9 Giugno 2015 17:51

La principessa delle ombre: Lotte Reiniger

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CHARLOTTE “LOTTE” REINIGER nacque a Charlottenburg, quartiere berlinese nel distretto omonimo, il 2 giugno del 1899, all’interno di una famiglia colta e amante dell’arte; lei stessa dimostrò fin dall’infanzia un eccezionale talento autodidatta, soprattutto nel ritagliare figurine di carta che poi proiettava per amici e parenti grazie al suo, altrettanto artigianale, teatrino delle ombre. Un’esperienza analoga ci aveva raccontato anche la nostra prima “Lanterna”, Cristina Làstrego, che Lotte Reiniger ebbe anche la fortuna di conoscere durante un workshop torinese dell’artista tedesca.

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Dapprima interessata alla carriera di attrice, Reiniger studiò con Max Reinhardt e si servì del proprio talento per il teatro di figura al fine di attirare l’attenzione del regista cinematografico Paul Wegener. Questi la invitò a realizzare le silhouettes per gli intertitoli dei suoi film “Rübezahl’s Hochzeit” (1916) e “Der Rattenfänger von Hameln” (1918). Fu lui a introdurla presso un gruppo di giovani cineasti che stavano mettendo in piedi in quegli anni uno studio sperimentale di animazione sotto l’egida del Berliner Institut für Kulturforschung diretto da Hans Cürlis. Un membro del gruppo era lo storico cinematografico Carl Koch, che Lotte sposerà nel 1921.

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Nel 1919 Reiniger aveva realizzato il suo primo film in proprio per l’istituto, “Das Ornament des verliebten Herzens” (The Ornament of a Loving Heart). Koch, che aveva progettato anche il suo studio di animazione,  oltre che compagno di vita divenne suo produttore e operatore di camera fino alla scomparsa di lui, avvenuta nel 1963.

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“Il flauto magico”

Spesso Lotte traeva ispirazione per i suoi lavori da brani di Mozart e altri temi operistici, come nel caso di “Carmen” (1933, tratto dall’omonima piéce di Georges Bizet), “Papageno” (da “Il Flauto Magico” di W. A. Mozart, 1935), “Helen La Belle” (1957, da Offenbach) e “A Night in a Harem” (1958, ancora Mozart).

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Il Mozart di Reiniger

“Carmen” rende una versione quasi “femminista” dell’opera di Bizet, mostrando una protagonista autosufficiente e capace, intelligente e di certo più forte degli uomini che la circondano. 

Nei film più recenti spesso gli sfondi sono a colori (realizzati in origine per la tv inglese), il più facilmente reperibile dei quali è probabilmente è quello realizzato per il National Film Board of Canada, “Aucassin and Nicolette”: una fiaba medioevale incentrata su due giovani innamorati ma divisi dal destino, in cui è ancora una volta la controparte femminile a mostrarsi audace e intraprendente fino a escogitare l’espediente per riunirli.

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La “Carmen” di Lotte Reiniger
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“Principi e principesse” di Michel Ocelot

Dal 1923 al 1926, Reiniger lavorò con Carl Koch, Walther Ruttmann and Berthold Bartosch alla sua opera più celebre, “Die Abenteuer des Prinzen Achmed” (Le avventure del principe Achmed), che da taluni è tuttora accreditato come il primo lungometraggio animato della storia. Il finanziamento per il film le venne fornito da un giovane banchiere berlinese, Luis Hagen, il quale aveva visto e ammirato i suoi primi lavori. Quando l’inflazione attaccò il marco tedesco nel ’23, Hagen aveva convertito alcune delle sue sostanze in stock film che poi offrì a Reiniger per fare un lungometraggio su qualsiasi soggetto lei avesse deciso, e approntò anche anche uno studio tutto per lei sopra il garage della sua casa di Potsdam.

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La trama mescola estratti dalle “1000 e 1 Notte“, nello specifico “La storia del Principe Ahmed”, aggiungendovi il personaggio della fata Pari-Banu descritta nel The Blue Fairy Book” di Andrew Lang. Con l’aiuto di Aladino, la Strega della Montagna Ardente e un cavallo, Achmed va alla conquista della lampada magica e sconfigge lo Stregone Africano: la scena culminante del duello fra la strega e lo stregone, in cui i due contendenti ricorrono a favolose metamorfosi non può non aver ispirato quello fra Merlino e Maga Magò ne “La Spada nella Roccia” prodotto più di trent’anni dopo da Walt Disney!

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Alla fine tutto è bene quel che finisce bene: Aladino sposa Dinarsade, sorella di Achmed e figlia del Califfo, mentre il protagonista impalma Pari-Banu; lo stregone malvagio è sconfitto, e la gioia ritorna nel regno.

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Lungometraggio muto e in bianco e nero, con successiva aggiunta sulla copia al nitrato di viraggi colorati che mettono in risalto le emozioni dei protagonisti e suggeriscono il trascorrere del tempo dal giorno alla notte, mentre l’ambientazione come detto riprende quel “mediorientalismo languido” tipico della novellistica araba. I titoli d’apertura del film lo presentano come “Film di silhouette di Lotte Reiniger i cui collaboratori sono in ordine Walther Ruttman, Berthold Bartosc, Alexander Kardan, con la musica originale di Wolfgang Zeller, direzione tecnica di Carl Koch per la Comenius Film” (BFI: Lotte Reiniger, The Adventures of Prince Achmed (Die Abenteuer des Prinzen Achmed) 126‘).

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Composto da 300.000 singole inquadrature, per ottenere particolari movimenti i personaggi, realizzati in piombo e cartone, furono composti utilizzando da 25 a 50 pezzi separati, tenuti insieme da sottili fili di metallo.

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Per paura di annoiare il pubblico, data la lunghezza della pellicola, Reiniger e i suoi collaboratori decisero di introdurre delle immagini e degli effetti realizzati con altre tecniche d’animazione, come quella con la sabbia, e altre in animazione astratta ottenute tramite il cosiddetto “Apparato Fischinger” ideato da Oskar Fischinger. L’attrezzo consisteva in una sorta di affilatrice sincronizzata con una macchina da presa e munita di una lama circolare rotante, la quale, ad ogni giro compiuto, tagliava via una sottile fetta da un blocco composto di innumerevoli strati di cera di colori differenti. La macchina da presa filmava “a passo uno” la superficie del blocco di cera dopo ciascun taglio generando una particolare animazione astratta.

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Gli effetti speciali del film sono stati ottenuti in gran parte grazie alla sovrapposizione di tre lastre che formavano lo sfondo. Per poter filmare questo set Lotte aveva inventato un “tavolo multipiani” (trick-table) che le permetteva di mettere la macchina da presa in alto e riprendere tutte le lastre dando la profondità di campo alle silhouettes. Lei stessa ce lo racconta nel suo libro fondamentale “Shadows Theatre and Shadows Films” (B.T. Batsford, 1970). L’apparecchio di Fischinger (che non risulta fra i collaboratori del film) fu utilizzato, dopo averlo acquistato da lui medesimo, per creare alcuni effetti iniziali ottenuti tagliando una lastra di cera di differente rilievo e ombreggiatura. Proprio su questa copia del film, la più lunga sopravvissuta, venne in seguito operato il restauro  che vi proponiamo qui sotto con il commento musicale di Hannes Freitag & Lutz Baumann (eseguito dal vivo presso il Goethe Institut di Amsterdam nel 2010).

Riguardo alla controversia se “Le avventure del Principe Achmed” sia o non sia il primo lungometraggio animato della storia, forse non ha tutti i torti chi sostiene che le silhouettes non siano “autentici” cartoni animati, e quindi tutto sommato si può considerare ancora il vecchio zio Walt con la sua Biancaneve il primo su questo virtuale podio. Ma sono considerazioni tutto sommato irrilevanti, e il valore artistico e “artigianale” del film di Lotte Reiniger non può essere certo messo in discussione, risultando tuttora un affascinante e  sorprendente viaggio per musica e immagini.

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Pochi dei suoi 70 films risultano oggi facilmente reperibili, e quasi nessuno in copie eccellenti; quando Lotte partì per l’Inghilterra negli anni ’30 non riuscì infatti a portar via con sé i negativi originali, e molte delle pellicole in circolazione sono purtroppo copie di copie, che hanno ormai perduto la finezza dei dettagli originali, soprattutto negli sfondi. Non solo: le copie correnti del “Principe Achmed” furono restaurate nel ’54 con un nuovo commento musicale (decisamente più kitsch) di Freddie Phillips, con le immagini che si muovevano più velocemente del dovuto (18 frames/sec contro 24/sec) mentre l’originale colonna sonora sinfonica di Wolfgang Zeller, uno dei più grandi compositori di musica da film dell’epoca, si amalgamava assai più armoniosamente con la trama infondendo suspense, emozione e romanticismo. Inoltre, sebbene il restauro abbia ristabilito le sfumature dell’originale, molto si è perso della definizione degli sfondi.

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Oltre ad “Achmed“, Reiniger realizzò un altro lungometraggio, “Dr. Dolittle and his animals” (1928), diviso in tre parti, con musiche di Paul Dessan, Kurt Weill e Paul Hindemithche, e che ebbe la sfortuna di coincidere con il crescente successo del sonoro al cinema. La trama era incentrata sul viaggio in Africa del celebre “dottore degli animali” per soccorrere alcune bestie ammalate. Ormai reperibile solo in una versione tv con nuove musiche, voce narrante e immagini che scorrono troppo rapide.

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Lavorò poi anche a un terzo film: amava l’opera di Ravel “L’Enfant et les Sortilèges” (The Boy and the Bewitched Things 1925), che narra di un bambino “cattivo” il quale distrugge i libri di scuola e i propri giocattoli, tormenta gli animali, rompe i piatti di casa e devasta il giardino, fin quando tutte le cose da lui bistrattate tornano per tormentarlo fino agli inevitabili pentimento ed espiazione. Sia il libretto di Colette, umoristico e anticonformista, che la poliedrica musica di Ravel (che richiama miagolii di gatto e i suoni del giardino) posseggono un’autentica vena d’incanto. Lotte tentò per 7 anni di ottenere i diritti dell’opera, complicata dal fatto che ogni elemento (testo, musiche e suoni) erano da trattare separatamente. Alla morte di Ravel, nel ’37, la faccenda divenne ancor più complicata e Reiniger abbandonò il progetto, malgrado avesse già disegnato varie sequenze e animato alcune scene per convincere potenziali partners e finanziatori.

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Nel ’29 aveva anche partecipato alla regia di un film in live action, “Die Jagd nach dem Gluck” (Running after Luck), su un gruppo di persone che gestisce un teatrino di marionette e delle ombre cinesi, in cui erano coinvolti anche Jean Renoir and Bertold Bartosch; purtroppo, era stato concepito come film muto e il tentativo successivo di aggiungevi dialoghi ottenne risultati disastrosi: malgrado gli inserti animati di Reiniger, il film fu un fiasco di critica e pubblico.

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Per il resto dei suoi 60 anni di carriera si concentrò sui corti, la maggior parte lunghi una o due bobine, e su sequenze da inserire in film di altri autori. Per reperire fondi realizzò anche illustrazioni per libri e pubblicità. Del 1922 è lo spot per Nivea “Das Geheimnis der Marquise” (The Marquise’s Secret). 

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Complessivamente Reiniger realizzò 60 film, di cui ne sopravvissero circa quaranta. La sua tecnica, già stupefacente nel “Principe Achmed”, guadagnò nel tempo ulteriore sottigliezza e leggiadria, come in opere degli anni Trenta quali “Harlekin” (Harlequin, 1931) e “Der kleine Schornsteinfeger” (The Little Chimney Sweep, 1934).

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In questa rara intervista è la stessa Lotte a raccontare il proprio metodo creativo:

http://uschefnerarchive.com/project/lotte-reiniger-recording/

 

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Sebbene non appartenenti alla comunità ebraica, Koch e Reiniger furono strettamente identificati con la sinistra politica (Bertolt Brecht li comprendeva fra gli amici più stretti) ed entrambi deplorarono l’ascesa del nazifascismo di Adolf Hitler: tentarono di abbandonare la Germania già nel 1933, ma non ottennero il visto per l’Europa. Nello stesso periodo Lotte stava lavorando su un film prodotto da Pabst, ma fu costretta a tornare in patria, ove girò altri sei films, con frequenti “parentesi” in Inghilterra, Grecia e altre nazioni presso cui tentò di “richiedere asilo”. Nel ’36 i due coniugi scelsero infine di lasciare comunque la Germania e intraprendere un’esistenza da esuli. Jean Renoir, loro amico, trovò un impiego per Carl a Parigi, mentre Lotte andò a lavorare su film di silhouette in Inghilterra, entrambi costretti però ad abbandonare questi paesi dopo pochi mesi per poi rientrarvi in seguito con i visti di soggiorno rinnovati, talvolta riuscendo a incontrandosi soltanto nei terminals traghetti di Dover e Calais.

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Con l’inizio della Guerra, Renoir cercò di portare la coppia in Italia, dove aveva ottenuto un contratto per dirigere un film, che ben presto lasciò a Carl decidendo di tornare in Francia per salvare alcuni dipinti del padre e infine emigrare negli USA. In Italia, Carl e Lotte lavorarono su tre film e un’animazione di silhouette, prima di essere sfollati in Germania quando, nel ’44, le truppe alleate invasero l’Italia e quelle tedesche iniziarono la ritirata dal paese. Anche durante il blitz di Berlino, oltre a occuparsi dell’anziana madre e di Carl, che soffriva da disturbo post traumatico da stress, Lotte fu costretta a lavorare ad un film di silhouette, che venne poi terminato dopo la fine della Guerra dalla neo-fondata DEFA della Germania dell’Est. Finalmente, nel ’49, Carl e Lotte riuscirono a emigrare dalla Germania.

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“I love working for children, because they are a very critical and very thankful public.” (Lotte Reiniger, in un’intervista del 1969 con Walter Schobert (of the Deutsches Film museum in Frankfurt)

Durante la sua esperienza in Inghilterra, Lotte organizzò anche spettacoli dal vivo con le silhouettes, e scrisse un’indispensabile guida sul teatro delle ombre. Possedeva una stupefacente abilità nell’arte del ritaglio e dell’assemblaggio delle figure: teneva le forbici nella mano destra e con la sinistra manipolava con destrezza la carta sotto la luce, cosicché i ritagli scorrevano sempre nella giusta direzione. Disegnava lei stessa gli storyboards e definiva sia i personaggi che le trame, che risultavano sempre profondamente interconnessi.

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Se una figura doveva fare movimenti complessi o supplementari, le occorrevano fino a cinquanta pezzi separati, uniti insieme tramite un abile lavoro di filo come nella celebre “scena del Falcone” completata da Walter Ruttmann (al quale venne poi attribuita) e utilizzata per descrivere il sogno di Grimilde nel film di Fritz Lang “I Nibelunghi” (1924).

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Lotte lavorò sempre col marito, Carl Koch, come detto suo operatore di camera “ufficiale”, ma per un grande progetto come “Il principe Achmed” potè contare su una troupe di “ben” 5 elementi: Carl alla camera, Alexander Kardan alla revisione dei “fogli camera”, Walter Türck per gli sfondi, Walter Ruttmann e Bertold Bartosch agli “effetti speciali”; gli ultimi due poterono continuare le proprie carriere proprio grazie all’impiego che Lotte gli garantì in tale occasione.

Lotte_Reiniger_London_Abbey_Arts_Centre_01 Lotte Reiniger si spense il 19 giugno 1981, a Dettenhausen, nel distretto di Tubinga. Circondata, crediamo, da tutte le sue indimenticabili silhouettes.

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(Immagini tratte dal web)

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