Un film targato Spielberg e Jackson è inesorabilmente un evento mondiale. Per questo le aspettative sul loro Tintin (primo, se tutto filerà liscio, di una trilogia in 3D e motion capture – click qui per il trailer) sono naturalmente assai alte. A tutto questo, che attiene al mondo del cinema, si aggiunge il fatto che siamo di fronte a una operazione di trasposizione cinematografica da un’opera letteraria che è un classico (per certi versi, “il” classico) della letteratura disegnata europea. Un po’ come affrontare una versione filmica di Pinocchio… Come sono entrati, i due famosissimi registi, in questa avventura? Noi, ora, qualcosina in più possiamo dirla, avendo potuto esaminare la trama completa di questo primo episodio (di cui, però, non vi daremo alcuna anticipazione): è come se Spielberg avesse fatto un “frullato di ricordi infantili” (pur non essendo tali, almeno per lui), miscelando diversi albi della serie a fumetti, come si fosse trattato veramente di raccogliere, quasi a caso o dai postumi di una seduta psicoanalitica, i ricordi di tanti anni prima, confusi, mescolati, emozionanti, improbabili, divertenti, per ricavarne una nuova avventura, un concentrato di elementi che non avessero più la necessità di attenersi per forza alle trame di origine, pur restando perfettamente riconoscibili, ma si adattassero alla storia che il regista, forse, avrebbe voluto leggere, o che immaginava di aver letto, e che era solo nella sua mente. In questo modo, Spielberg in particolare, si è riservato uno spazio di interpretazione del mondo di Tintin, ricavato dalla propria personale percezione di quel mondo, quasi a voler raccontare la “propria storia” di Tintin. In realtà il tutto va considerato tenendo conto che, oltre al “sentire” di Spielberg e a quello di Jackson, abbiamo a che fare con una sceneggiatura a tre mani (Steven Moffat, Edgar Wright, Joe Cornish). Gli sceneggiatori (e i registi) si sono legittimamente presi la loro bella libertà interpretativa, avrete modo di notarlo, e, molto probabilmente, per potersi godere serenamente il film, i fan della serie dovranno liberare la mente da qualsiasi collegamento coi fumetti da loro tanto amati. Potranno così apprezzare anche gli inside jokes e i richiami a Indiana Jones, magari, considerando l’originale opera cinematografica “solo” un omaggio a Tintin. In ogni caso, a una prima analisi, dal punto di vista (diciamo così) “letterario”, la distanza fra sceneggiatori (e registi) e Hergé sembra abissale e incolmabile. Ma tant’è: si trattava di fare un film e, per giunta, per Hollywood. Quindi, molto movimento e trama lineare, e tuttavia accattivante, avvincente, coinvolgente. Si dovrà proprio vederlo sullo schermo, per capire se funziona: spesso i registi fanno miracoli, da dietro la macchina da presa. Impossibile dire, invece, se questo minestrone artistico (al di là del sapore sicuramente raffinato) sarebbe stato gradito o meno da parte di Hergé, che, lo si può ben comprendere, tendeva a evitare di perdere il controllo della sua opera e preferiva tenersi a distanza dalle elaborazioni a lui esterne, distinguendo sempre con forza il fumetto (narrazione con propri contenuti e propria forma) da tutto il resto. Il risultato del lavoro cinematografico porrà, probabilmente, una distanza inevitabile (per le intenzionali differenze nella trama, il contenuto, oltre che per la naturale differenza del mezzo narrativo, la forma) tra l’opera letteraria, espressa nelle storie a fumetti, e quella filmica. Qualcosa di simile alla distanza che separa il Paperino dei film, isterico e incomprensibile, da quella dei bei racconti a fumetti di Carl Barks, in cui il papero ha la propria dignità di “persona a tutto tondo” e ben altro spessore. Insomma, è un po’ come quando Topolino interpreta il ruolo di un moschettiere del Re in un cartone animato: non è il Topolino della “vita reale” (quella a fumetti, per dire), è Topolino attore, che interpreta un ruolo al cinema. Nel film di Spielberg e Jackson succede qualcosa del genere: i personaggi della serie a fumetti diventano “attori” che interpretano se stessi in trame vagamente simili e altrettanto diverse, pur mantenendo (almeno per i principali protagonisti) le proprie inalienabili sostanziali caratteristiche personali. Sì, sarà un evento, anche per questo, per i lettori delle avventure a fumetti. E per le persone che non le avesse mai lette, potrà essere una buona occasione, nel caso avessero gradito il film, per immergersi in un mondo decisamente diverso, quello dei fumetti, e scoprire altro. Molto altro. Magari in attesa del prossimo film, perché no: la fantasia umana si nutre di tante e diverse emozioni. (Articolo di Gianfranco Goria)