16 Giugno 2015 15:36

Annecy 2015: dinosauri e déi, nel solco dei padri @annecyfestival

Come é ormai consuetudine durante il Festival di Annecy, una giornata viene “consacrata” ad appuntamenti con Walt Disney Animation e alla sua “ancella” più prestigiosa, la Pixar.

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Il direttore artistico Marcel Jean introduce l’incontro

Questa mattina é stata la volta della presentazione dell’ultimo lungometraggio targato Pixar (prodotto con Disney), ovvero “The Good Dinosaur” (Le Voyage d’Arlo nella versione francese) di cui sono state proposte alcune sequenze in anteprima, compreso il corto che ne accompagnerà l’uscita in sala, “Sanjay’s Super Team”.

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Alla presenza di Peter Sohn, nuovo talento registico forgiato dalla “Banda Lasseter” che ha divertito e commosso la platea raccontando della propria “american successful story” come figlio di immigrati coreani conteso fra due lingue e due culture; mondi lontani e  restii a comprendersi, ma infine riconciliati grazie al linguaggio universale dell’arte e dell’animazione, splendidamente espresso nell’immagine del piccolo Peter e sua madre, incapace di comprendere o parlare l’inglese d’adozione e pertanto disorientata nel seguire con il figlio  i film cinematografici, entrambi in lacrime mentre guardano “Dumbo”, capolavoro Disney che traccia il destino di Sohn, il quale anni dopo si iscriverà alla “mitica” CAL Art per studiare animazione.

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Il tema della difficoltà a comunicare ha poi caratterizzato la sua carriera d’artista, intimamente consapevole di dover colmare una sorta di invisibile gap sociale, almeno fino al suo arrivo in Pixar (grazie anche al “nostro” Enrico Casarosa, che é fra gli story artists del film) dove, finalmente, “trovai altre persone come me, come NOI.”

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Fra tentativi e fallimenti, seguendo i consigli di Lasseter che lo invitava a “scavare” nelle proprie idee per trovarne la linfa vitale, Sohn continua a lavorare indefesso, mettendoci il cuore ma anche interrogandosi per la prima volta su come portarlo verso il pubblico delle persone, ovvero su cosa renda possibile che un’idea venga recepita ed amata da individui diversi fra loro disseminati sulla superficie del mondo. Ricordando quel lontano momento di unione con la madre e i battibecchi bilingui con la medesima, egli capirà infine che l’unico linguaggio che permette agli esseri umani di “parlare” e “con-prendersi” è quello, universale, delle emozioni condivise.

La lingua del cuore.

Questo é l’idioma che permette al giovane apatosauro Arlo di entrare in contatto con il “cucciolo d’uomo” Spot (ottima l’idea di rovesciare i ruoli classici, facendo del dinosauro l’essere “evoluto” e dotato di parola, e dell’umano l’animale-spalla che si esprime col corpo e con versi gutturali): molto efficace e poetica la scena, proposta durante l’incontro, della “confessione nel campo di lucciole”, dove i due compagni di viaggio (entrambi smarriti, e lontani dalle rispettive famiglie) rivelano, grazie al linguaggio simbolico dei gesti e, soprattutto, della condivisione del dolore, la propria comune condizione di orfani.

“The Good Dinosaur” é anzitutto una storia di formazione, di superamento delle paure inconscie tramite l’esperienza diretta del mondo, grazie alla quale, forse, anche i T-REX risultano meno terrificanti; é una sorta di viaggio iniziatico lungo la strada di mattoni gialli (in questo caso un lungo fiume tumultuoso come la vita), al termine della quale forse non troveremo il tesoro cercato ma di certo una nuova consapevolezza e, chissà?, la possibilità di un nuovo inizio.

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modelli… di peso!

Il film – che parte dal presupposto (“what if…?) che l’asteroide cui, secondo alcune teorie, si dovrebbe l’estinzione dei grandi sauri, non sia mai caduto sulla Terra – uscirà negli USA il 25 novembre 2015, preceduto come detto all’inizio dal corto “Sanjay’s Super Team” diretto dal cartoonist Sanjay Patel, alla sua prima esperienza con la direzione di un’opera Disney/Pixar; proposto in anteprima mondiale ad Annecy, é una divertente e rutilante immersione nella fantasia dell’autore bambino, in cui i moderni personaggi delle popolari serie supereroiche si fondono; prima in conflitto e poi sempre più armonicamente, con la mitologia del Paese di origine, l’India.

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E’, soprattutto, una toccante dichiarazione d’affetto verso il proprio padre e le proprie radici, poiché – come affermato con grande pudore dallo stesso Patel: – “Il successo più grande di questo film é aver riscoperto da dove provengo.”

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