L’imminente uscita del film di Spielberg su Tintin si preannuncia come l’evento dell’anno per gli appassionati di fumetti, che potranno rifarsi delle delusioni suscitate periodicamente dai tanti film di supereroi, veri kolossal economici e tecnologici, ma spesso deludenti sul piano artistico, seppure ovviamente sempre spettacolari. Spielberg ha realizzato il film su Tintin trent’anni dopo averlo scoperto, al tempo del primo Indiana Jones. Ma quello del regista americano non è il primo film sul giornalista giramondo, perché negli anni Sessanta due registi francesi girarono due film, interpretati entrambi da Jean Pierre Talbot, giovane promessa rimasta senza futuro. Il primo è Tintin e il mistero del Vello d’Oro, e l’altro è Tintin e le arance blu. Film sostanzialmente modesti, che salvo errori non sono mai arrivati in Italia. Anche la prima storia disegnata da Hergè nel 1929 ha incontrato molti ostacoli nel nostro Paese e solo una ventina di anni fa è stata proposta in un volume dalla Comic Art in una collana di cartonati dedicata a Tintin. Il motivo? La prima storia – con cui la Rizzoli-Lizard apre la collana integrale dedicata a Tintin – s’intitola “Tintin nel Paese dei Soviet” e narra con una certa cattiveria e molto realismo la vita nell’Unione Sovietica del nascente stalinismo. In un certo periodo e in certi ambienti non venne giudicata politicamente corretta. Da qui una forma di censura editoriale occulta. Nella storia non c’è ancora nessuno dei tanti personaggi che di solito fanno da contorno ai viaggi del protagonista, dal capitano Haddock, vecchio lupo di mare dalla folta barba nera, ai poliziotti Dupond e Dupont, inappuntabili in abito nero e bombetta, dal professor Girasole alla cantante Bianca Castafiore, ecc. C’è solo Milù, fido compagno di viaggio di Tintin, un cane che svolge funzioni di “coro” o di voce della coscienza. La vicenda vede il nostro eroe andare alla scoperta del “paradiso” sovietico, ma sin dall’inizio è braccato dalla polizia segreta che vuole impedirgli di raggiungere Mosca e di raccontare la verità. Ma Tintin ci riesce e vede caos, file, miseria, oppressione, in una parola la dittatura, che Hergè documenta in tante vignette in bianconero, scarne, quasi aride, in un anticipo di quella “linea chiara” tipica di molti fumetti francofoni. Nel viaggio di Tintin ci sono pericoli ed emozioni insieme a pungenti frecciate al regime che forse possono apparire viziate da velenoso anticomunismo, ma dopo gli eventi del 1989 sembrano quasi profetiche. La condanna del totalitarismo è netta, come netta è sempre stata, in altre storie, quella della violenza, del militarismo, dell’autoritarismo. Nel corso della sua carriera Hergè – e implicitamente Tintin – ha subito accuse di filo nazismo perché in una storia del 1942, La stella misteriosa, tutti gli amici del giornalista provengono da Paesi dell’Asse mentre i nemici sono, ovviamente, americani. Dopo la Liberazione venne fermato e passò una notte in carcere, ma fu subito liberato perché, come sostennero tutti, “era ridicolo mettere in prigione il papà di Tintin”. Per lungo tempo fu il personaggio più popolare del fumetto francofono, ha girato il mondo intero ed è stato persino sulla Luna molto prima di Armstrong, ma mai in Italia. Dopo trent’anni è stato scalzato dal bellicoso Asterix, creato nel 1959 dalla coppia Goscinny-Uderzo. Ma secondo De Gaulle (sempre modesto il generale-presidente) Tintin è stato “il solo rivale internazionale di De Gaulle”, come confessò allo scrittore Andrè Malraux che lo intervistava. (Articolo di Carlo Scaringi).