22 Dicembre 2012 01:22

Dago: Umberto (Eco)

Immagine Dago- UmbertoChe bello, ogni tanto, ritornare a scuola. A quella del fumetto sudamericano, la più prolifica, prestigiosa, immaginifica e colta della storia del fumetto mondiale e qui ci sono tutti i migliori talenti contemporanei. I paraguayani Robin Wood (sceneggiatura) e Edgar Arce (colori), gli argentini Carlos Ernesto Gomez (disegni) e David Tejada oltre che Claudio Moreno, al lavoro sulla copertina. Che scuola! Che piacere del racconto! Che cura delle sequenze!
Questa volta, in un fumetto di Dago, appare uno scrittore, Umberto, pensieroso, scorbutico, egocentrico, alla ricerca del segreto e della logica della scrittura. E’ proprio lui, Umberto Eco, con tanto di occhiali, barba, instabilità emotiva. Ed è proprio lui che trascina Dago nei misteri tenebrosi di una vicenda di morte, vendette, amori rubati, coltellate.

Come al solito non racconto la storia. Quella gustatevela voi sfogliando un cartonato prezioso, ben stampato, in carta di pregio. Che meraviglia di efficacia nei disegni di Gomez, esaltati dai colori di Arce, con un’ispirazione ipnotica alla pittura fiamminga. Personaggi con le espressioni perplesse o tristi di un Lucas Van Leyden o dure ed inflessibili di un Hans Holdein. Tutti immersi nella natura di Pieter Brughel più che nel delirio di Hieronymus Bosh. Dago è più colto di quanto si pensi. Non è solo melodramma o feuilleton. Questi sono solo espedienti dell’arte del fumetto, mezzi.

Immagine Dago- Umberto n°2E’ l’atmosfera dei primi decenni del XVI secolo che emerge in modo strabiliante e ci trascina in un mondo ancora “sospeso”, all’ombra dei contrasti tra cattolici e protestanti, con l’Europa divisa in due (protestante la parte centro-settentrionale e cattolica quella meridionale), sull’orlo dello scontro tra poteri che segue inevitabilmente ogni conflitto religioso. Il Concilio di Trento è ancora lontano da questo racconto! La sensazione di instabilità, di incertezza, di violenza triste ed inevitabile è la genialità creativa dell’universo di Wood e Gomez, è l’acqua calma e limacciosa nella quale nuota Dago. Intuisco perché sia piaciuto ad Eco, fino ad accettare di diventare un personaggio, non certo una comparsa, di questo episodio. Probabilmente gli ha ricordato più che il “metodo investigativo” (altro “espediente” narrativo) de Il Nome della Rosa), quella sospensione tra realtà storica e delirio onirico de Il Pendolo di Foucault, a mio parere il suo libro più straordinario, nonostante il parere di molti critici.

Ora ponetevi la domanda che, tradizionalmente, ci facciamo noi amanti del fumetto dal 1964 (la data pubblicazione del saggio del grande semiologo). Dago è un apocalittico o è un integrato?

Nico Vassallo

 

Dago – Umberto

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