Ecco il quinto riassunto (e commentario) dei corti in gara a Annecy 2015
“Qui j’ose aimer” di e Hugo Frassetto per la Francia. Una donna riflette sui suoi amori, l’indecisione tra due uomini e la difficoltà di capire chi ama. Tutto ciò va avanti per un tempo indefinibile e la porta, alla fine e quasi per caso, a chiarire i propri sentimenti. Disegnato a mano con un tratto realistico, molto elegante (no rotoscopio, assicura l’autrice) colorato all’acquarello e con una bella serie di musiche di sottofondo è stato fatto da un’autrice che lavora da anni nell’animazione e voleva provare a fare un suo cortometraggio. Dopo averci pensato a lungo ha scritto questa storia sull’amore molto romantica.
“Sexy Laundry” di Izabela Plucinska per Germania, Canada e Polonia. Cortometraggio a pupazzi in plastilina. Una coppia sposata da venticinque anni è in una camera d’albergo per fare l’amore, ma iniziano a discutere e litigare discutendo della loro vita insieme arrivando a pensare di divorziare. Solo l’inaspettata scoperta della passione per il ballo (sempre negata) di lui e la decisione di travestirsi per stupirlo di lei riescono a farli riscoprire e riappacificare. Il testo è quello di una piece teatrale polacca amata dall’autrice per i dialoghi. Dopo averla vista ha subito deciso di rifarla in plastilina per poter aggiungere al tutto una manipolazione dei corpi e dello spazio che rende tutto ancora più divertente. Condivide l’idea del testo teatrale che quando si ama si deve usare la fantasia per divertire il parner e tutto deve essere un’appassionante recita. Un aspetto inaspettato di lavorare con un testo teatrale è l’impegno che gli attori hanno nel doppiare i personaggi. L’emozione che ognuno mette e le differenti lingue cambiano il testo talmente tanto che nonostante abbia sentito la piece per la prima volta in polacco e il corto mostrato sia in inglese il suo doppiaggio preferito è quello in tedesco perché più profondo.
“The Night of the Naporitan” di Yusuke Sakamoto per il Giappone. Un gigantesco grumo di spaghetti condito in modo assurdo cammina per le strade di campagna compiangendo il suo triste, disonorato, destino di essere l’imitazione di un piatto italiano fatto male. Cerca compagnia e la trova in un bravo bambino che si mostra gentile. Ma la possibilità di amicizia viene rovinata dalla fame che gli fa mangiare il bambino. Incontra il padre del bambino che torna dal lavoro e anche lui si dimostra gentile, purtroppo la fame distrugge anche questa possibilità d’amicizia. Entra in una casa (quella dell’uomo e del bambino) chiedendo da bere e la donna lo aiuta gentilmente, ma anche questa volta… Ormai per redimersi non gli resta che il suicidio. Ma ciò porterà a conseguenze spaventose. Animazione 2D e scenari inquietanti. Probabilmente si sono potuti contare gli italiani sentendo chi rideva agli sragionamenti sull’essere spaghetti alla napoletana veri o falsi.
“Dissonance ” Till Nowak per la Germania. Un pianista suona un pianoforte allucinante in un teatro sempre vuoto dove viene a sentirlo solo la figlia di tanto in tanto. Uno strano essere umanoide è la sua sola compagnia e insieme vivono in un palazzo costruito sul bordo di una città che si innalza come un immensa torre di case. La realtà è che l’uomo ha una malattia mentale che lo porta a avere visioni e ha vivere come barbone suonando l’organetto. La moglie cerca di tenere sua figlia lontana da lui e i medici di spiegargli che può guarire solo volendo uscire dal mondo che si è creato. Interessante uso della CGI unite a riprese live e grande importanza della musica.
“Alateadvuse maja” (La casa dell’inconscio) di Priit Tender per l’Estonia. Un uomo in un severo abito nero e cappello a cilindro equipaggiato di una scala e corda metallica da spazzacamino entra in una casa desolata dove poco prima era entrata una donna nuda coperta da fiamme. All’interno si susseguono incontri con esseri strani che dispiegano un incubo a cui l’uomo assiste tranquillamente. In un ristorante frequentato da trichechi ritrova la donna in fiamme che danza cercando di coinvolgerlo piantandogli un chiodo in testa. Ma il suo dovere lo fa allontantre e salire sul tetto per pulire il camino. Un fantasmagorico corto dove il protagonista vede e subisce impassibile la sua nascita, la morte e tante altre cose. “Cosa avrebbe detto Freud del tuo corto?” Chiede Marcell Jean all’autore che risponde “Sicuramente qualcosa in tedesco”. L’autore dice che semplicemente dopo anni di corti dalla sceneggiatura accurata aveva voglia di fare qualcosa di totalmente assurdo, senza una storia e fatto per associazioni d’idee e immagini grottesche che ognuno può interpretare liberamente. Il disegno 2D grottesco da al tutto un’energia maggiore e le musiche rimante contribuiscono a rafforzare l’aria allucinata del tutto. Per chi scrive l’ennesima dimostrazione di quanto l’animazione estone sia incredibile.
“A Portrait” di Aristotelis Maragkos per la Grecia: Un uomo riflette sulla somiglianza tra lui e il padre pensando quanto sia strano vedere adesso la faccia che lui avrà da vecchio. Corto per certi versi catartico e disegnato con un tratto semplice e nervoso.
“Königin Po” (La regina sederina) di Maja Gehrig per la Svizzera. Le voci narranti di un padre e una figlia piccola raccontane e inventano la fiaba di due esseri che vivono su una tavola in bilico nel cielo e passano le giornate a costruire cose che poi diventano hotel. Ma un giorno la regina sederina (Un grosso fondoschiena coronato) si piazza in mezzo all’asse impedendogli di farne altri e ammorbando l’aria. A quel punto il padre deve rispondere al telefono, i personaggi vanno in panico e la figlia immagina problemi sempre maggiori. Quando il padre torna la storia ha cambiato scenario. Cortometraggio a disegni animati in stile infantile e divertente ha comunque momenti di tensione che fanno chiedere a Marcell se l’autrice lo consideri un film per bambini. Non era sua intenzione fare un film per bambini, ma ha visto che ai bambini piace (e non solo per le scorregge). Un film che tra idea e realizzazione ha richiesto dieci anni e che si avvale del doppiaggio fatto da una bambina attrice davvero molto brava nel dire le frasi con la fresca naturalezza necessaria.
“Limbo Limbo Travel” di Zsuzsanna Kreif e Borbála Zeteny per Francia e Ungheria. In un mondo dove gli uomini ormai amano solo il loro smartphone un gruppo di donne di varie età parte alla scoperta di un’isola popolata unicamente da strani omini indifesi dai lunghi baffi rossi. Dopo averne conquistata la fiducia le donne iniziano una lotta tra di loro per accaparrarsene il più possibile portando il terrore, causando la morte di uno di loro e l’inaspettata reazione del vulcano al centro dell’isola che non è ciò che sembrava. Corto a disegni animati dal tratto bizzarro e comico. Le autrici raccontano di aver pensato all’inizio non come una critica all’attualità ma solo come scusa per far andare il gruppo via dalla civiltà (chi scrive è scettico, altro che scusa). L’idea dei baffi è venuta dopo e per meglio caratterizzare gli omini dell’isola. Le autrici hanno studiato insieme, ma questo è il loro primo cortometraggio vero realizzato collaborando.
Questi erano i corti in gara a Annecy 2015. C’è stato anche un programma numero sei con i corti sperimentali e tra questi alcuni erano formidabili. Ma ormai il festival è finito e è meglio cominciare a parlare dei lungometraggi.