Quanto guadagna un autore di fumetti “medio”? Quanto spende per produrre il proprio lavoro? Quanto gli resta in tasca di netto per vivere la propria vita? Quanti autori sono iscritti a un sindacato di categoria? Quanti conoscono veramente la normativa di settore e le relative leggi e quanti ne parlano solo per sentito dire? Quanti versano dei contributi pensionistici? Quanti riescono a vivere col solo lavoro fumettistico? E, ancora, fare fumetti è un lavoro decente che vale la pena? Si tratta di domande semplici e le cui risposte, tutto sommato, potrebbero essere praticamente scontate per qualunque lavoratore… che non sia un autore di fumetti italiano. Già, perché, per esempio, i francesi (cui non mancano certo le preoccupazioni, di questi tempi, e sia che abbiano torto o ragione nelle loro rivendicazioni) pare che vivano il proprio lavoro con una diversa consapevolezza, a giudicare da quanto potete leggere facendo click qui e poi click qui. Ma, alla fine della fiera, il punto non è tanto fare il confronto con il livello di sindacalizzazione dei cugini francofoni, quanto capire se il fumettista è un lavoratore come gli altri, o un artistoide perso nella propria presuntuosa ed egocentrica creatività con falsate percezioni della realtà che lo circonda. Nella prima ipotesi ha qualche speranza di sopravvivere. Nella seconda… finale a scelta (la fantasia almeno non ci manca, siamo creativi, no?).