… se lo si prende con leggerezza, si può essere persone migliori. In fondo questa sembra essere una delle lezioni che i fumettisti del passato ci hanno lasciato. Non si sentivano Grandi Artisti, ma seri e onesti e bravi artigiani, non si atteggiavano a Grandi Scrittori della Letteratura Mondiale, ma scrivevano pagine importanti della nostra vita.
Gli autori di oggi sono ancora in grado di divertirsi e divertire? Il quesito non è banale. In teoria si dovrebbe capire dal lavoro finito, se si sono divertiti, se hanno provato piacere nel creare la loro opera, se hanno pensato ai loro lettori facendola.
Cosa passa per la testa degli autori? Vogliono essere pagati per il tempo che usano per produrre l’opera, o in proporzione di quanto rende il loro lavoro all’editore? Pretendono meritocrazia o cottimo? Sono disposti a correre il rischio artistico di una vita di miserie con riconoscimenti postumi, o si accontentano di essere bravi operai nella catena di montaggio del fumetto? In un mondo del lavoro in cui il “posto fisso con stipendio garantito” è ormai un ricordo del passato (per i più anziani) se non solo un mito dell’antichità (per i più giovani), come pensano di collocarsi i fumettisti? E, in fondo, si considerano del lavoratori o degli artisti (naturalmente incompresi)? E poi, vogliono essere davvero compresi dal grande pubblico, o no? Sono ancora interessati ai giovani lettori, o no?
Va da sé che di tutto ciò, ai lettori non importa nulla. Il lettore pretende solo che il fumetto che compra valga davvero la spesa. Volenti o nolenti, gli autori è con questa semplice realtà che devono fare i conti: essere all’altezza delle aspettative dei loro lettori.
Buon lavoro.