche diverse.

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Fabrizio Accatino durante una edizione del Roma Fiction Fest in compagnia di Massimo Del Frate di Endemol Italia.

Purtroppo (brutte notizie per il direttore Goria!, n.d.G), avere come ospiti star televisive come Richard Castle (Nathan Fillion)  &  Abby Sciuto (Pauly Perrette) sarebbe ancora fuori target, ma la serialità come mezzo espressivo declinato dai nuovi media verrà di certo analizzata e presa in considerazione, soprattutto nel caso del web; anche perché ormai le serie hanno di fatto sostituito il cosiddetto “cinema popolare” nell’immaginario del pubblico generalista: un tempo la “casalinga di Voghera” dal parrucchiere parlava  di Amedeo Nazzari, oggi spasima per Gabriel Garko… o per il bel dottore di Grey’s Anatomy!

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Essendo presente nello staff di Sotto18 anche Emiliano Fasano, consigliere di Asifa Italia e spesso coinvolto con realtà dedicate ai più giovani, come ad esempio il francese Mon Premier Festival, un’idea interessante potrebbe essere quella di introdurre percorsi di “alfabetizzazione alla visione dei film in sala” rivolti a bambini e genitori, tenuto conto che sempre meno gente frequenta i cinema e quando lo fa sembra incapace di concentrarsi sullo schermo, restando perlopiù connessa ai propri apparecchi. Lezioni di “fruizione effettiva” e meno passiva del mezzo sarebbero non solo un viatico per aiutare la rinascita delle sale cinematografiche, ma anche un esercizio propedeutico per ulteriori discorsi rivolti alla conoscenza dei numerosi mestieri di cui il cinema è composto: non solo il regista e l’attore, ma anche le maestranze, dai tecnici ai facchini. Nelle produzioni odierne, se è vero che gli attori provengono quasi sempre dalla capitale, è altrettanto vero che locations come Torino risutano assai gettonate, e che proprio qui possediamo alcune tra le migliori eccellenza tecniche e artistiche. Valorizzare tutto ciò, è una delle sfide che ci proponiamo. Gettare luce su questi ruoli, far sapere agli aspiranti che malgrado il contesto non sia più quello che un tempo permise ad Alberto Sordi o a Tarantino di partire da lavoretti umili e comparsate per poi “salire la scala”, e che difficilmente è possibile oggi “gettarsi su un set” come allora, esistono comunque diversi modi per approcciare il settore, e che non occorre essere sempre delle “star” ma sforzarsi di diventare ottimi artigiani a volte può risultare biglietto da visita anche migliore per una lunga carriera. Oltretutto, grazie ad attuali strategie di rete (vedi il caso della piattafroma Artella promossa da Animation Mentor On Line, e il progetto “globale” MILA di Cinzia Angelini) anche il dover essere inseriti in realtà “forti” non è più una conditio sine qua non: il sogno può essere costruito anche per vie autonome e indipendenti, purché inserendosi in un contesto di collaborazione solido, organizzato e consapevole. Un modus operandi che potrebbe altresì consentire di sperimentare più ruoli, assumendo molteplici competenze che aiuteranno ad orientarsi verso ciò che è più congeniale al proprio personale talento.

Non da escludere a questo proposito eventuali incontri e masterclass con realtà emergenti del settore, quali ad esempio la MAD Entertainment, factory napoletana oggi tra le prime 4 in Europa come eccellenza produttiva. Anche per dare finalmente lo spazio che meritano a queste realtà virtuose e spesso, purtroppo, alquanto “trascurate” in patria. Esempio di Travel Companions, webserie di Ferdinando Carcavallo e Luca Napoletano che nel 2011 vinse a Los Angeles come miglior prodotto comedy in lingua straniera e che continuò ad avere successo grazie a un massiccio “passaparola”.

Sono linguaggi da non lasciare solo in mano a dilettanti spregiudicati, come oggi accade sempre più spesso: purtroppo, il gusto della audience è stato negli ultimi anni sempre più orientato verso il basso, verso una sintesi assoluta che ormai renderebbe quasi impossibile la fruizione di monologhi complessi e “stratificati” come quelli di Franca Valeri e Walter Chiari; la tv e il web non si possono più permettere, o ameno la pensano così, tempi “troppo” lunghi e la soglia di attenzione pare non poter superare, e non solo tra i giovani, un limite massimo di 10-15 minuti, pena la perdita del grande pubblico. E’ un fattore da tenere in debita considerazione, senza per questo  dover “sbracare”: occorre almeno provare ad alzare un minimo l’asticella!”

E noi, nel nostro piccolo, proveremo ad aiutarvi a farlo.
Grazie mille, Fabrizio, speriamo di parlare di nuovo con te in occasione dell’inizio del Festival; nel frattempo, buon lavoro e, naturalmente… FORZA TORO!!!

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Anche Fabrizio è un MILA FAN!