6 Dicembre 2015 11:00

“Star Wars” non riporterà le donne al cinema: in tutti i sensi, ci sono già!

‘Star Wars’ was always a boys’ thing and a movie that dads could take their sons to, and though that’s still very much the case, I was really hoping this could be a movie that mothers could take their daughters to, as well. I’m looking forward to kids seeing this movie and seeing themselves in it and seeing that they’re capable of doing things that they never imagined possible.” (J.J. Abrams)

fonte citazione: http://www.huffingtonpost.com/entry/jj-abrams-star-wars-feminist_565c6a71e4b072e9d1c26464

Uhm.

Doppio uhm.

Mi pare, quella succitata, una di quelle affermazioni piene di buone intenzioni e apertura verso il futuro che però denotano, alla resa dei conti, una scarsa – strano a dirsi, mi rendo conto, in questo caso – conoscenza della composizione reale del proprio pubblico e, soprattutto, la persistenza di una visione alquanto “obsoleta” riguardo al mondo maschile e quello femminile, visti tuttora come ambiti separati che seguono logiche e regole affatto diversi.

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La “capostipite” Leia Organa

Che Star Wars sia da sempre una “faccenda da maschi” mi pare, e non da oggi, smentito dalla enorme quantità di seguaci fedelissimi che la saga vanta anche in campo femminile, ma comunque, tralasciando l’aspetto meramente inconografico del  personaggio, la principessa Leia Organa può dirsi a buon diritto una “pioniera” nel suo liberarsi (a parte il primo capitolo – o era il quarto?! – in cui inizialmente ricopre ancora tale ruolo) dalle scomode, e spesso succinte, vesti della “damigella in pericolo da salvare”; con il passare del tempo, e degli episodi, si sono poi moltiplicate le figure femminili all’altezza della situazione, dalla madre degli Skywalkers Brothers (nonché Signora Vader), Padmé Amidala, passando per soldatesse imperiali e guerriere Jedi fino ad arrivare alle altrettanto combattive eroine del nuovo ciclo diretto da Abrams, sia che esse siano schierate dalla parte della Forza (Rey) o del suo Lato Oscuro (Capitan Phasma).

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Mamma di Leia e Organa, ma temporalmente successiva alla figlia: Padmé Amidala, moglie di Anakin Skywalker, futuro Lord Darth Vader
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L’ultima arrivata, Rey: il suo ruolo è ancora tutto da scoprire

Insomma, non è che prima dell’avvento di “Mr. Lost” Star Wars fosse una sorta di confraternita al testosterone in cui le ragazze potevano accedere soltanto inzuppandosi la maglietta di birra mentre portavano salatini e birra ai maschietti riuniti davanti allo schermo… così come, lasciatemi dire, l’altra grande epopea cui l’ispirato J.J. ha messo mano (e anche bene), ovvero Star Trek, non è “rinata” solo nel momento in cui il regista vi ha innestato la sua passione per paradossi e puzzle narrativi: legioni di trekkers, maschi e femmine, ne avrebbero comunque mantenuto vivi i flussi sanguigni, magari in modo anche più fedele allo spirito originario.

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fonte: www.leortola.wordpress.com

Il punto “sensibile” però è un altro: le parole di Abrams sembrano descrivere una realtà famigliare in cui i padri e i figli maschi se ne stanno da una parte, condividendo interessi e valori comuni al loro genere, mentre madri e figlie femmine rimangono dall’altra coltivandone fra loro altri che – ragioniamo per contrapposizione, visto che è il regista stesso a stabilire una distinzione – probabilmente non hanno molto a che vedere con le tematiche e lo spirito di un film come Star Wars: magari preferirebbero un’opera romantica, molto parlata e con meno astronavi, robots e aggeggi complicati, o tutt’al più potrebbero sospirare dietro ad alcuni dei bei giovanotti protagonisti (ehm, non è più tanto il caso di Luke e Ian!), ma come potrebbero “reggere” tutto il resto che,  a quanto pare, è anzitutto “roba da uomini”?

E’ sempre il solito, irriducibile paradosso: se una donna ormai è in grado di pilotare un aereo, perché si può ancora sostenere impunemente che “guidare non è cosa da femmine”? E, se esistono (da tempo) personaggi volitivi e forti come, appunto, donne Jedi e guerriere spaziali, per quale inconscio condizionamento ci ostiniamo a “pensare” il pubblico femminile come “refrattario” al genere di opere cui queste figure appartengono? Senza contare che per una gran parte di ragazze i modelli cui “ispirarsi” spesso sono stati uomini, ovvero persone in grado, con il loro esempio, di spingerle a tirare fuori il meglio di sé, senza badare se fosse “congeniale” o meno al proprio “essere donna”.

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Quando si categorizza troppo si esce dal seminato: dopotutto, si sta solo parlando di cinema! (http://www.gocomics.com/boondocks)

Ehm… quando vado al cinema accompagnando mia nipote (ora ha 13 anni, ma non è che da bambina concepisse il mondo solo in termini di coniglietti e cuoricini) non posso fare a meno di notare che, nelle loro scelte, maschi e femmine risultano ormai decisamente trasversali, e anzi come le ragazzine si divertono parecchio a guardare i cosiddetti “film adrenalinici” (anche quelli horror, che io non sopporto). Se in compagnia degli amichetti maschi, non di rado si dimostrano le più accanite sostenitrici della “linea dura” in quanto a visioni “pesanti”; se invece vengono con le famiglie, la composizione fra i membri non è quasi mai padre/figlio o madre/figlia, ma possono esserci tutti gli effettivi come soltanto alcuni membri, e molto spesso mi è capitato con piacere di vedere padri in affiatatissima libera uscita con le proprie “ragazze” (non pensate subito male!), a riprova che per quanto condizionamenti e pregiudizi di genere siano ancora piuttosto forti, per fortuna le persone qualche passo in avanti lo hanno comunque percorso… e l’affetto in ciò ha giocato sempre un ruolo fondamentale.

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Star Wars dovrebbe essere soprattutto un grande spettacolo, “per tutti” nel vero senso del termine: proviamo a non soffocarlo con troppe analisi e preconcetti. (http://www.gocomics.com/boondocks)

Insomma, non scrivo queste righe per innescare una sterile e assurda polemica col bravo J.J. Abrams, il quale ha pronunciato le sue parole in totale buona fede, con le migliori intenzioni, e comunque ha il diritto di pensarla come gli pare… soltanto, il persistere di un certo tipo di visione schematica, e lasciatemelo dire “retorica”, della nostra società, nella fattispecie riferita alla rappresentazione di uomini e donne, non può non farmi temere che all’atto pratico, quando si tratterà di stabilire strategie, modelli e gerarchie di lavoro o di vita, anche il più illuminato (a parole) dei decisionisti o dei legislatori, a prescindere dal suo stesso sesso, non riuscirà comunque ad andare oltre i propri “paraocchi” culturali e, con le migliori intenzioni, finirà col decidere che una cosa (un film, un libro, una promozione, un diritto) non sia “adatta” a una determinata categoria, come in questo caso le donne, o che essa non vi si possa “identificare” (verbo che comincio ad odiare, e prima o poi spiegherò il perché), optando quindi per scelte “separatiste” che contribuiranno a mantenere inevitabilmente “iniquo”, ovvero non paritario, il rapporto fra i due generi principali.

Come, in effetti, accade spesso anche nel quotidiano.

A mio modesto parere, si può parlare di effettiva libertà quando viene concessa la possibilità di scegliere fra tutte le alternative a disposizione in un determinato contesto: se viene negato l’accesso anche a una sola di queste, rispetto ad un’altra categoria, o anche solo ambire ad esso viene fatto percepire come “non adatto” a ciò che si è, ecco che siamo di fronte a una limitazione della libertà, pure se spesso tale privazione viene socialmente approvata.

Io ritengo che, più che augurarsi che i bambini si “identifichino” (ach!) con i personaggi immaginari di una saga spaziale, per quanto popolare e amata, che siano essi maschi o femmine, sarebbe assai più decisivo – per il miglioramento dei rapporti fra i sessi e non solo – educare le nuove generazioni – ma anche quella vecchia, che non è mai troppo tardi per imparare! –  a un rispetto per il prossimo che non sia legato a distinzioni fittizie.

Insegnargli che chiunque, senza distinzioni di genere, religione, censo e orientamento sessuale, può – impegnandosi a fondo – realizzare i propri sogni, sarebbe forse dare loro una visione irreale di come funziona davvero questo mondo bellissimo e spesso ingiusto, ma io credo che contribuirebbe a farli sentire meno soli:  non più schiavi dei “si deve” che le convenzioni suddette impongono – spesso allo scopo di ghettizzare l’umanità in contesti sempre più piccoli e angusti, oltre che rigorosamente separati e ostili fra loro – bensì consapevoli che, lungo i marosi e i rovesci dell’esistenza, non tutti di certo saranno tuoi compagni di viaggio ma tutti , almeno potenzialmente, potrebbero diventarlo.

Senza distinzione.

Perché la Forza è ovunque: basta cercarla.

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Una risposta a ““Star Wars” non riporterà le donne al cinema: in tutti i sensi, ci sono già!”

  1. Yeah. Io sono uno di quei padri che va al cinema con la figlia (quando la figlia, ormai quattordicenne, non ci va con coetanei). Cioè, lei gentilmente mi porta con sé, a vedere film che piacciono a entrambi. Gli ultimi? Beh… Inside-out, Spectre e il prossimo sarà Star Wars VII. E condividiamo anche svariate serie tv. Non tutte ovvio: ciascuno ha anche i propri gusti diversi.

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