Il 13 novembre del 1940 venne presentato a New York, nella stessa sala dove giusto 12 anni prima era stato proiettato il primo Topolino sonoro, uno dei maggiori capolavori dell’animazione disneyana, “Fantasia”, un film lungo due ore, costato una montagna di dollari e lanciato alla grande dalla stessa Disney. Il pubblico, di fronte a quello che il New York Times definì “il più impressionante avvenimento dello schermo”, restò freddo – ma poi nel corso degli anni ha mutato parere – probabilmente perché non vi aveva ritrovato, tranne Topolino, i personaggi che aveva imparato ad amare in decine di cortometraggi e infinite storie a fumetti. Walt Disney aveva puntato molto su quel lavoro, realizzato quasi contemporaneamente a Pinocchio e poco prima di Dumbo e Bambi: era un progetto decisamente ambizioso, con diversi brevi episodi nei quali insoliti protagonisti si muovevano al suono di immortali brani di musica classica eseguiti dalla Philadelphia Orchestra diretta da Leopold Stokowski. Il nucleo centrale del film era rappresentato dall’Apprendista stregone, un’antica fiaba che Goethe aveva trasformato in un poema in versi e che il compositore Paul Dukas aveva messo in musica. Disney nel 1938 l’aveva scelta come soggetto di un cortometraggio, ma il lavoro risultò troppo costoso per una proiezione di pochi minuti, e allora decise di inserirla in Fantasia, insieme ad altri brani nei quali la musica classica si sposava perfettamente alla magia dell’animazione. Ecco allora la Danza delle ore di Ponchielli con struzzi, elefanti e ippopotami che volteggiano come danzatrici classiche, ecco gli scontri giurassici fra dinosauri e altri mostri preistorici sottolineati dalle note della Sagra della primavera di Strawinski, oppure gli inquietanti orrori di Una notte sul Monte Calvo di Mussorgski o le bucoliche scene della Pastorale di Beethoven. Su tutto svetta ovviamente l’amara parabola dell’Apprendista stregone, con Topolino che sogna di dominare il mondo e che quando si risveglia si ritrova nel laboratorio allagato. Ed è proprio il confronto tra questo brano – carico di anni ma estremamente giovane nel disegno, nei movimenti, nelle trovate – e quello inserito poi in Fantasia 2000 (un modesto remake realizzato dieci anni fa) che fa rimpiangere il vecchio film. In Fantasia 2000 la Danza delle ore è stata sostituita dai Pini di Roma di Respighi (con balene e balenotteri al posto dei più leggeri elefanti), invece della Primavera c’è l’Uccello di fuoco, sempre di Strawinski ma con immagini alquanto diverse, e c’è anche un omaggio alla musica americana con la Rapsodia in blue ambientata a New York, e così via. Il tutto è stato elaborato con il computer e altre tecnologie moderne, che permettono ingenti risparmi, ma danno anche risultati aridi, meccanici, privi di umanità. E’ il bello del progresso, o no? (Articolo di Carlo Scaringi).