9 Maggio 2014 16:35

Marcy Page lascia il NFB: fine di un’epoca?

Sa far spiccare il volo a ogni cosa” – questa forse la miglior definizione del ‘tocco magico’ di Marcy Page, storica produttrice del National Film Board of Canada che il 31 marzo 2014 ha lasciato il proprio incarico dopo 24 anni di onoratissimo servizio.

Marcy Page
Marcy Page

Scorrere il suo percorso produttivo è come visitare una lunga galleria di grandi film e grandi autori targati NFB: ‘Ryan’ (2004, premio Oscar), ‘The Danish Poet‘ (2006, premio Oscar), ‘Madame Tutli-Putli‘ (2007), ‘Subconscious Password‘ (2013), ‘Wild Life‘ (2011), ‘Flux‘ (2002), ‘The End of the World in Four Seasons‘ (1996), ‘How Wings are Attached to the Back of Angels‘ (1997); Chris Landreth, Chris Hinton, Amanda Forbis & Wendy Tilby, Craig Welsh, Janet Perlman, Don McWilliams, Paulimat Driessen, Torill Kove e tanti altri. Mi pareva dunque giusto tributarle un piccolo omaggio anche nel mio spazio su AfNews, con l’aiuto fondamentale di alcune interviste pubblicate su Animation World Network.

Ryan
Ryan

Californiana di nascita, Marcy Page insegnava produzione e storia dell’animazione alla San Francisco State University quando incontrò Normand Roger, storico compositore canadese del NFB (autore anche della colonna sonora di capolavori quali ‘An Old Box’ di Paul Driessen e ‘Father and Daughter‘ di Michaël Dudok de Wit), e gli propose di realizzare le musiche per il suo corto ‘Paradisia‘. Lui accettò, Page si recò a Montreal per completare la lavorazione e, anche ‘per colpa’ di Normand che in seguito divenne suo marito, finì col restare in Canada.

Vi giunse nel 1988, e avendo antenati franco-canadesi riuscì a superare l’impatto culturale e linguistico. Entrò a lavorare per il NFB, voluta dal produttore David Verrall, che la mise subito alla prova in qualità di regista, animatore e produttore associato su un’importante coproduzione col Giappone. Page si dimostrò talentuosa e assai portata al lavoro in team, e gli altri animatori la presero subito come punto di riferimento contribuendo non poco alla riuscita del lavoro. Verrall decise così di instradarla lungo la difficile, e certo meno divertente, carriera di produttrice tout court. Proprio in quel periodo stava per andare in pensione la produttrice Eunice Macaulay, e Page accettò la sfida che le cambiò la vita. – “Molti autori di animazione possono contare i lavori effettivi della propria vita sulle dita delle mani; come produttrice, ho avuto la possibilità di partecipare a molte più produzioni, anche se a distanza maggiore.” – raccontò Page, spiegando le ragioni di una decisione che alla conta dei fatti si rivelò giusta, pur nel rimpianto di aver (per ora) perduto la possibilità di ammirare sue opere personali. Del resto, Marcy Page non ha mai dimenticato l’animazione sul campo: – ” … una scossa potentissima, ricordo ancora i miei primi esercizi di animazione per un film. Un tale miracolo donare vita a qualcosa in questo modo … forse riuscirò a ritrovarlo ancora dentro di me, se dimenticherò l’aritmetica della realtà.

Con poca esperienza, Page richiamò a sé le lezioni del padre Jerry, educatore che sosteneva la necessità di spingere gli altri a scoprire il proprio talento, la propria voce e punto di vista, e anzitutto la fiducia in se stessi: un metodo che funzionava al meglio quando il maestro se ne restava il più possibile defilato. Pensò anche a cosa avrebbe desiderato lei da un produttore se fosse stata ancora regista. Come produttrice seguì questa filosofia, non certo incentrata sull’IO: a contare erano il progetto e il coinvolgimento delle persone, e Page impegnava tutte le sue possibilità per dar loro la forza di affrontare anche i periodi difficili. L’eclettismo divenne la sua misura, registi diversissimi fra loro finirono sotto la sua protezione, e pur amando le ‘storie ben scritte’ con picchi di pathos, ironia e sorpresa (‘The Danish Poet’, ‘Dinner for two‘, 1996, ‘Snow Cat’, 1998) non ha mai disdegnato opere più sperimentali come quelle dello stesso Paul Driessen, o Craig Welch o Chris Hinton (Flux), in una continua ricerca di espansione del linguaggio cinematografico. Le sue produzioni hanno in comune vesti grafiche innovative e sorprendenti, e sottolineano l’importanza di avere avuto esperienze di lavorazione diretta nel saper gestire personalità talvolta fragili o egocentriche, variegate come le forme che assumono le loro opere.

Flux poster
Flux poster

Per Page la parte più semplice del suo lavoro è stata comunque essere – “un avvocato per questo straordinario gruppo di persone, divertenti, umili, simpatiche e gentili.” Ma un produttore deve saper anche dare indicazioni e critiche che non sempre sono facili da accettare per un artista; eppure, dalle parole di coloro che hanno lavorato con Page traspare una completa e reciproca fiducia. Soprattutto – come ricorda Malcolm Sutherland (‘Forming Game‘, 2008) “ … un grande senso di apertura mentale, come se tutto fosse possibile … “. Conferma Torill Kove (Oscar nel 2007 per ‘The Danish Poet‘, il suo ‘My Grandmother Ironed the King’s Shirts‘ fu la prima co-produzione internazionale di Page): – “il suo contributo decisivo è la fiducia … sei lasciato libero di essere ciò che sei. E’ liberatorio.

Torill Kove con Marcy Page
Torill Kove con Marcy Page

Il ‘metodo Marcy Page‘ era semplice: trovava un regista in cui credeva davvero e lo sosteneva al 100%, aiutata – secondo Munro Ferguson (‘Falling in Love Again’, 2003) – “da una voce bellissima e calma, capace di calmare le intemperanze del più schizzato dei registi.“. Costruire un forte legame di fiducia è possibile solo se si possiede una solida autostima, figlia di una lunga esperienza: ” … una sorta di barometro delle emozioni – spiega Pageche deve bilanciarsi fra la spinta istintiva verso sfide incognite e il giusto calcolo del rischio …“. Grazie anche al sodalizio con Normand Rogers, Page ha imparato l’importanza basilare dell’armonia tra immagini e sonoro, fulcro di una completa immersione dello spettatore nel climax dei film.

The Danish Poet
The Danish Poet

Negli anni il NFB è cambiato, ed è cambiato il lavoro di produttore che è diventato sempre più difficile a causa dei problemi globali delle istituzioni culturali, delle pressioni del governo canadese e della burocrazia sempre più pressante; ottenere diritti è sempre più complicato, e al produttore resta poco tempo per seguire le fasi della lavorazione e garantire il miglior lavoro possibile.

Ma – sostiene Page – il NFB sopravviverà grazie alla sua anomalia, al suo essere quasi un ossimoro: fa un lavoro creativo all’interno di un’istituzione governativa. Sopravviverà a noi e ai figli dei nostri figli. Siamo prossimi al Centenario di Norman McLaren, la cui visione fondante dell’Animazione – “Si può animare qualunque cosa. Non c’è nulla che non possa venire animato” – ci ha fornito finora una ragione istituzionale, uno scopo per perseguire la via della sperimentazione, e ancora ispirerà i produttori che verranno dopo di me: è importante che non venga mai dimenticata. Il NFB è una realtà nata per assumersi delle sfide e rischiare. E’ stato enormemente fondativo nella mia educazione filmica quando insegnavo, e organizzavamo corsi interi basati sulle sue opere in collaborazione col Consolato Canadese. Il fatto stesso che il NFB esiste ha reso possibile per altri Paesi il concepire Istituti di Cinema propri: la sua influenza nel mondo è stata enorme. Ma dobbiamo continuare a produrre. Se le cose si perdono nella memoria, finisce tutto. In Usa e nel resto del mondo sembra esserci più coscienza dell’importanza del NFB rispetto al Canada, in cui la sua presenza viene data per scontata o addirittura è ignorata dalla gente e si parla dei nostri film soltanto se candidati agli Academy Awards.”

Oggi Marcy Page, come Mary Poppins che arriva, sistema le cose e se ne va, richiude la porta aperta 23 anni fa con la consapevolezza di aver ottenuto la stima e il rispetto di tutti coloro con cui ha lavorato in questo lungo periodo; il suo ritiro è una grossa perdita per il cinema di animazione, non solo per il suo riconosciuto ‘tocco magico’ come produttrice, ma soprattutto per la sua natura positiva, solare e discretamente sollecita e per il suo infinito amore per l’animazione e i suoi artisti. Realizzare corti è spesso un lavoro solitario, faticoso e frustrante e Marcy Page è stata una sorta di ‘zia’ amorevole in grado di dispensare fiducia e vitamine per lo spirito, di assicurare gli emolumenti necessari per lavorare senza che le energie degli autori si disperdessero. Il tutto senza mai invadere la scena, sempre con tatto e discrezione. Per questo, senza discutere l’indubbia professionalità di chi andrà a sostituirla, è probabile che le cose d’ora in poi al NFB non saranno più le stesse.
Del resto niente è per sempre, giusto? E Marcy non si guarda indietro.

Page - Lasseter - Verrall agli Oscar
Page – Lasseter – Verrall agli Oscar

Tra i suoi progetti futuri c’è anche il Portogallo, dove sta già collaborando con i grandi animatori lusitani Abi Feijò (Álvaro Graça de Castro Feijò) e Regina Pessoa in un contesto che definisce ” … di grande potenzialità. C’è in ballo anche un museo ideato da Abi, e l’apertura di nuovi Studios. Mi piace considerare il Portogallo come un Paese agli albori dell’animazione … dopo un periodo di buio sotto il regime di Salazar, l’industria del cinema sta finalmente rifiorendo, e sarà interessante partecipare a questa rinascita …” – anche se, precisa, l’impegno per ora sarà part-time, per dare spazio alla sua famiglia.

Madame Tutli-Putli
Madame Tutli-Putli

Per il futuro Page non si preclude alcuna possibilità (chissà? scrivere un libro di ricette, oppure girare un film d’animazione?) – ” … Ci sono sempre i progetti accantonati e lasciati indietro, dato che non si possono mai realizzare tutte le cose che si vorrebbero … ma non svaniscono mai del tutto, e ritornano in altre forme.

(Fonti: Animation World Network e National Film Board of Canada; tutte le foto sono tratte dal web)

2 risposte a “Marcy Page lascia il NFB: fine di un’epoca?”

  1. Ma perché se ne va? Si è semplicemente stufata o cosa?
    Mi dispiace per il Canada che perde una grande mente. Ma immaginare quello che potranno combinare lei, Regina Pessoa (che è una gigantessa dell’animazione)e Abi Feijò (altro grandissimo)insieme mi fa venire l’acquolina in bocca.
    Anche se definire il Portogallo agli albori dell’animazione è ingiusto con tutti i maestri che hanno avuto (tipo Artur Correia)e hanno ancora.

    1. Se ne va semplicemente perché sente di aver concluso il suo lavoro all’NBF e vuole prendersi tempo per decidere ‘cosa fare da grande’. Credo che parlando del Portogallo intendesse ‘agli albori’ non nel senso artistico (dopotutto ha prodotto Regina Pessoa e lo stesso Feijò) quanto in quello del contesto produttivo, azzerato da anni di regime e solo ora, proprio grazie al successo internazionale dei suoi maestri, tornato in grado di costruire un mercato interno e una rete in grado di rivaleggiare con l’estero: il suo lavoro lusitano credo preveda proprio gli aspetti organizzativi, la creazione di festival e nuove realtà lavorative. La stessa Pessoa raccontava delle difficoltà logistiche incontrate in Patria durante la sua formazione e nella realizzazione dei propri progetti …

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