2 Settembre 2012 01:50

Sul lavoro si può anche scherzare

illaureatocambialook001Gli autori di fumetti non amano molto il mondo della scuola né quello del lavoro, forse perché i comics devono proporre temi evasivi e divertenti, e non annoiare i lettori, grandi o piccoli che siano, con argomenti fin troppo pesanti. Risalendo nel passato, diciamo anni Sessanta e Settanta, è facile invece scovare qualche eccezione che conferma la regola. Ecco allora due esempi tra loro diversi, ma egualmente emblematici. Con le strisce del Laureato (1974), Luca Novelli – passato con successo alla divulgazione scientifica – ci racconta, con delicata ma pungente ironia, le peripezie di un giovanotto fresco di laurea (quasi un’anticipazione dei bamboccioni di oggi) per entrare nel mondo del lavoro. Si scontrerà con padroni arroganti o paternalistici, impiegati fannulloni, con l’invidia di molti e la solidarietà (scarsa) di pochi. Ne esce un ritratto straordinariamente attuale, anche in questi tempi di crisi. Con Gasparazzo creato su Lotta Continua da Roberto Zamarin, scomparso in un incidente stradale alla fine del 1972, ci troviamo nel pieno delle lotte sindacali in una grande azienda, diciamo pure la Fiat, con gli scontri duri con il padrone e con quei lavoratori che non fanno sciopero, in una realtà aspra e drammatica, GasparazzoZamarincom’erano quegli anni di piombo. Altro clima si respira invece in alcune strisce inglesi degli anni Sessanta e dintorni, dove l’umorismo prevale sulla satira, pur senza trascurare una doverosa critica di costume. Andy Capp di Reg Smythe è l’esempio più famoso: perenne disoccupato e sfaticato in servizio permanente, vive sulle spalle della moglie Flò che si spacca la schiena nelle case altrui. Lei si lamenta, ma lui non demorde: ha un orario da rispettare, dalle 16 alle 24 a bere birra al pub, e prima a sonnecchiare sul divano. Chi invece in fabbrica ci va tutti i giorni, o quasi, è Tommy Wack, riuscito operaio andy-cappmetallurgico creato da Hugh Morren. Ogni tanto avvita qualche bullone, ma sinceramente preferisce organizzare lotterie, pranzi sociali, scioperare, nascondersi nell’ultima stanza dove il caporeparto non lo trova. Insomma, tutto fa meno che lavorare, come Bristow, ideato nel 1960 da Frank Dickens. E’ il classico impiegato della City, doppio petto scuro e bombetta in testa, annoiato, alienato, stufo del lavoro d’ufficio, vorrebbe evadere, o meglio spezzare le catene del sistema, ma poi pensa che "la vita è un buon impiego sicuro e una busta paga ogni mese", e resta alla sua scrivania, TommyWackcontando i giorni e le ore che separano il lunedì (il giorno più odiato della settimana) dalle cinque del pomeriggio di venerdì, sperando sempre che accada qualcosa, come quella volta del disastro del carrello del the. Forse Frank Dickens ha esagerato un po’, ma basta scorrere qualche buon libro (di Gogol, di Courteline, quello delle "mezze maniche" o del nostro Bersezio con le miserie di Monsù Travet) o rivedere qualche vecchio film, come i primi Fantozzi, per scoprire che la bristowburocrazia amministrativa è un ingranaggio che macina tutto, spesso senza dare alcun risultato. I tecnici e i loro assistenti che ci governano potrebbero trovare mille e più spunti in questi fumetti (uno strumento culturalmente valido, secondo il ministro Profumo, che non ha demonizzato le sue letture giovanili) per portare avanti la loro "spending review", operazione risparmio in termini più comprensibili. E se ciò non bastasse basta trascorrere una mezza giornata in un qualsiasi ufficio postale – il tempo medio per spedire una raccomandata o pagare una bolletta – per rendersi conto che tagliare si può, e in qualche caso è anche utile. (Carlo Scaringi).