Esaurita la stagione dei fuochi pirotecnici, sostituiti i tremonti con un unico monte, gli italiani sono finiti bocconi in un profumo che qualcuno dice d’incenso. Senza troppi giri di parole, si può invece dire che il governo, che tutti o quasi giudicano sobrio, è invece opaco, con ministri competenti ma che poco o nulla offrono alla satira. Dopo il periodo delle vacche grasse, i vignettisti dovranno cercare nuovi spunti per le loro frecciate, per anni dirette contro un unico obiettivo che, dal canto suo, faceva il possibile per farsi masochisticamente trafiggere. Per un buon autore satirico (e in Italia non mancano) la cronaca mondiale offre mille spunti, dalla primavera araba, cui fatalmente segue l’autunno, alla mafia russa che gioca al pallone. Nel corso degli anni diversi autori hanno dimostrato che si può essere grandi disegnatori, anche cattivelli, senza mettere alla berlina i grandi della Terra. Uno di questi è Jean Jacques Sempè, nato a Bordeaux il 17 agosto 1932, che tutti conoscono solo come Sempè – un nome corto, rapido, secco quasi come un battito di mani – e che ha raccontato da oltre mezzo secolo, sui giornali di tutto il mondo, piccole storie di piccoli e anonimi individui. Sempè è tra i maggiori umoristi del nostro tempo, garbato, intelligente, educato e graffiante, ma con un profondo gusto per la critica (di costume). I suoi personaggi – uomini e donne, spesso piccolissimi, mescolati e quasi invisibili tra tante anonime figurine – ci narrano con poesia e arguzia, storie e situazioni comuni. Dal Petit Nicolas (una sorta di Gian Burrasca secondo Novecento creato da Goscinny e illustrato da Sempè) a Matteo Sassolino, questo autore ha sempre avuto una passione particolare per il paradosso. Ce ne offre un’originale e poetica prova in una storia degli anni Novanta, che adesso è proposta da Donzelli, qualche mese dopo il ponderoso volume dedicato al piccolo Nicola. Il libretto, nemmeno cento pagine, s’intitola "Il segreto di Monsieur Taburin" e narra la storia di un meccanico che vende e ripara biciclette a Saint Cèron, un paesino della provincia francese. E’ amico di tutti, tutti gli vogliono bene, non solo per la sua cordialità, ma perché è un mago nel riparare biciclette. Salta una catena, si buca una gomma, si rompe una pedivella, si storce il manubrio: non c’è guaio, grande o piccolo, che il buon Taburin non sappia curare, vero chirurgo delle due ruote. Un giorno fa amicizia con il fotografo Figougne, sempre in cerca di soggetti originali. Taburin, con la sua piccola bottega piena di oggetti strani, è un tema perfetto per il suo hobby. Vorrebbe immortalarlo mentre pedala sulle due ruote, magari sulle strade del Tour. Ma c’è un piccolo problema: Tabarin non è capace di andare in bici. E’ il crollo di un mito, che Sempè ci racconta con leggerezza, con poesia, con ironia, mescolando il bianconero con delicati sbuffi di colore, e inserendo anche qualche nuvoletta, forse pensando alle strade polverose percorse dai ciclisti dei primi Tour. (Articolo di Carlo Scaringi).