3 Marzo 2011 06:35

Josè Munoz, molti sguardi sulla realtà

Jose Munoz riceve il  Premio U'GiancuAll’inizio degli anni Settanta in Spagna il franchismo era alla fine, mentre in Argentina la dittatura stava per arrivare. Fu così che molti autori di fumetti lasciarono il loro Paese, per evitare crisi e censure varie, trovando accoglienza in Spagna e poi in varie città europee, comprese quelle italiane. Nel gruppo c’erano Josè Munoz, disegnatore nato il 10 luglio 1942 e lo sceneggiatore Carlos Sampayo, quasi suo coetaneo. I due si conobbero in Spagna, scoprendo che erano fatti l’uno per l’altro, ovviamente professionalmente. Prima avevano fatto varie esperienze lavorative in Argentina. Il disegnatore aveva imparato il mestiere alla scuola di Alberto Breccia, Hugo Pratt e altri italiani, lavorando anche con Solano Lopez e poi disegnando il ciclo di Precinto 56, una serie di avventure ambientate nel distretto di polizia di una grande città. Sampayo invece faceva il pubblicitario, ed era a caccia della buona occasione. Arrivò nel 1974 quando i due crearono il personaggio di Alack Sinner, un munoz_jose_1999_panna_mariadetective privato (e isolato) con un passato nella polizia. Di investigatori la storia del fumetto è fin troppo ricca, ma questo era diverso, si distaccava dagli altri non solo perché non si credeva una sorta di invincibile giustiziere, ma perché era in fondo un disilluso, un cinico, un uomo con pochi ma solidi ideali, pronto a gettarsi a corpo morto in imprese in apparenza disperate e magari senza alcun guadagno concreto. Ricorda un po’ gli eroi di Hammett e Chandler, la stagione migliore del giallo di qualità, con cavalieri coraggiosi e generosi. La prima storia, ospitata su Alterlinus del gennaio 1975, si intitola “Il caso Webster” e ci ha fatto subito conoscere il mondo tutt’altro che melenso o eroico in cui si muoveva il nostro protagonista. I testi di Sampayo sono sempre precisi, efficaci, sintetici, ma era soprattutto il disegno di Munoz a far crescere la storia. Alack Sinner è un uomo massiccio, non più giovanissimo, con qualche ruga sul volto, ma munoz_magolfavigoroso come uno Steve McQueen più vecchio. Anche il suo comportamento è essenziale, frutto di decisioni veloci, senza troppi tentennamenti, talvolta duro. Le storie (la prima e le molte altre che seguirono) sono sempre intriganti, con ritmi serrati e avvincenti, sottolineati non solo da espressivi primi piani, ma anche da un bianconero sempre essenziale. Spesso l’ufficio del detective è il bar di Joe, dove Munoz e Sampayo hanno in seguito ambientato alcuni racconti, col titolo “Nel bar”. Lì transita la solita, variopinta e talora inquietante umanità, dove modesti individui senza futuro si mescolano con avanzi di galera, trafficanti smaliziati, donne in cerca di fortuna e magari con qualche poliziotto. Lì si fermano anche i due autori, che Munoz ha ritratto, insieme ad Alack Sinner, in qualche vignetta di una lunga storia, “La vita non è un fumetto, baby”. In qualche racconto compare anche Sophia, singolare figura femminile in un mondo quasi tutto maschile. Molte tavole di Alack Sinner arricchiscono in questi giorni una mostra aperta nel museo Archeologico di Bologna fino al 10 aprile, munoz_alack_sinner_89_1organizzata nell’ambito di BilBObul, un festival del fumetto promosso dall’associazione culturale Hamelin. Ovviamente la mostra presenta altri significativi lavori del disegnatore argentino che negli anni Novanta ha realizzato due racconti tratti da Jerome Chayrin, “Il morso del serpente” e “Pannamaria”, una vicenda ambientata nel primo Novecento nella New York degli immigrati europei, polacchi in particolare (il titolo infatti richiama il nome della Madonna in polacco). Josè Munoz ha narrato anche storie realistiche, spesso con tocchi di sincera poesia, come “Viet blues” o “Billie Holiday”, occasione per ricordare la grande interprete e proporre un sintetico viaggio nel jazz del Novecento. Come si vede un autore completo, versatile, ricco di creatività, anche se viene ricordato soprattutto (insieme a Sampayo) per quel Alack Sinner che ha scolpito nei fumetti. (Articolo di Carlo Scaringi).