7 Agosto 2013 05:37

Centomila giornate di preghiera

immagine1Non possiamo cambiare il passato o riscrivere l’orrore nemmeno pregando per centomila giorni. Possiamo dimenticare, rimuovere, ricominciare da zero. E’ proprio quello che hanno fatto i reduci del regime maligno di Pol Pot. Sappiamo bene che non è giusto, perché se un popolo si rifiuta di ammettere la verità di una tragedia, essa è destinata a ripetersi. Magari in un altro luogo, in un altro Paese, ma si ripeterà! Pensavamo che le dittature dello scorso secolo avessero superato ogni limite. Chi poteva fare peggio di Hitler? Nemmeno il sangue versato in Vietnam è stato così copioso, così odioso, così tragicamente “inutile” come quello che ha inondato il popolo cambogiano. Quasi un terzo della popolazione fu sterminato dai Khmer rossi ma, quel che è peggio, le deportazioni di massa (le città svuotate e gli abitanti tratti in schiavitù nei campi), l’annientamento delle personalità, l’annichilimento dei legami familiari, hanno lasciato solo cenere nella memoria collettiva. Anche dopo la caduta della dittatura, la fine della barbarie, coloro che hanno ricominciato a ricostruire la Cambogia hanno cancellato quel periodo, anche dai libri di scuola. Volevano, immagine2dovevano dimenticare la Storia e, con essa, le storie dei parenti scomparsi per sempre. Erano nonni, zii, padri e fratelli: non sono mai esistiti! Può esserci qualcosa di peggio? Eppure la mente umana, soprattutto quella “collettiva”, funziona così. Lascia che il tempo attivi i suoi anticorpi, che sono potenti. Bagliori nel buio che assomigliano a brandelli di ricordi sono stati incollati con calma, perché ogni frammento costa dolore, in questo graphic novel di Sterckeman e Hui Phang. Come ricostruisci un puzzle di vetro tagliente e sporco di sangue? Con un bambino, un bimbo scappato con la madre europea in Francia, quando tutto stava iniziando in quella zona disperata del sud est asiatico. Con un padre, del quale non si conosce la sorte e del quale nessuno parla. Quel bambino, Louis, intelligente ed educato, silenzioso ed introverso, non riesce a vivere felice tra quei silenzi pesanti, monco di un passato. Attenzione, qui non si tratta della solita storia della ricerca del padre anche se accompagnata, quasi diretta da una convulsa attività onirica della mente. Qui si sfiora l’arte, soprattutto quando essa rivela le pieghe più nascoste della vita o quando evoca le atmosfere degli inferni in terra. Lo stesso “Virgilio” del ragazzo, un canarino morto e mai sepolto,immagine3 svela vuoti deserti che assomigliano alle piazze di De Chirico, solo con molta, molta più cenere. Si può ricostruire qualcosa con la cenere? E’ questa, a mio parere, la vera domanda di questo capolavoro che bene ha fatto Igort a pubblicare per la collana Cult della Coconino. Come si incolla la cenere? Alla fine il bambino, diventato adulto e Laurence, la bella madre ormai invecchiata, ci riescono con un viaggio reale questa volta nella Cambogia odierna. Il canarino è stato sepolto da tempo. C’è un segno di rinascita, melanconica, ma rinascita. A noi occidentali che non abbiamo mosso un dito per fermare quella tragedia, non ci resta che pregare. [Recensione di Nico Vassallo]

CENTOMILA GIORNATE DI PREGHIERA

di Michaël Sterckeman e Loo Hui Phang

Edizioni Coconino Press – Fandango

(231 pagine – Euro 19,50)