12 Aprile 2013 01:50

Quando c’era il fumetto d’appendice

Selim-NadirQuintoIl principe azzurro compare spesso nelle fiabe o nei sogni delle ragazze, ma per un lungo periodo, dall’aprile 1938 e per diversi mesi, compariva anche sulla copertina dell’Intrepido, il mitico settimanale nato a metà degli anni Trenta e vissuto per circa mezzo secolo. Si chiamava Selim, era un principe indiano “bello come il sole”, ma sembrava un vero Principe Azzurro, come diceva il titolo della lunga storia a fumetti, iniziata il 9 aprile di 75 anni fa e continuata a lungo. La  vicenda, fatte le debite proporzioni, poteva rievocare le atmosfere, le situazioni, i personaggi dei vecchi romanzi d’appendice, quelli che oltre un secolo fa i quotidiani pubblicavano a puntate in una striscia alta una dozzina di centimetri, collocata a fondo pagina. Sui giornalini c’erano i disegni in più, che stuzzicavano la fantasia dei piccoli lettori e stimolavano i sogni delle bambine, a lungo trascurate dagli editori, e forse anche dagli autori. I fratelli Del Duca, Alceo, Cino e Domenico, quando iniziarono a pubblicare giornalini a fumetti avevano un’altra visione, volevano allargarne la lettura anche all’altra metà del cielo, evitando di proporre solo avventure americane e offrendo invece racconti autarchici, seppure quasi sempre ambientati in scenari esotici. Sia sul Monello che sull’Intrepido – i due maggiori successi editoriali dei tre fratelli – proponevano racconti che sin dai titoli evocavano quelli dei più popolari romanzi d’appendice. Ecco allora comparire, citiamo alla rinfusa, Olga l’orfanella eroica, La figlia del re, CuoreGaribaldinoCuordiviola, Cuore garibaldino, La freccia d’argento e tanti altri disegnati per lo più da Giuseppe Cappadonia, oppure Il mozzo, Il piccolo patriota o Il piccolo ammiraglio disegnati da Walter Molino che nel dopoguerra sarebbe stato forse il massimo autore di fotoromanzi. In mezzo a queste e altre storie spicca quella del Principe Azzurro. scritta da Treddi, ovvero Domenico Del Duca e disegnata da Antonio Salemme, due autori del fumetto anni Trenta forse dimenticati. Se Treddi attingeva a piene mani dai romanzi d’appendice, ma senza copiarli, Salemme – nato forse nel 1903 e morto in miseria ed emarginato perché ebreo durante i bombardamenti di Milano nel 1943 – è stato un bravo disegnatore, non eccelso né geniale, ma sempre efficace nel proporre personaggi e situazioni ricchi di amori, scontri, passioni, complotti, ambizioni, gelosie e tutti quegli ingredienti tipici del romanzo d’appendice d’una volta, oppure dei fotoromanzi alla Grand’Hotel oppure delle telenovelas o dei telefilm dei giorni nostri, scontati, prevedibili, banali, anche infantili o ingenui, ma tanto affascinanti, proprio come quei fumetti di tanti anni fa. (Carlo Scaringi).

Una risposta a “Quando c’era il fumetto d’appendice”

  1. Salemme è caduto combattendo in Africa secondo il necrologio ricordo pubblicato sul numero 37 del 1942 a firma Wanda Bontà. Era tenente colonnello.

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