19 Dicembre 2015 09:00

Non è “roba da matti” provare a salvare il Museo Luzzati!

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Perché il leone che fa la guardia, con il suo compare, alla Cattedrale di San Lorenzo di Genova ha l’aria così triste e smarrita?

Forse perché anche lui ha sentito dire che il Museo Luzzati, dedicato a uno dei suoi concittadini più illustri e significativi, quell’Emanuele “Lele” Luzzati di cui le istituzioni si ricordano sempre quando si tratta di sfruttarne la fama riflessa ma raramente quando è il momento di dare un contributo effettivo al proseguimento della sua opera, oggi rischia seriamente la chiusura.

C’è la crisi –  si dirà – ci sono cose più urgenti da trattare rispetto a un piccolo museo ‘per bambini’.”

Dipende.

Intanto, un museo è sempre un museo, ed è meglio mantenerne in vita uno piuttosto che rimpiangere in seguito di non averlo fatto e spendere cifre folli per mettere su qualcosa che non si avvicinerà nemmeno all’originale; ma, soprattutto, sarebbe ora di chiedersi perché quando si parla di realtà culturali e artistiche in crisi la reazione media debba essere sempre improntata all’indifferenza e alla minimizzazione, come se la perdita di una libreria, di una biblioteca o, appunto, di un museo, rappresentasse un fatto di poco conto, come se non ci lavorassero delle persone (professionisti e volontari), o in essi non si fossero messi in gioco energie, soldi e tanti progetti destinati così a finire in cenere.

Si organizzano (giustamente) scioperi, cortei e campagne mediatiche di ogni genere per tenere in vita fabbriche, uffici e negozi che spesso e volentieri si rivelano destinati poi a rimanere in una sorta di “animazione sospesa”, ma la politica interviene perché il peso elettorale di questi salvataggi è rilevante; se chiude un enteche promuove la cultura, non solo attraverso i cosiddetti “grandi eventi” ma con una continua e capillare attività di formazione e trasmissione della memoria, a parte qualche moto di indignazione e sterili manifestazioni di solidarietà, la questione passa velocemente in cavalleria.

Perché, ci hanno detto, “con la cultura non si mangia“.

Nossignori, replico io: non si mangia se non si è capaci di cucinarla come si deve.

E “saper cucinare” significa pure educare la popolazione alla consapevolezza e alla fruizione responsabile del proprio patrimonio nazionale, altrimenti è assai difficile che essa sappia come viverlo e “sfruttarlo” adeguatamente. In media, ci si guarda bene dal farlo, attribuendo alla “endemica inciviltà” degli Italiani ciò che non è altro che il frutto dell’assenza generale di politiche pedagogiche concrete e programmatiche.

Un Paese come il nostro dovrebbe camparci, e bene, sulle risorse culturali e ambientali, ma tempo fa ha deciso, consapevolmente, di non investire in tal senso e di barattare la tutela del patrimonio territoriale con una sorta di “complicità collettiva” tra governo e cittadini; un “patto scellerato” (e sciagurato) in cui il bene collettivo è stato sostituito con la cura indisturbata del proprio, grande o piccolo, orticello.

Non lo dico io, lo spiegò assai chiaramente il giornalista, politico e ambientalista Antonio Cederna, fondatore di Italia Nostra. Un intellettuale, autentico, di cui oggi si sente molto la mancanza.

Perdere il Museo Luzzati sarebbe uno smacco per Genova e una perdita incalcolabile per tutta l’Italia: l’ennesima. Non è retorica, è la realtà. Per cui, nel nostro piccolo, proveremo ad aiutarlo a sopravvivere.

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Giovedì siamo stati ospiti del Museo per goderci la suggestiva mostra dedicata al libro “Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll, opera che quest’anno ha festeggiato i 150 anni e qui vede i propri indimenticabili personaggi, dal Cappellaio Matto al Gatto del Cheshire, reinterpretati dallo stesso Luzzati (in modo più classico e teatrale) e dal bravo quanto inquietante Stefano Bessoni: , il quale ci regala un’Alice “undground” realizzata quasi in stop motion.

Qui sotto il reportage fotografico:

Orsù, dunque: aiutiamo il Luzzati a vivere e a regalarci altre emozioni. Ne vale la pena.

http://www.museoluzzati.it/sito/

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E ricordate: We’re all mad here… ma sappiamo riconoscere cosa vale la pena salvare!
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Per questo anche gli auguri li scriviamo con la matita “giusta”: buone feste a tutti!