Nel 1984, ASIFA-Hollywood e l’Academy of Motion Pictures Arts & Sciences organizzarono un piccolo festival di cinema d’animazione, chiamandolo ‘Olimpiadi dell’animazione‘, all’interno del Los Angeles Olympic Arts Festival. Ho pensato di ricordare colei che ideò l’evento e si spese per renderlo possibile, ovvero Mrs. Fini Littlejohn, basandomi sul testo di un’intervista da lei rilasciata nel 1996 a Harvey Denero su Animation World Network.
Un festival ‘tascabile’, ma con molte delle problematiche dei festival più strutturati, che volle provare a unire insieme il cinema di animazione con i Giochi Olimpici di Los Angeles, e che purtroppo col tempo sparì dalla memoria dei più.
Nata a Vienna, Josephine (Fini) Rudiger frequentò l’Isituto di Arti e Mestieri studiando design, illustrazione, pubblicità e scenografia per il cinema, ma fu come attrice che incominciò a farsi luce: apparve in numerose produzioni, partecipò ai cabaret letterari ed ebbe anche una parte nel classico di Wily Forst ‘Maskerade’ (1934) con Anton Walbrook. Nel 1937, alla vigilia dell’Anschluss nazista, a soli 22 anni capì, in quanto ebrea, di non avere più futuro in Austria e cercò di raggiungere uno zio negli USA, riuscendoci infine e sentendosi a lungo in colpa per aver lasciato a metà una produzione della propria compagnia: solo nel 1993 apprese che i membri erano stati tutti fucilati due mesi dopo la sua partenza, compreso il direttore. Ignara di ciò, Fini si ritrovò a New York alla prese con le difficoltà della lingua, cui reagì gettandosi a capofitto nel lavoro artistico, mantenendosi come illustratrice di libri e come pulitrice di vetri per i grandi negozi della città. Si trasferì a Los Angeles nel 1938, dove lavorò anche per Disney collaborando ai disegni di film come ‘Pinocchio’, ‘Cenerentola’, ‘Dumbo‘ e altri: fu una delle prime donne che gli Studios utilizzarono per attività artistiche. Doveva però ancora integrare le entrate lavorando come vetrinista nei centri commerciali, oltre che come illustratrice per l’infanzia. Nel 1943 sposò William Charles “Bill” Littlejohn (1914-2010), il ‘”dio del cinema di animazione” ( secondo la definizione del regista Michael Sporn) nonché produttore, avvocato e sindacalista (organizzò lo sciopero degli animatori Disney del 1941) e tra i fondatori di Asifa-Hollywood, e influente membro dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences. Grazie a lui poté approfondire il proprio interesse per questa forma di espressione artistica.
Lo accompagnò nei numerosi viaggi legati alle attività con ASIFA International, tra cui l’organizzazione di vari festival, e poco a poco la loro casa di Malibù divenne un gradito approdo per numerose grandi personalità del settore.
L’idea per un’Olimpiade dell’Animazione a suo dire le venne ispirata dal produttore Les Goldman (‘Come il Grinch rubò il Natale’ di Chuck Jones), il quale vedeva sempre grandi prospettive per l’animazione. Per quanto inizialmente oscurata dal progetto principale del Festival delle Arti Olimpiche in attesa dei Giochi, Fini riuscì in qualche modo a ottenere l’appoggio di Paul Ziffern, pezzo grosso del Comitato Olimpico.
L’idea iniziale era di riunire in un programma “tutti quei meravigliosi film che abbiamo visionato negli ultimi 30 anni girando per i festival, e che non si vedono mai da noi.
”
Asifa-Hollywood, guidata da Bill Scott, prese l’evento sotto la propria egida; con il contributo decisivo dell’attrice-doppiatrice June Foray (la ‘voce’ del Gatto Lucifero di Cenerentola, co-fondatrice di Asifa-Hollywood e ascoltato esponente di A.M.P.A.S ), l’Academy accettò di ospitarlo nel suo Samuel Goldwyn Theater di Beverly Hills. Il progetto finì poi sotto il patrocinio di Douglas Edwards, e fu convinto a partecipare Prescott Wright, noto distributore ed esperto organizzatore di festival, insieme al critico e storico Charles Solomon. In aggiunta alla retrospettiva voluta da Fini, arrivò l’idea di inserire nuovi film realizzati espressamente per le Olimpiadi. Cosa non facile, come Fini ebbe modo di constatare a sue spese. Si mosse personalmente per reclutare professionisti e approfittò dei viaggi a Lucca e ad Annecy insieme a Bill per contattare gli animatori. I primi due ad aderire al progetto promettendo di spedire un lavoro furono due italiani: Bruno Bozzetto e Osvaldo Cavandoli.
In questo cammino Fini ebbe modo di fare esperienza del clima di ‘guerra fredda’ vigente all’epoca: fu assai colpita dalla gelida accoglienza ricevuta in Unione Sovietica e Cecoslovacchia, dove ricevette rifiuti anche da vecchi amici come Feodor Khitruk, tutti impossibilitati ad aderire alla sua proposta. Infine, uno dei suoi interlocutori, della Germania Est, le consigliò di non rivolgersi più direttamente agli artisti ma di chiedere agli studios il permesso di farlo. Fini non aveva compreso la portata dello ‘strappo’ di 4 anni prima, con il boicottaggio USA dei Giochi di Mosca; sgarbo ora restituito dai Russi proprio a Los Angeles, con conseguenze in tutti i campi di interazione fra i due Paesi.
Malgrado le difficoltà, alla fine si iscrissero 140 nuovi film incentrati sullo ‘Spirito Olimpico’, provenienti da 18 nazioni, di cui 32 vennero selezionati. Tra i grandi, oltre a Bozzetto e Cavandoli, da citare anche Yoji Kuri (Giappone), Graeme Ross (Canada) e Sàndor Bekesi (Ungheria). Inaspettato fu l’interesse riscosso presso le scuole di tutto il mondo: ben 28 film furono realizzati da studenti liceali o anche più giovani. Tutti vennero proiettati a margine della selezione ufficiale, tranne uno, italiano, ‘L’importante è partecipare’, che riscosse enorme popolarità tra il pubblico,
Vi furono anche altri aspetti che accentuarono il disappunto di Fini: per esempio, non approvò del tutto la selezione finale dei 50 migliori film animati di tutti i tempi (il ‘Campionato Mondiale dell’Animazione’) scelti da un comitato internazionale di giornalisti, studenti, produttori e direttori di festival. Un elenco poco equilibrato e, a suo dire, fuori dai limiti che lei stessa aveva tracciato: molti erano film che erano ancora nella memoria del pubblico, e non necessariamente i migliori. Non apprezzò nemmeno il programma speciale ‘Walt Disney’s Tribute to Sports Goofy’, incentrato sulle (dis)avventure di Pippo alle Olimpiadi e forse da lei visto come una sorta di ‘riempitivo’ e di concessione alla ‘supremazia’ disneiana. Malgrado ciò, l’Olimpiade costituì un’autentica iniezione di morale per la comunità locale di animatori: occorre ricordare che all’epoca l’industria del settore sembrava giunta al collasso, con grandi quantità di lavori soffiati dagli studi dell’Est Asiatico; l’Olimpiade fornì agli animatori americani l’opportunità, ancora una volta, di sentirsi orgogliosi della propria professione e della propria, globalmente riconosciuta, arte. La grande pubblicità, e il plauso della critica, attirarono poi l’attenzione del pubblico su pietre miliari della storia dell’animazione hollywoodiana, quali la serie degli ‘Enchanted Drawings’ del Los Angeles County Museum of Art: i produttori furono entusiasti nel vedere le sale piene anche per i film senza sonoro! Insomma, malgrado tutti i dubbi di Fini, ne valse la pena.
Il poster dell’Olimpiade venne realizzato da Emanuele Luzzati.
Ricordiamo brevemente il ‘Campionato mondiale dell’Animazione’, la lista dei migliori 50 film scelti dalla giuria olimpica internazionale (anche se su 100 interpellati risposero solo in 35!) e di cui soltanto 32 vennero in effetti (e a volte solo parzialmente) proiettati durante il festival: vincitore assoluto Skazka Skazok (Tale of Tales, Il racconto dei racconti), del maestro russo Yuri Norstein; Bruno Bozzetto si piazzò al 16. e al 50. posto con ‘Allegro, non troppo’ e ‘Una vita in scatola’.
Josephine ‘Fini’ Rudiger Littlejohn è morta nel 2004, sei anni prima di suo marito, ‘Big’ Bill.
Trent’anni fa, la ‘sua’ Olimpiade.
Questa proprio non la sapevo. Grande gatto!