16 Gennaio 2016 11:22

Dio non vive in una foto, e nemmeno in una vignetta

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Notizia qui: http://www.lastampa.it/2016/01/14/multimedia/esteri/aylan-da-grande-uno-stupratore-charlie-hebdo-di-nuovo-nella-bufera-ycJPFleMli3olNVbwElOPN/pagina.html

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E qui: http://nytlive.nytimes.com/womenintheworld/2016/01/15/queen-rania-responds-to-controversial-hebdo-cartoon-with-sketch-of-her-own/

Lo affermo senza tentennamenti: quella di Charlie Hebdo è stata una provocazione di pessimo gusto, un cazzotto mirato allo sterno dei cosiddetti “benpensanti” ma che anzitutto ha colpito al cuore persone il cui privatissimo dolore dovrebbe essere oggetto di rispetto e discrezione anche se ormai assurto a simbolo di una tragedia globale che, giustamente, rappresenta il fulcro della cronaca del nostro quotidiano. Del resto, non è che, sul tema, i nostri si siano limitati alla suddetta “gag”:

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Ciò detto, la valanga di critiche, indignazioni e insulti piovute sull’autore della vignetta (Laurent Sourisseau, in arte Riss), e sui suoi “mandanti”, mi ha suscitato altrettanto, se non superiore, fastidio. La “replica” della regina Rania di Giordania, pur nella sua inevitabile declinazione retorica, si è comunque collocata sul medesimo piano espressivo di Charlie: il disegno e la rappresentazione grafica di un’ipotesi di futuro che, purtroppo, per il protagonista delle vignette si è interrotto tragicamente tra i marosi della Storia recente.

Un”duello” ad armi pari, e a mio avviso senza vincitori né vinti, dato che a ciascun lettore resta la libertà e l’arbitrio di optare per una “visione” o per l’altra, in base ai propri convincimenti in merito.

L’onda forcaiola e “giustizialista” montata su tv, socials e carta stampata, invece, mi è parsa, e mi appare tuttora, come il rigurgito vischioso di un’opinione pubblica ancora ferita da ben altra “provocazione” del periodico francese:

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… che, se in precedenza poteva essersi sentita “inibita” dagli eventi luttuosi recenti – uno dei quali riguardava direttamente la redazione della rivista “incriminata”, di cui si celebrava pure l’anniversario, “concedendo” così ai “reprobi” e mal tollerati fumettisti una sorta di riottosa impunità – ora, sdoganata dalla “presa in giro” dell’icona più abusata dell’evo moderno, ovvero “l’Infante Vittima Innocente“, che in questi giorni aveva trovato l’ennesima efficacissima incarnazione nell’ormai “virale” fotografia del bambino morto sulla spiaggia della Turchia, si è sentita di nuovo legittimata (ma una singola morte di minore “vale” più di quella di numerosi adulti?) a dare addosso senza freni ai “cattivi ragazzi” di Charlie.

Un’immagine sparata in tutto il mondo a titillare il sentimentalismo e, soprattutto, l’indignazione “pelosa” dei Mediomen di ogni dove, molti dei quali non aspettavano altro che di poter indirizzare la rabbia e il risentimento già in incubazione dentro di loro. Non dubito che anche tra i seguaci di Isis, responsabile principale della fuga disperata di migliaia di profughi come quello dell’istantanea, avranno approfittato della tragedia per gettare un po’ di benzina sul fuoco del proprio odio anti-Occidente.

Come gli ormai proverbiali “bambini innocenti di Gaza“, anche Aylan Kurdi, ormai “adottato” dai media e ribattezzato globalmente “il piccolo Aylan“, è stato fagocitato nel calderone dei simboli ideologici, alibi loro malgrado per legittimare ritorsioni e nefandezze di ogni tipo.

Insomma, la pietà e la commozione che diventano concime per sentimenti tutt’altro che affratellanti o compassionevoli.

Sentimenti il cui detonatore sarà stato sì il discutibilissimo disegno di Riss, ma le cui radici, a parer mio, sono ben salde in quella deleteria e, sempre a mio avviso, non abbastanza analizzata “guerra civile fra pseudo religioni” che si sta in ogni modo cercando di alimentare, da Occidente a Oriente, e viceversa.

Chiamo “pseudo” questo tipo di sistemi di credenze e di (sedicente) “conflitto culturale”, poiché ho un’opinione ben più alta della Religione e non ritengo che pregiudizio, superstizione, antiquate usanze locali e ottusa fedeltà a principi antidiluviani costituiscano il miglior modo di sfruttare le potenzialità spirituali e intellettuali di una fede sincera.

Charlie ha scoperchiato il “vaso di Pandora”: il “mandante” dei crimini recente perpetrati “in nome di (un) dio” è ancora in fuga; le stragi più attuali sono di matrice islamica, eppure questa sanguinaria entità viene rappresentata con le fattezze dell’Essere Supremo giudaico-cristiano… come a dire: la colpa non è di Dio o di Allah, bensì della distorta rappresentazione che il fanatismo vuole darne per scatenare, in ogni epoca e contesto, l’uomo contro i propri simili.

Quello ritratto da Charlie non è Dio, non è Allah, neppure Yahweh.

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Ebbene sì – direbbe Nick Carter – in uno dei suoi più riusciti mascheramenti, c’è sempre e solo Ballà, idolo di chi ha barattato la propria anima con un opuscolo ammuffito ed un fucile. Ma anche di coloro che si ritengono migliori degli altri perché vivono in contesti dove l’attualità del quotidiano permette senza rischi di giudicare con sdegno e pregiudizio la condotta e il pensiero di chi non appare “conforme” ai cosiddetti “valori non negoziabili“.

E, purtroppo, rischia di vincere lui questa volta.

Voglio lanciare una provocazione anche io: un bambino qualunque che viene oggi educato in Italia, fuori da contesti “pericolosi” o “degradati”, con famiglia regolare e saldi principi alle spalle, senza la necessità di dover affrontare lunghi e pericolosi viaggi per sopravvivere… quante probabilità ci sono che diventi un molestatore di donne, o addirittura un assassino? Leggiamoci la cronaca recente, e scopriremo che non sono elevate ma neanche irrisorie.

Ecco: “chi è senza peccato scagli la prima pietra” – diceva Colui.

Purtroppo, la maggioranza tende a comportarsi come le donne barbute in Brian di Nazareth dei Monty Python:

Inoltre, sarebbe ora di rendersi conto (per davvero) che continuare a ripetere come un mantra “i bambini non si toccano”, mentre li si sventola come clave per opporsi a tutto ciò che non ci piace, che siano fumetti o unioni civili “contronatura”, potrebbe, alla resa dei conti, risultare non solo contradditorio ma decisamente stucchevole, oltre che ben più di “cattivo gusto” di qualsiasi vignetta.

Ecco, “non tocchiamoli” per davvero, ‘sti poveri bambini, non facciamone delle pale d’altare da strumentalizzare come è avvenuto per certe vittime dell’arretratezza sociale che, dopo essere state lasciate in balìa del degrado e della brutalità nell’indifferenza più totale, hanno anche dovuto trasformarsi in “martiri” e quindi in vessilli di quella stessa “moralità” che li aveva condannati a prematura dipartita.

Per favore: non “santifichiamo” un corpicino steso su una spiaggia per poi “demonizzare” la sua famiglia perché viene a invadere i nostri “sacri” confini geografici e mentali; perlomeno, non impadroniamoci anche del loro dolore per alimentare la nostra paura e il nostro astio. Se ci suscitano tanta pena le vittime di questa immane tragedia, facciamo del nostro meglio per aiutarle, ma sfruttiamo altresì tale empatia per essere, nel nostro presente e con coloro che ci sono vicini, realmente “migliori“.

Anche, e soprattutto, con i nostri figli, insegnando loro che – come ci dice il Gatto di Sfar:

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Ed è altrettanto sbagliato farne il mandante dei propri maldipancia o, peggio, di tutte le stupidaggini che pensiamo, diciamo, e spesso combiniamo “in Suo nome“.

E’ tempo, io auspico, di abbracciare una sorta di “nuovo a-teismo”, nella concezione di “lasciar fuori” il povero Dio dalle nostre beghe materiali e meramente pragmatiche, per restituirlo alla Sua vera funzione di “sublime traguardo”; ovvero, un limite e un orizzonte che sappiamo irraggiungibile ma cui tendere ogni giorno, ciascuno con i propri mezzi e possibilmente in armonia col prossimo, nella ricerca di un costante miglioramento di sé che non miri a prevaricare o a prevalere su quello degli altri individui, e della collettività.

Mica facile, lo so.

Ma potrebbe risultare più costruttivo che piangere o sbraitare davanti a una fotografia.

Eric Rittatore

Una risposta a “Dio non vive in una foto, e nemmeno in una vignetta”

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