Il mondo di Robert Louis Stevenson ha spesso ispirato l’immaginario illustrato: oltre al cinema (quante edizioni dell’Isola del tesoro o del Dottor Jeckill abbiamo visto?), anche i fumetti hanno “tradotto” diverse opere di questo romanziere. Un po’ del suo clima orrorifico lo ritroviamo, per esempio, nella trasformazione della Regina in Strega nel famoso film Biancaneve di Disney. Era il 1937 e nello stesso periodo Franco Caprioli cominciava a disegnare le sue storie esotiche con scenari che ricordavano quelli evocati da Stevenson in alcuni romanzi. Ma forse l‘incontro più significativo avvenne nel 1962 quando Hugo Pratt – appena ritornato dall’America latina – disegnò una straordinaria Isola del tesoro, con navi, pirati, gabbiani, orbi e zoppi, immersi in una natura selvaggia. La storia, pubblicata sul Corriere dei Piccoli, era stata sceneggiata da Mino Milani, romanziere legato al mondo delle nuvolette. La coppia, nello stesso periodo, realizzò anche Il ragazzo rapito, romanzo forse minore, o meglio meno noto, dello stesso Stevenson. Qualche anno dopo Hugo Pratt, nel suo girovagare per il mondo come un inquieto Corto Maltese, fece tappa nelle isole dei mari del Sud, Samoa e dintorni, dove Stevenson aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita. La visita alla casa dello scrittore, alla sua tomba e alcuni ritratti dell’autore a lui così familiare, arricchirono Pratt di ulteriori stimoli. La sua Isola del tesoro – ora riproposta dalla Lizard-Rizzoli in un volume insieme al Ragazzo rapito – sembra anticipare gli scenari, molto più ariosi, della Ballata del Mare Salato, grande saga quasi stevensoniana. Non c’è Corto Maltese, anzi i protagonisti sono due ragazzi, uno invischiato in una storia di pirati e tesori, l’altro rapito da uno zio avido in un momento storico (il Settecento) che vedeva gli scozzesi in lotta contro gli inglesi. Non c’è (non ancora) Corto Maltese, ma le atmosfere, il clima, gli scenari, i volti, i gabbiani, e anche gli ideali, sono gli stessi, come identici sono i capolavori di questi due romanzieri – uno della parola, l’altro del disegno – come Stevenson e Pratt. (Articolo di Carlo Scaringi).