18 Luglio 2014 14:58

Appello per Gaza della rete internazionale IBBY

malala

Quella che segue è la dichiarazione dell’International Board on Books for Young People (IBBY) sull’attuale situazione a Gaza:

Riportiamo qui di seguito la traduzione in italiano dell’appello IBBY sulla situazione a Gaza, qui il testo dell’appello in inglese, qui la versione in arabo.

L’International Board on Books for Young People (IBBY) è stata fondata poco dopo la fine della seconda guerra mondiale. La fondatrice di IBBY, Jella Lepman, credeva che i libri potessero contribuire a costruire ponti di comprensione e di pace tra i popoli. I bambini avevano bisogno di sapere ciò che tutti i buoni lettori sanno: non siete soli; altri hanno esperienze, sentimenti e bisogni proprio come i vostri e c’è tutto un mondo là fuori da imparare a conoscere.
I bambini di Gaza sono intrappolati in una vita che ruota attorno solo all’odio e all’oppressione.

Dal 2008 IBBY finanzia e sostiene due biblioteche per bambini nella Striscia di Gaza.
Una biblioteca è situata a nord, nella comunità di Beit Hanoun, vicino al confine con Israele. L’altra si trova nella città di Rafah, vicino alla frontiera meridionale con l’Egitto. Il finanziamento per le biblioteche è arrivato grazie alla scritrice americana Katherine Paterson (vincitrice del prestigioso H.C. Andersen Award) e alla sua fondazione.
Ci sono voluti mesi perchè i libri selezionati dagli esperti IBBY arrivassero a destinazione.
E’ stato necessario formare i bibliotecari a distanza perché a chi vive nelle regioni limitrofe non era consentito entrare a Gaza, mentre agli abitanti di Gaza era negato il permesso di uscire, anche se per motivi di studio.

Nonostante tutto, le biblioteche sono comunque riuscite ad aprire.
E anche a riaprire, dopo l’invasione di Gaza, durante la quale anche alcuni giovani utenti sono rimasti uccisi.

I resoconti che arrivavano dalle nostre biblioteche erano incoraggianti ma nessun membro di IBBY era mai riuscito a visitare le strutture. Solo durante quel breve periodo di speranza conosciuto come ‘la primavera araba’, c’è stato un momento di apertura e nel 2013 una piccola delegazione IBBY è finalmente riuscita ad entrare a Gaza, passando dal lato egiziano del valico di Rafah.
Il presidente di IBBY, la presidente della Fondazione IBBY, il direttore esecutivo e il capo della sezione palestinese di IBBY hanno approfittato di questa eccezionale occasione per vedere queste biblioteche dal vivo. E’ stata una visita che ha superato le nostre aspettative.

Gaza ci ha totalmente sorpreso. In quel momento i tunnel erano ancora in funzione. Il Qatar aveva fornito materiali edili per ricostruire gli edifici distrutti e le infrastrutture danneggiate durante l’invasione. Gli scaffali dei negozi erano colmi di provviste. Tutto ci è sembrato molto ben organizzato e meno povero di quanto avessimo immaginato.

Ma questa prima impressione di pace e di ordine è cambiata dopo aver parlato con le famiglie e i bambini che frequentavano la biblioteca di Rafah. I ragazzi più grandi lavoravano nei campi dopo la scuola per contribuire a sostenere le loro famiglie, ma la biblioteca aveva assunto una grande importanza nelle loro vite. Dopo la scuola o il lavoro alcuni bambini camminavano anche un chilometro con la voglia di entrare in biblioteca. Una volta arrivati, potevano scegliere se giocare a calcio in un piccolo cortile lì accanto, oppure entrare per leggere libri, usare a turno l’unico computer disponibile, cantare canzoni, scrivere e illustrare storie o semplicemente sedersi a chiacchierare. In biblioteca si sentivano al sicuro. Nessuno poteva entrare e cercare di reclutarli. Erano liberi di scegliere i loro libri, scrivere e dire ciò che pensavano. Siamo rimasti davvero sorpresi quando ci hanno riferito che uno dei il loro libri preferiti era ‘Cenerentola! I bambini con i quali abbiamo parlato e i loro genitori hanno aspettato sei ore il nostro arrivo, mentre cercavamo di attraversare il confine, solo per essere sicuri che potessimo sentire da loro quanto fosse diventato importante questo luogo. La biblioteca era diventato il loro luogo protetto: il mondo al di fuori semplicemente non era sicuro.

I bambini di Beit Hanoun, nel nord, sembravano meno rilassati, più nervosi anche se i loro genitori ci hanno raccontato che erano meno agitati e irrequieti quando stavano in biblioteca. Ci hanno parlato a lungo di come fosse spaventoso sentire i droni volare a bassa quota: tutti avevano conosciuto qualcuno che era stato ucciso in un cosidetto “attacco chirurgico“, teoricamente mirato a colpire solo i militanti. Questi ragazzi avevano sperimentato il peso di due invasioni di Gaza. Ci hanno raccontato come la seconda invasione, anche se più breve, fosse stata la peggiore, perché già sapevano cosa ci sarebbe stato in serbo per loro. Non ci sono rifugi per la popolazione a Gaza. Se quando iniziano i bombardamenti si è a casa, che si deve fare? Rimanere dentro o uscire? I ragazzi avevano amici e vicini di casa che sono morti facendo entrambe le cose.

Oggi le peggiori paure di questi bambini si sono avverate. I confini sono di nuovo chiusi e i bombardamenti sono ricominciati. Rafah è sotto scacco. Un’invasione è possibile.

Le persone che vivono a Gaza non possono scappare in cerca di protezione in un altro paese. Non hanno un posto dove andare. Non c’è un posto in cui nascondersi, in cui proteggere i bambini dai bombardamenti. Anche i siriani, nella loro terribile situazione, possono provare a fuggire e cercare rifugio. I bambini e le loro famiglie a Gaza sono bloccati al centro di una guerra. E come accade sempre in guerra, un numero spropositato di bambini perde ogni giorno la vita.

Gli abitanti di Gaza sono invisibili. A quanto pare, tutto può essere fatto loro impunemente. C’è una politica che si giustifica con la scusa di perpetrare omicidi mirati, che spara nelle case ben sapendo che ci saranno “danni collaterali“. In quale altro luogo al mondo tutto questo è considerato accettabile? Questo non si qualifica come un crimine contro l’umanità?

Le biblioteche IBBY sono di nuovo chiuse, non sappiamo per quanto tempo. I bambini che facevano affidamento su questi luoghi come uno spazio sicuro dove poter leggere, scrivere e suonare, sono costretti a vivere a casa, nella paura. Nel nostro viaggio di rientro, sull’autobus in uscita da Gaza, abbiamo incontrato un giovane che era in viaggio verso l’ Egitto per incontrare la madre per la prima volta in 15 anni. La donna era andata a visitare alcuni parenti e non le era mai stato permesso di rientrare: aveva dovuto lasciare il figlio da solo con un padre anaffettivo e una matrigna poco entusiasta. Era molto emozionato all’idea di rivedere sua madre, ma anche terrorizzato dalla possibilità che qualche funzionario egiziano arbitrariamente non lo lasciasse entrare. Ci ha chiesto perché gli israeliani lo odiavano quando non lui aveva mai fatto nulla contro di loro. Chissà dove si trova adesso.

Vi scriviamo queste brevi impressioni del nostro viaggio a Gaza nella speranza che possa convincervi della necessità di sollecitare i vostri capi di governo ad ascoltare IBBY.
Nel 2014 si celebrerà il 25° anniversario della Convenzione ONU sui Diritti del Fanciullo. Questa offensiva del governo di Israele è esecrabile, soprattutto per le drammatiche ripercussioni sui bambini palestinesi.

Ahmad Redza Ahmad Khariruddin, Presidente di IBBY – International Board on Books for Young People
Patricia Aldana, Presidente della Fondazione IBBY
Jehan Helou, Presidente della Sezione Palestinese di IBBY
Liz Page, Direttore Esecutivo di IBBY

Nota: in una guerra (perché questa è una guerra) non ci sono ‘buoni’ e ‘cattivi’. Ci sono soltanto persone che soffrono, prima o dopo. E spesso sono i bambini. Al di là delle ragioni storiche e politiche che guidano gli eserciti delle due parti contendenti, a farne le spese è chi sta in mezzo e subisce sulla propria pelle le conseguenze degli attacchi terroristici e delle pesanti rappresaglie che ne conseguono.  E spesso sono i bambini. Non togliere loro almeno un piccolo luogo dove poter pensare al loro futuro senza il rischio di morire o di essere arruolati con la forza e rischiare ugualmente la morte, non ci pare un’enorme concessione, ma soltanto un diritto basilare di ogni essere umano in formazione. Per cui, si tratta di lavorare per questo, per restituire un diritto inalienabile a coloro che saranno il Futuro, e non di ‘fare gli adulti’ schierandosi con l’una o con l’altra ‘squadra’ nell’eterno, stupido gioco del ‘O con me o contro di me’. Non si tratta di tifare, o di prendere le armi, o di sputare veleno contro il ‘Nemico’ che ci è più congeniale …  speriamo che sia chiaro, almeno questo.