18 Giugno 2015 23:04

Annecy 2015. Cortometraggi in gara 2

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Oltre ai corti in gara quest’anno al tabellone si sono aggiunti i disegni dei corti di fine studio.

Continua la desrizione dei cortometraggi in gara al Festival d’Annecy 2015. 

Per la seconda programmazione sono stati presentati i seguenti titoli.

“Love in the Time of March Madness” Robertino Zamarano e Melissa Johnson per Australia USA Storia di una ragazza molto più alta della media che per questo motivo non riesce a avere una vita normale, costretta dal fisico a giocare a pallacanestro ha una vita sentimentale disastrosa e solitaria. la storia si ispira a un articolo-intervista. i due autori lavorano una a New York l’altro in Australia tramite internet e hanno iniziato a fare il film dopo che lei gli ha raccontato la storia. La tecnica é un 2D a tratti grezzi e grossi che aumenta la stranezza del corto. Sinceramente chi scrive é più alto della media e ha conosciuto ragazze ancora più alte di lui, quindi è sorpreso che negli USA, paese noto per la gente di grande altezza, una ragazza alta 1,94 cm possa essere considerata tanto diversa. Ma l’autrice deve saperne qualcosa.

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Melissa Johnson e Robertino Zamarano.

“Haircut” di Virginia Mori per l’Italia. film disegnato a matita che racconta la storia muta di un’alunna delle scuole elementari che dopo essere stata messa in punizione (tutto sembra ambientato per lo meno negli anni ’70)  e dopo  un lungo scambio di sguardi con la maestra (che sembra una sua versione adulta) e la rivelzione di un’inquietante buco nella fronte (attraverso cui l’insegnante guarda) ha da questa un taglio della treccia, che appena sciolta si disperse in mille direzioni. Il corto è pieno di significati simbolici e l’autrice preferisce non mettere la propria interpretazione davanti a quella degli spettatori. L’idea é nata pensando alla scena della treccia che si scompone ditigendosi in ogni luogo. dopo si é aggiunto il conflitto tra generazioni diverse e la convinzione di alcuni maestri di capire totalmente cosa pensano gli alunni. L’autrice rivela che nonostante la preziosità del disegno l’arte é sempre pensata dopo l’idea.

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Virginia Mori

“Autos Portraits” di Claude Cloutier per il Canada. Una serie di Cadillac aprono il cofano e cantano “Que serà serà” aumentando sempre più di numero e finendo per ricoprire il pianeta. uno stile di disegno 2D molto accurato fatto da chi, in patria, é un noto autore di BD. Tutto è nato per la voglia di disegnare auto in parte animali e in parte umane, la storia è venuta lavorando. Anche l’uso della canzone è venuto per associazione di idee. Ne hanno fatto una versione da oltre quattro minuti adatta per essere cantata da delle auto.

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Claude Cloutier

“Goodbye Utopia”di Ding Shiwei per la Cina. Un film simbolico che mostra nove scenari surreali disegnati a matita dove si vedono devastazioni e stranezze insieme a architettura di regime e mani alzate che brandiscono un libretto. Un film con qualcosa di tragico dentro, non sembra offrire alcuna salvezza a niente sia passato che presente.  Chi scrive si chiede se in patria venga mostrato o se sia mandato solo all’estero.

“Zepo” (trappola) di César Díaz  Meléndez per la Spagna.  Film realizzato con disegni fatti in sabbia di diversi colori. Nella Spagna della guerra civile una bambina andata nel bosco arriva al lago ghiacciato e trova un uomo moribondo con un piede in una tagliola. Chiede aiuto a due guardie, ma la poverina non immagina che sono stare proprio loro a mettere la trappola e non hanno intenzione di lasciare testimoni. L’autore ha iniziato come animatore di pupazzi e è arrivato alla sabbia perché è più veloce. Per la seconda volta realizzaun film dove una bambina finisce male. Ma assicura che non lo fa per cattiveria,  solo per colpire il pubblico. Quando lavora a un film lo fa solo con la sceneggiatura senza l’uso di storybord. È una precisa scelta stilistica dovuta alla convenzione che il film si sviluppa facendolo. La sabbia di diversi colori è messa tutta sullo stesso piano, solo per la sequenza finale sotto il ghiaccio ha usato due livelli. Chi scrive chiede scusa all’autore, ma per motivi inspiegabili non ha scattato foto.

“Isand” (il maestro) di Riho Unt per l’Estonia. Un cortometraggio a pupazzi davvero realistico che racconta la vicenda di un cane bassotto chiuso in una casa aspettando un padrone che non tornerà mai più. Questo sarebbe abbastanza se non fosse per il fatto che in una gabbia vive uno scimpanzé che dopo molti sforzi riesce a liberarsi terrorizzato il cane e prendendo a vestirsi come il padrone. La situazione per il cane diventa sempre più confusa. La scimmia passa dall’essere violenta a essere amorevole senza motivo. Alla fine la gran depressione e l’alcool la portano a cercare la pistola sparando a entrambi. Cortometraggio raggelante e bello da ogni punto di vista proprio per questo. L’autore dice esser un’eccezione per lui, di solito impegnato in film più umoristici e politici. Bastano poche occhiate di Marcel Jean, il direttore artistico del festival, per fargli ammettere che in realtà è molto politico e che si collega al suo primo corto fatto decenni prima. La grande introspezione della storia ha obbligato il realismo di tutto. L’autore ha usato la sua laurea in interior design (carriera rifiuta nella vita e usata solo per i film) per rendere tutto alla perfezione.

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Riho Unt

 “Black Tape”  di Michelle Kranot e Uri Kranot per la Danimarca. Una serie di personaggi dipinti con grande realismo raffiguranti militari e altra gente armata vengono presentate con scene violente e al ritmo di tango e una coreografia perfetta. Nero, bianco e giallo i colori dominanti per un chiaro riferimento a fatti legati al conflitto arabo israeliano. Infatti entrambi gli autori sono impegnati in questi discorsi.   Un argomento rischioso da affrontare e difficile da mostrare, specie in Israele, paese natale di Michelle, che ha recentemente reso ancora più difficile mostrare film con questo messaggio a festival o eventi.

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Michelle Kranot e Uri Kranot

“Suleima” di Jalal Maghout per la Siria. Un film nato dall’intervista fatta a una donna in carcere perché manifesta contro il governo siriano e disprezzata  da molti manifestanti e dalla famiglia per essere un’attivista femminista. Nonostante tutto la sua volontà di far cadere un governo ingiusto non è diminuita. Il disegno è spigoloso. Tutto è in bianco e nero con molto grigio e contrasto, sono presenti scene di flashback della protagonista dall’infanzia all’ultimo arresto. L’autore vive attualmente a Berlino, ha letto e sentito decine di interviste a carcerati siriani e ha deciso che doveva farne un corto. Messosi in contatto con le organizzazioni per i diritti umani dal Libano riuscendo a avere quest’intervista.  Grazie all’animazione può rappresentare scene del passato e il presente dando a tutto la stessa forza. La protagonista è adesso in carcere per la terza volta. Non è stato possibile proiettare il corto in Siria, ma ha avuto oltre duemila visualizzazioni su internet provenienti da lì. 

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Jalal Maghout

“Uncanny Valley” di  Paul Wenninger per Austria e Francia. Un allucinante, tesissimo corto in pixillation sulla grande guerra vista in tutta la sua folle violenza. Due soldati vivono un bombardamento scappando e combattendo con il terrore dipinto in volto. Ricoverati alla fine restano ancora mentalmente intrappolati al fronte. L’ultima sequenza mostra uno di loro come parte di un diorama sulla guerra in un museo. Visto da famiglie in visita indifferenti. Il ritmo incalzante di foto e musica, l’angoscia delle espressioni,la paura di morire e l’impossibilità di liberarsi del ricordo sono spaventosamente chiare. Una performance fisica portata avanti al ritmo di cinque secondi fatti al giorno cercando la perfezione. L’autore voleva non solo ricordare la tragedia del conflitto ma anche la guerra lenta e massacrante lontana dalle attuali velocissime tecnologie. Il tutto è stato reso artisticamente in questo piccolo capolavoro in grado di aprire gli occhi a chiunque abbia ancora umanità. 

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Paul Wenninger

Questi erano i cortometraggi in gara n° 2. Solo il meglio per Annecy.