13 Febbraio 2016 12:00

L’arte è un maglione ben fatto: intervista a Beatrice Borghini

Avevamo già parlato su AfNews di Beatrice Borghini, brava illustratrice, animatrice e concept artist, nonché membro della “MILA’s Family” per la quale ha curato il design dei titoli di coda del corto di Cinzia Angelini entrato recentemente nella fase finale della produzione. In questa intervista, gentilmente concessaci, avremo modo di conoscere un po’ meglio la sua attività professionale e la sua opinione sul cinema di animazione e sulla condizione lavorativa degli artisti italiani andati, come nel suo caso, a lavorare e a vivere all’estero.

GZ: Cosa ti ha spinta verso il cinema di animazione? Puoi raccontarci un po’ meglio in cosa consiste il tuo lavoro? Quale delle tue varie specializzazioni artistiche attualmente stai impiegando di più?
BB: Ho sempre disegnato, anche da piccolissima. Il cinema, e non solo quello di animazione, è stato uno dei miei grandi interessi. Quindi, mettendo insieme disegno e cinema, sono approdata all’ animazione.
Al momento lavoro nel settore dei games: faccio parte di un design team fatto di designers, illustratori e animatori che si occupa del lato artistico dei giochi. Io lavoro principalmente come animatrice 2D e, spesso e volentieri, come illustratrice.

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GZ: Come sei entrata a far parte della MILA’s Family, e cosa ti ha conquistato di questo progetto?
BB: Sono venuta in contatto con Mila tramite il web: ho visto che reclutavano persone per collaborare a questo progetto e mi sono subito interessata, principalmente per due ragioni.
La prima è la storia di Mila, e il periodo storico in cui si svolgono i fatti: un capitolo particolarmente difficile nella storia d’Italia e di cui noi, che pur non l’abbiamo visto con i nostri occhi, abbiamo sentito l’eco attraverso le memorie dei nostri nonni e dei nostri genitori.
La seconda ragione per cui il progetto di Mila mi ha subito coinvolta è dovuta al fatto che la parte di progetto su cui mi si offriva di lavorare era quella dei titoli di coda: ho sempre nutrito un certo interesse per i titoli dei film, perché spesso offrono spunti di sperimentazione dal punto di vista del design e dell’animazione. Tra i miei preferiti ci sono i titoli fatti da Saul Bass tra cui, per citarne solo alcuni, Psycho, It’s a mad mad mad mad world, The man with the golden arm, Around the world in eighty days.

GZ: Il contesto britannico ha regalato all’animazione diversi maestri e realtà produttive di rilevanza internazionale: per la tua esperienza, e valutando eventualmente anche realtà come l’irlandese Cartoon Saloon, è attualmente ancora tra i migliori e quindi consiglieresti ai neofiti di affrontarlo?
BB: Penso di sì. Il Regno Unito ha una buona produzione di games, effetti speciali e animazione. In questi settori ha un’offerta di lavoro piuttosto competitiva rispetto a molti Paesi tra cui anche all’Italia. Ci sono alcuni studi grandi (Aardman per esempio) e molti studi medi e piccoli.

GZ: Come appare nei disegni per i titoli di coda di MILA, il tuo è uno stile che si sposa molto bene con quello “illustrativo”: hai progetti editoriali anche nel campo della letteratura per ragazzi, di cui tra l’altro l’Inghilterra è una “storica” roccaforte?
BB: Sí, in effetti sto puntando anche all’editoria sia qui che in altri Paesi, inclusa l’Italia.

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GZ: Ormai pare che per un animatore italiano diventare “globe trotter” non sia più una scelta quanto una necessità data dalla carenza di opportunità “serie” in patria: che ne pensi? Oltre a costituire un arricchimento personale per il profssionista, tale costante “sradicamento” degli artisti non ha constribuito a far sì che in Italia venisse sempre più a mancare un’identità propria almeno nel campo dell’animazione? In Italia ci sono attualmente autori e realtà produttive con cui ti piacerebbe collaborare?
BB: In molti ci siamo spostati dall’Italia in cerca di occasioni di lavoro migliori. Per me e’ stata una necessità: facevo fatica ad immaginare un futuro in cui, rimanendo in Italia, potevo fare questo mestiere e mantenermi economicamente senza problemi.
Sicuramente lavorando all’estero ho avuto l’occasione di imparare dall’ambiente in cui mi sono installata, e dalle persone che ho avuto la fortuna di incontrare. Questo ha reso il mio percorso di artista più stimolante.
La grande migrazione di artisti non è rassicurante per quanto riguarda il futuro dell’animazione italiana, anche se, onestamente, credo che una vera identità italiana in questo campo fosse già svanita molto tempo prima della fuga degli artisti dell’ultimo decennio.
Ciò non significa che in Italia non ci siano studi validi e talenti, anzi. Qualcuno è rimasto in patria e ha realizzato degli ottimi lavori: Dadomani Studio, per esempio, è una di queste realtà.
Può essere che in futuro, come succedeva con gli emigranti del passato che tornavano a casa per investire i loro guadagni, anche alcuni artisti nostrani torneranno indietro con il loro tesoro di competenze. Affinché questo avvenga, però, ci vorranno condizioni economiche e culturali favorevoli sulla cui realizzabilità, onestamente, non so fare previsioni.

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GZ: E’ un momento di grande dibattito sulla visibilità e il ruolo delle autrici donne nel cinema, e associazioni come Women in Animation e Geena Davies Institute si stanno battendo per far riconoscere pari diritti entro una decina d’anni… è realistico, secondo la tua esperienza? L’animazione viene spesso tacciata di essere “un universo al maschile”, ma una lavoratrice del settore cosa “percepisce” effettivamente di questa realtà?
BB: Nella mia esperienza personale devo dire che non mi sono mai sentita discriminata in quanto donna, né dal punto di vista salariale né nel rapporto con i colleghi maschi.
Tra gli animatori ho incontrato prevalentemente uomini, ma tra i concept artists, i producers e i designers ci sono parecchie donne. Anche quando studiavo animazione la situazione era la stessa: più ragazzi che si dedicavano all’animazione, e più ragazze che preferivano altri ruoli nella produzione. Credo che la minore percentuale di donne animatrici dipenda proprio dal fatto che le donne generalmente preferiscono coprire altre funzioni.

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Su quest’ultima questione, su cui i pareri sono variegati e non di rado contrastanti, e sulla quale torneremo spesso, ringraziamo Beatrice per la disponibilità e la cortesia dimostrate, augurandole il meglio nella sua professione come nella vita.

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In fondo, il lavoro artistico è come ricamare:  quando è ben fatto, il risultato finale riscalda la vista e il cuore… come un bel maglione di lana!

(Immagini e video di Beatrice Borghini – salvo quelli di Saul Bass, tratti da Youtube – la quale li ha cortesemente concessi a corredo dell’intervista).