Se vi ritrovate in quanto scritto qui di seguito, è meglio che leggiate con attenzione l’articolo completo facendo click qui. “Lavorare nell’editoria italiana è un’attività per giovani, in particolare donne. Un lavoro per persone con profonde motivazioni e passioni. Un lavoro nella maggior parte dei casi precario, o autonomo, e soprattutto insufficiente per la costruzione di un reddito e di un destino individuale. Non a caso, arrivati alla soglia dei 40 anni, molti addetti del settore entrano in crisi e raggiungono la consapevolezza che quest’attività non basta a sostenerli, e la abbandonano o integrano con altri lavori…” e ancora “L’inchiesta evidenzia come quella editoriale sia una professione intensamente amata da coloro che vi lavorano, in modo precario e discontinuo, con grande passione e investimento personale; un lavoro a cui si “aspirava”; un settore nel quale si ambiva entrare; un mondo contraddistinto però da forti criticità, con poche e inadeguate tutele e garanzie. Come afferma efficacemente una intervistata: “Adoro quello che faccio, odio non avere sicurezze contrattuali, diritti, pagamenti e riconoscimenti adeguati”…”