
Come ogni anno il festival d’Annecy ha offerto una selezione di cortometraggi in competizione che merita di essere vista in dettaglio. Alle “colazioni del corto” il direttore artistico Marcel Jean ha intervistato gli autori dei cortometraggi in concorso.
Facevano parte del primo gruppo i seguenti titoli:
“The Guardian ” di Alessandro Novelli realizzato da Italia e Spagna. Racconta la storia abbastanza nota del viaggiatore che attende tutta la vita che gli si aprano le porte di un mondo meraviglioso. La tecnica 2D viene usata per mette in risalto un’abilità nell’animazione sorprendente utilizzando punti di vista e prospettive affascinanti almeno quanto lo stile di disegno (chi scrive chiede scusa all’autore per non aver fatto in tempo saltando la sua intervista).
“Ernie Biscuit”di Adam Elliott, il grande dei pupazzi animati australiani (per chi scrive uno dei favoriti). Storia di un impagliatore francese che nei primi anni ’60 decide di cambiare la sua vita, ma si ritrova per sbaglio in Australia. Una storia di vita fatta con la pasta modellabile, tecnica amata dall’autore e personalizzata fatto che gli ha dato il nome di “Clayographi”. Elliott ha dichiarato che lo strano tipo incompreso in Australia è (come sempre) ispirato a se stesso e che in questo corto voleva mostrare la mancanza pressoché totale di cultura che esisteva negli anni sessanta nel suo paese, assicurando che al giorno d’oggi è, per fortuna, scomparsa.

“Sillon 672” di Bastien Dupriez per la Francia. Cortometraggio astratto realizzato riprendendo una sezione di un disco in vinile su cui compaiono linee colorate che si accordano alla musica suonata. L’autore ama i film astratti e pensa che continuerà a farne. L’integrità del disco filmata è stata rispettata dipingendo non direttamente ma con software digitali. Se non lo si sapesse sarebbe impossibile (almeno ai non esperti) capirlo.

“Amélia & Duarte” di Alice Guimarães e Mónica Santos fatto da Germania e Portogallo racconta la fine della storia d’amore dei protagonisti. La tecnica è un fantastico insieme di collage e pixillation e il corto comincia nel museo delle relazioni finite. Le autrici assicurano di aver saputo che questo museo esistesse davvero a Zagabria solo dopo la fine della sceneggiatura. Visitarlo le ha comunque ispirate. Lavorano insieme tramite internet e il film è stato fatto tra i due paesi. Produzione e girato in Portogallo, post produzione in Germania. Inevitabilmente nel film c’è qualcosa di autobiografico.

“Drugie Berega” di Vasiliy Chirkov per la Russia. Una storia molto emotiva ambientata in un nebbioso porto. Un ragazzo disperato aspetta una nave, una ragazza cerca il suo cane. Cosa puo accadere? Una forte melanconia pervade tutto. Disegno a carboncino e ambienti grigi.
“Teeth” di Daniel Gray e Tom Brown per USA Ungheria e Inghilterra. Racconta il disturbato rapporto tra un uomo e i suoi denti dalla nascita a quando, dopo avetli persi felicemente tutti, decide di farsi una mostruosa dentiera. Tutto il film mostra solo l’interno e l’esterno della bocca più il cibo. Il suono è disturbante come la storia richiede. L’ispirazione viene dai peggiori film horror fatti e per dare a tutto un effetto artistico gli autori, che lavorano tramite internet uno a New York l’altro a Budapest, hanno dipinto ogni fotogramma tramite Photoshop. Gli autori ci tengo a precisare che loro non sono degli ossessi.

“Yùl et le Serpent” di Gabriel Harel per la Francia. Un corto che racconta una storia molto cruda. Un bambino e suo fratello maggiore vanno in campagna per consegnare una borsa scippata a una specie di giovane malavitoso che il fratello maggiore ammira. Il bambino si annoia e si mette a inseguire un serpente attirandosi l’antipatia del teppista che gli lancia contro il suo feroce cane senza che il fratello sia in grado di difenderlo. A questo punto realtà è fantasia si mescolano portando la situazione verso punti di spavento e poesia. La durezza della storia si rifà all’infanzia dell’autore, cresciuto in una valle bellissima, ma a volte cattiva. L’intento era quello di raffigurare il rapporto tra grandi e piccoli e mischiare la realtà con un trip acido. Per realizzare il corto ha prima fatto una sorta di film base studio con attori veri e somiglianti a quelli dell’animazione. Ma non per ricalcare con il Rotoscopio, per ottenere le espressioni più interessanti. Il corto e in 2D e lo stile del disegno (quasi tutto in bianco e nero tranne il serpente) e decisamente vicino a quello di molte BD

“Postindustrial” di Boris Pramatarov per la Bulgaria accompagna con immagini la recitazione di un poema scritto dal fratello dell’autore senza illustrarlo. Tutte le immagini allucinanti sono nate per associazione mentale e l’intento dell’autore è quello di realizzare una serie di sei cortometraggi che uniscono animazione e poesia. Lo stile è il 2D, i disegni sono in stile indi e vicino a alcune delle più avanzate serie animate statunitensi.

“Sirenashow”di Yann Goodfaith per la Francia. La storia di un pesce che esce dall’acqua per cercare una sirena e finisce per fuggire in auto inseguito dala polizia. Realizzato a CGI grezza in una misura in cui si capisce che è una precisa scelta artistica il film ha una cura del suono ammirevole e con la scusa del pesce for d’acqua che fatica sulla superficie rappresenta le più inquietanti visioni dovute all’uso di droghe. Un sogno che il pesce persegue fino alla fine rifiutandosi di lasciarlo tanto da riuscire, forse, a cambiare la realtà. Interessantissimo.
Questi sono stati i primi corti in gara e i commenti di alcuni autori. Ma non è che un frammento di quest’incredibile Festival.