11 Febbraio 2016 14:00

Torino come Hollywood? Sì, ma per davvero!

E se anche Torino, nella sua collina, avesse la sua versione piemontese? L’idea nasce da un giovane artista torinese, Luca De March, ed è già stata presentata in Comune.

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«Illuminata, per essere visibile anche la notte, recherà la scritta «TURIN», in modo da sottolinearne l’internazionalità e la propensione della città verso l’Europa, ma anche – e soprattutto –  la piemontesità (Turin, in dialetto), quella piemontesità che ha permesso a Torino, da sempre esempio di accoglienza e integrazione, di reinventarsi da città prettamente industriale a polo culturale di caratura mondiale».

Diversamente dalla celebre scritta originale, l’installazione torinese sarà aperta all visita di cittadini e turisti. L’obiettivo è quello di inserirla fra le mete da visitare e farla diventare uno degli emblemi della città, replicato su guide e cartoline, con una notevolissima risonanza mediatica. L’opera, dal titolo «Qui non è Hollywood», crea un ponte culturale fra la capitale mondiale e la capitale italiana del cinema, dando ulteriore spinta alle eccellenze nazionali che hanno sede a Torino. (fonte: http://www.diarioditorino.it/torino/articolo/?nid=20160203_373879)

Non ho elementi a sufficienza per valutare una proposta del genere al di fuori della semplice “provocazione”, ma approfitto della notizia per proporre una riflessione: ha senso “imbellettare” in tal guisa il volto della “capitale” piemontese e imbucarla di straforo al “ballo mascherato delle celebrità” (cit. De Andrè), come fosse una Cenerentola provinciale ansiosa di partecipare alla “Notte degli Oscar” soltanto per poter vedere, almeno una volta nella sua vita, le “stelle der cinema”? Su una cosa sono pienamente d’accordo: Torino NON è Hollywood, e dunque non ha alcun bisogno di scimmiottarla.

Almeno, non nel mero senso del “look” (che in piemontese “luc” vuol pure dire “allocco”!).

Piuttosto, proviamo a valorizzare sul serio le nostre eccellenze. Non limitiamoci a decantarle quando scopriamo che altrove lo fanno già.

Crediamo in esse. Rispettiamone la peculiarità e su di essa fondiamo un circuito virtuoso di talento e professionalità, consapevoli delle potenzialità artistiche e di mercato che esse garantiscono in questo mondo ormai globalizzato ma anche intimamente affamato di individualità “forti”.

Torino, come ho già più volte sottolineato, potrebbe già essere la capitale italiana del cinema: mi perdonino i colleghi romani, ma a fronte di risorse sempre più limitate e di, siamo sinceri, ben minore riconoscimento istituzionale da parte della politica, questa città sa offrire da anni un patrimonio di idee, creatività e cultura che gareggia, e talvolta supera, quello di numerose realtà prestigiose in Europa e nel mondo.

Ma Torino è anche un luogo strano, chiuso e diffidente, una comunità che spesso rema contro a se stessa e contro i propri figli troppo “ribelli”. Che ostenta quarti di nobiltà ma, nei fatti, preferisce crogiolarsi in un ostinato provincialismo che, ottusamente, finisce con il sacrificare la concretezza a vantaggio di futili orpelli e cotillons, destinati ad ammuffire e a decadere per mancanza di autentica sostanza.

Parla diverse lingue, ma non dimentica mai il dialetto. E’ Italiana, dopotutto! Nel bene e, purtroppo, nel male.

Noi ce li abbiamo già i “ponti” con la Mecca della Settima Arte: si chiamano Museo del Cinema, Torino Film Festival, CSC Dipartimento Animazione… per fare solo qualche esempio.

Abbiamo, e gradiremmo continuare ad averla, la VIEW Conference, evento numero uno in Italia sulle tecnologie digitali (e tra i principali a livello europeo e mondiale) – altro che “non molto famosa“! Senza negare l’appoggio e il contributo di sindaco e istituzioni, sarebbe il caso di riconoscere una volta per tutte il prestigio di cui gode questa manifestazione purtroppo sempre “a rischio trasloco”. Studios importanti come Dreamworks e Sony Pictures pagano di tasca propria il biglietto pur di spedire i loro relatori nel capoluogo sabaudo (non certo per pappare gianduiotti, presumo), e diversi grandi artisti internazionali fanno lo stesso, proponendosi come candidati anche un anno prima pur di esserci. Arrivano, conoscono una città bellissima (quando vuole) e un contesto professionale (malgrado tutto) fertile ed interessante, con una potenziale forza lavoro giovanile ancora entusiasta e aperta a nuove esperienze professionali, la quale a sua volta scopre affascinata quanto il cinema, l’animazione e i games non siano monadi isolate tra loro ma bensì universi onnicomprensivi in cui possono interagire le più svariate forme di comunicazione. Walter Murch, l’anno scorso, ci spiegò come “cantano” le stelle nello Spazio profondo…

A proposito, proprio a Torino sono stati costruiti  diversi moduli della stazione internazionale orbitante da cui la nostra Sam Cristoforetti ha svelato quanto sia buffa e meravigliosa la Terra vista da Lassù.

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Walter Murch, professione “sound designer”: un pezzo di storia del cinema in visita a Torino.
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Torino vista… dalle stelle (quelle vere!) – foto Cristoforetti

Nel frattempo la politica nostrana si trovava a cena da qualche parte, con qualche importante “investitore” del settore moda/gastronomia, del tutto ignara, e ignorante, di come il futuro non stia scritto nelle chiacchiere… o in una scritta roboante. Per quanto grande essa sia.

Il futuro è già qui, ha molte voci e bisogna imparare a parlarne il linguaggio… altrimenti il rischio è di ritrovarsi analfabeti.

Eric Rittatore

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Alessandro Carloni, italianissimo co-regista del terzo capitolo di “Kung Fu Panda”, campione di incassi in Cina e USA: ospite anche lui della VIEW 2015, e tra coloro che più hanno sottolineato l’enorme e riuscitissimo lavoro della direttrice Maria Elena Gutierrez.