23 Giugno 2015 18:30

Modelling the future: the art and work of Angela Smaldone

Al recente Festival di Annecy uno dei temi portanti è stato il ruolo delle donne nel cinema di animazione, partendo dalla celebrazione di “regine” del passato quali Lotte Reiniger, Mary Blair e Claire Parker, passando per protagoniste di oggi come Florence Miailhe, Signe Baumane e Regina Pessoa, fino alle tante, tantissime giovani e talentuose artiste o aspiranti tali che hanno affollato le sale del festival e gli incontri al MIFA. Grazie anche agli esaurienti panels delle associazioni di categorie, in special modo la meritoria Women In Animation, si è potuto evidenziare quanto, a fronte di un evidente incremento delle professionalità femminili nel settore, la disparità di trattamento rispetto alla controparte maschile resti alquanto pronunciata, e questo malgrado ormai le competenze delle donne nell’animazione siano ben lungi dal limitarsi, come un tempo, ad attività basilari come coloritura e intercalazione, ma abbraccino tutti i settori dell’arte e della tecnologia. Duole, soprattutto, dover sottolineare una volta di più come, per quanto nel nostro Paese non manchino le eccellenze sul piano della didattica e della formazione professionale, il percorso per chi voglia realmente costruirsi una solida carriera sembri non poter prescindere, soprattutto se si appartiene al genere femminile, dalla “fuga” verso lidi esteri in cui, almeno, potersela giocare in base alle proprie qualità.

E’ il caso, ad esempio, di Angela Smaldone, barese, diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia di Torino e poi una ”vita da globetrotter”, prima per specializzarsi nel CGI modelling e quindi per lavorare su produzioni internazionali importanti quali “Despicable Me 2” (Cattivissimo Me 2), “Mune”, “Kirikou” e “The Little Prince”: una “scultrice” digitale che con la sua esperienza ci ricorda, fra le altre cose, quante professionalità occorrono per realizzare un film d’animazione, e quanto spesso in esse tecnologia e arte convivano armoniosamente.

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“The Little Prince” by Mark Osborne

I primi passi: perché la scelta di studiare animazione? Come sei giunta poi a specializzarti all’estero? Differenze che puoi indicare fra la didattica italiana e quella estera?

Quando ero al liceo, ho scoperto di avere una certa facilità a scolpire statuine di creta riproducendo fedelmente le sembianze di personaggi dei film di animazione che mi piacevano. Era un passatempo, ma anche un`attività che mi riusciva particolarmente bene e che mi divertiva allo stesso tempo. Allo stesso tempo coltivavo una passione estrema per il cinema. Quando ho dovuto scegliere la mia professione da adulta, ho cercato qualcosa che potesse combinare le due cose. Mi son recata per caso ad una rassegna di cortometraggi tra i quali ho scoperto `Creature comforts` di Nick Park che e` stata per me una vera rivelazione.

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“Creature Comforts” by Tim Parks

Uscendo dal cinema, sapevo che volevo diventare modellatrice per film d`animazione. Andare all`estero e` stata una scelta radicale, determinata anche un po dal caso. Terminato il Centro sperimentale di cinematografia a Torino, ho ricevuto una proposta di lavoro in Portogallo da José Miguel Ribeiro per lavorare sul suo nuovo cortometraggio in stop motion, “Sunday walk”, ho accettato e sono partita per Lisbona. Entrambe le didattiche sono valide: nel mio caso, ho potuto fare esperienza del corso triennale del Centro sperimentale di cinematografia e del Master in produzione de Les Gobelins e sono rimasta contenta di entrambi.

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Working on “Sunday Walk” by José Miguel Ribeiro

Dal lavoro come free-lance ad “Hotel Transilvanya 2”: puoi tracciare una breve storia del tuo percorso professionale? Come sei arrivata a collaborare a grandi produzioni?

Ho cominciato a lavorare su alcune serie televisive a Parigi: “Kaeloo” e “Les aventures culturelles de mr. Loutre”, su cui ho mosso i primi passi come modellatrice. Ho avuto poi la possibilita di integrare l`equipe modeling di “The Lorax” e dopo questo primo lungometraggio ho continuato su “Despicable me 2” (Cattivissimo Me 2), “Kirikou, les hommes et les femmes”, “Mune” e “The Little Prince”, specializzandomi in modellazione di personaggi. Dopo un colloquio di lavoro a Los Angeles, Sony Imageworks mi ha proposto di lavorare nel loro team di modellazione e sono partita in direzione Vancouver.

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Sei, traducendo il termine in modo approssimativo, una “scultrice di personaggi in CGI”: puoi spiegarci meglio in cosa consiste il tuo lavoro, e cosa ti ha portato a tale specializzazione?

La mia identità professionale oscilla tra la figura del Visual Development Artist (questo il temine tecnico per scultrice di personaggi in CGI) e CG modeler tradizionale. A seconda delle produzione e dell’ingaggio posso essere l`uno o l`altro o entrambi, l`uno dopo l`altro.

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Il VDA è lo scultore che traduce per primo in 3D un personaggio esclusivamente disegnato in 2D dal character designer, definendo volumi e proporzioni ed indovinando l`appeal del personaggio. Il modellatore è colui che riprendendo la scultura del VDA, riproduce il personaggio e lo conforma tecnicamente alle esigenze della pipeline produttiva di modo che tutti gli altri dipartimenti possano servirsene per fabbricare la marionetta che “reciterà” nel film.

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Provenendo da un background di scultura tradizionale, la modellazione e scultura digitale sembravano la scelta piu logica per poter impiegare il mio talento costruendomi allo stesso tempo una figura professionale spendibile nell`attuale mercato produttivo.

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“Mune” by Alexandre Heboyan e Benoit Philippon

Hai avuto modo di incrociare grandi personaggi dell’animazione, lavorando su film come “Kirikou”, “Cattivissimo Me 2”, “Mune” e “Hotel Transilvanya 2”, oppure all’estero si lavora su piani differenti rispetto ai “direttori d’orchestra”?

Ogni produzione è diversa l’una dall’altra, e l`essere o meno in contatto con il regista dipende da come la produzione e` strutturata, e quale sia la gerarchia di lavoro messa in atto. Su alcuni film ho avuto la fortuna di poter avere un dialogo con il regista, ma il piu delle volte si lavora in maniera piu diretta con il direttore artistico, o con il charachter designer, per chiedere poi l’approvazione finale del regista in separata sede tramite il supervisore del dipartimento oppure i coordinatori di produzione. In Francia come in Canada, le modalita di lavoro sono diverse a seconda della produzione. Sulle grosse produzioni internazionali in genere ci sono piu filtri produttivi tra l`equipe tecnica e il regista. 

Il tuo lavoro prevede comunque delle fasi in cui è importante avere delle basi di animazione tradizionale? Cosa ne pensi del “dibattito” sulla presunta contrapposizione 2D/3D?

 Modellazione e animazione (nel senso tecnico dell’animare i personaggi) non sono affatto relazionate, nel senso che sono due discipline diverse e non sono una propedeutica per l`altra e viceversa.

Cio detto, saper disegnare tradizionalmente e saper scolpire dal vero sono assolutamente un valore aggiunto, se non indispensabile al lavoro in digitale. Certo, si puo provare ad essere modellatori digitali senza aver mai toccato la creta, ma avere delle basi di scultura tradizionale fa la differenza. Si osserverà nel lavoro digitale una consapevolezza e una maturita di approccio diversa se si ha avuto inizialmente a che fare con il peso concreto della materia e ci si è confrontati con il problema di costruire qualcosa fisicamente.

Il 2D e il 3D sono due tecniche diverse non necessariamente contrapposte che rispondono entrambe ad un’esigenza di espressione della dimensione artistica e della narrazione delle storie. Il primo meriterebbe di rinascere come mezzo di espressione dell’animazione  in quanto ha pari valore del 3D. Occorrerebbe forse rilanciare la tecnica tramite qualche “mirata” campagna di marketing che sostenga quanto un film in animazione tradizionale possa avere esattamente lo stesso successo di pubblico di una produzione in digitale. Tutto dipende sempre dal tipo di storia raccontata, dal target di pubblico che si vuole raggiungere e dallo stile grafico prescelto. Ultimamente Sergio Pablos, veterano animatore Disney di origini spagnole, mi sembra abbia brillantemente raccolto la sfida e spero potra ottenere i mezzi di portar alla luce il suo `Klaus`, che almeno a giudicare dal trailer sembra un`opera eccellente. (Il regista ha parlato di questo progetto durante una conferenza all’ultimo Festival di Annecy, n.d.r.)

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“Klaus” by Sergio Pablos

Hai lavorato anche su “The Little Prince” di Mark Osborne, che ha fra i produttori Jinko Gotoh, una delle figure di punta di “Women In Animation”: che ne pensi dell’attuale posizione di forza delle donne nel mondo dell’animazione? Come professionista hai sperimentato mutamenti sostanziali nel tempo, e ritieni che il ruolo delle nuove associazioni che stanno nascendo anche in Europa, come “Women In Animation UK” e “Les femmes s’animent” contribuiranno realmente a mettere in equilibrio la posizione di uomini e donne operanti nel settore?

Quella dell`animazione rimane tuttora un`industria prevalentemente “al maschile”. Sono molto fiera di constatare che negli ultimi anni il numero di donne assunte per grandi produzioni sia aumentato, ma la disparità permane abbastanza evidente. Sono chiaramente entusiasta di iniziative come Women In Animation e Les femmes s’animent perche cercano di dare rilevanza pubblica, e quindi un certo riconoscimento globale, al valore dell`operato femminile nel settore, che non è poca cosa. Spero che in un futuro prossimo le percentuali possano cambiare ulteriormente con il raggiungimento di un effettivo equilibrio fra le parti. Per il momento l’esperienza rivela quanto sia ancora abbastanza faticoso, in quanto donne e artiste, ritagliarsi la propria dimensione nel settore.

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“The Little Prince” by Mark Osborne

Consigli per aspiranti animatori italiani? Quanto è importante per un giovane artista poter lavorare a progetti strutturati e ambiziosi nella sua crescita professionale? In Italia, pensi sia possibile?

Il consiglio che posso dare a coloro che in Italia volessero intraprendere questo tipo di carriera  è abbastanza semplice: cercare di capire quale sia il punto di forza del proprio talento, se si è nella giusta fascia di età per farlo, quindi cercare di frequentare una scuola che permetta di formarsi tecnicamente in maniera corretta, e poi gettarsi nel lavoro senza mai scoraggiarsi, cercando di dare il massimo di se stessi nella propria arte. Studiare e aggiornarsi di continuo, con un atteggiamento umile di apertura al miglioramento personale, per essere sempre all`altezza degli standard di questo settore cosi mutevole e in costante evoluzione, è ovviamente una pratica indispensabile per un professionista. Ambire a lavorare su grosse produzioni è una cosa positiva, soprattutto per vedere riconosciuto il proprio talento e anche ottenere una certa visibilità in quanto artisti.

In Italia, per il momento, la situazione produttiva dell`animazione sta vivendo una fase di stallo: sarebbe auspicabile che un governo più attento e consapevole rilanciasse il sistema produttivo dell`animazione italiana incentivando la produzione nazionale e anche il partenariato con le produzioni estere.

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Cosa pensi delle ultime produzioni italiane del settore?

A parte qualche cortometraggio e qualche produzione pubblicitaria, non riesco a trovare nessun titolo di lungometraggio italiano di film d’animazione realizzato nell’ultimo anno che abbia veramente risvegliato la mia attenzione. In italia si pensa ancora all`animazione come a qualcosa unicamente riservato al mondo dell`infanzia e si produce (poco) procedendo solo in questa direzione, il che è senza dubbio un’impostazione assai “miope” nel trattare un settore che in altri paesi (USA, Francia, Regno Unito) produce un’ingente ricchezza produttiva e un ritorno economico non trascurabile. Non si tratta di carenza di professionalità: i talenti italiani nel mondo della realizzazione tecnica non mancano; occorrerebbe una rinnovata classe produttiva che abbia voglia di investire in un tipo diverso di fare cinema d’animazione e che attiri, magari agevolata da una legislazione più flessibile, capitali stranieri per “fabbricare” e raccontare storie che si rivolgano ai bambini esattamente come agli adulti, cosi come avviene in tutte le altre parti del mondo. 

Hai avuto anche esperienze come coordinatrice di produzione, e la produzione è un settore basilare nel quale spicca la presenza femminile: pensi di rivolgerti ancora ad esso?

La produzione è  stata un trampolino di lancio che mi ha permesso di avere un’idea complessiva del mondo dell`animazione, ma non credo che tornero ad occuparmi direttamente di problemi produttivi, di coordinazione o di management in senso stretto, perché sono troppo legata al lato artistico e penso di avere più  cose da dire come artista che come produttrice.

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“Mune”

Per il futuro, vorresti realizzare qualche progetto in proprio?

In futuro mi auguro di potermi dedicare continuativamente all’attività di Visual Development Artist rispetto a quella di modellatrice tradizionale, poiché è quella in cui sento di potermi esprimere al meglio. Di certo, in questo settore come ovunque, occorre essere al posto giusto e al momento giusto, oltre che dimostrare di possedere le competenze e la preparazione necessarie; spero dunque nel futuro di riuscire ad indovinare quel posto e quel momento.

Attualmente, il “posto” di Angela è Vancouver, domani… chissà? L’importante, come disse un giorno zio Walt, “è andare sempre avanti (keep goin’ forward)”.

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Grazie, Angela: buon viaggio… e buon lavoro!

(Le immagini degli artworks appartengono ad Angela Smaldone che le ha gentilmente concesse per l’intervista.)