9 Marzo 2011 06:52

Capitan America tra propaganda e patriottismo

CapAmericaIl 1941 per gli Stati Uniti fu un anno di grande tensione, quasi di paura per la guerra in corso in Europa. Molti temevano un coinvolgimento degli USA nel conflitto, altri lo consideravano inevitabile. Nell’attesa tutti stavano, è il caso di dirlo, sul piede di guerra e si mobilitavano. Il mondo dei fumetti non restò alla finestra e sulla scia del successo di Superman e Batman creò, tra il 1940 e il ’41, un piccolo esercito di supereroi pronti a combattere contro i nazisti. Il primo – che divenne subito popolare – fu Capitan America, ideato da Joe Simon e disegnato da Jack Kirby, allora alle prime armi. Capitan America apparve in un comic-book nel marzo 1941 che ne narrava le origini, quasi fantascientifiche. All’inizio della storia, infatti, c’era Steve Rogers, un giovanotto che voleva arruolarsi nell’Esercito. Scartato perché troppo mingherlino, fu scelto da alcuni scienziati come cavia per uno strano esperimento: una sostanza appena scoperta lo avrebbe trasformato in un uomo muscoloso, robusto, grande, quasi invincibile. L’esperimento riuscì, ma nel gruppo degli scienziati c’era una spia nazista che tentò di trafugare la formula segreta: scoperto, fu 002marchittosubito bloccato da Capitan America. Dopo la trasformazione, Steve indossò un costume rosso e blu come la bandiera americana, un casco alato e imbracciò uno scudo, che era anche una terribile arma. Insieme al giovanissimo Bucky Barnes – la mascotte del reggimento che lo aveva sorpreso mentre indossava il costume – Capitan America divenne una sorta di “arma segreta” degli americani, combattendo contro i nazisti, i giapponesi e tutti i nemici della libertà, quasi sempre insieme a Bucky, versione in divisa del Robin di Batman. E’ impossibile elencare tutte le imprese di questa singolare coppia, i primi personaggi di carta a scendere in guerra (poi sarebbero stati imitati da Superman, Gordon, Topolino e molti altri). Le loro avventure sono spesso al limite del verosimile, ma soprattutto hanno un taglio eccessivamente propagandistico e patriottico, seppure giustificato dal clima di quegli anni. Il Teschio Rosso e il Barone Zemo, due pericolosi capi nazisti, sono i loro maggiori nemici, ovviamente destinati alla sconfitta. La saga del “Cap”, leggenda vivente della seconda guerra mondiale come è stato definito, si è conclusa in modo tragico alla fine del conflitto, quando Zemo fece cadere in mare l’aereo di Capitan America: Bucky morì nell’esplosione, mentre il Cap si salvò, finendo ibernatoCapAmericaBucky in un blocco di ghiaccio. Venne riportato alla luce nel 1964, quando Stan Lee e ancora Jack Kirby lo rilanciarono nelle collane della Marvel. Ma malgrado l’indubbia capacità degli autori, Capitan America non era più lo stesso. La guerra era diventata fredda e l’America vedeva nemici ovunque: il nostro eroe era sempre pronto a combattere – contro il razzismo, i criminali, anche nel Vietnam – ma ogni tanto aveva qualche problemino esistenziale come molti supereroi figli di Stan Lee: sentiva, per esempio, il rimorso per la morte di Bucky (sostituito in varie avventure da una fidanzata e altre ragazze), e forse avvertiva il peso degli anni. Era sempre un esempio di patriottismo e svolgeva il suo onesto lavoro propagandistico, pur senza l’entusiasmo antico. Del resto se ne accorsero gli stessi autori che arricchirono le nuove collane con episodi sulla rilettura delle origini di Capitan America o di Teschio Rosso, sopravvissuto alla distruzione di Berlino e tornato in vita per riprendere la sua guerra privata con il Cap, ovviamente destinata all’insuccesso. (Articolo di Carlo Scaringi).