Senza risalire a tempi ormai lontanissimi, quelli di Fantomas o Rocambole e altri criminali della letteratura d’appendice, si può dire che la rappresentazione del male, della violenza, della malvagità suscita sempre un fascino perverso sull’immaginario collettivo. Per restare nel mondo dei fumetti, basta ricordare il successo di Diabolik, Kriminal, Satanik e altri personaggi in nero con molte esotiche “k”. Di cattivi sono piene anche le collane della Sergio Bonelli Editore, da Tex a Zagor, da Dylan Dog a Martin Mystère, a Julia. Ma sono cattivi fatalmente destinati alla sconfitta, seppure spesso solo temporanea, messi lì perché funzionali alla storia o per far meglio risaltare il coraggio e la bravura del protagonista. Non era invece accaduto, almeno ci sembra, che due collane avessero per protagonista principale un eroe negativo, originale, insolito, magari inquietante e forse affascinante. “Greystorm” è una miniserie di 12 albi scritta da Antonio Serra, l’ultimo dei quali (uno speciale riepilogativo ed esplicativo di oltre 200 pagine) in uscita dal 9 settembre. La storia era iniziata bene con due studenti inglesi, uno curioso e appassionato di tecnologia e suggestionato dai racconti di Verne, l’altro più riflessivo ma ricco. Greystorm, che si crede quasi un Leonardo da Vinci fine Ottocento, usa la sua vulcanica fantasia e i soldi dell’amico per straordinarie invenzioni in nome della scienza. Costruisce un rudimentale aereo, poi un gigantesco dirigibile, conquista il Polo Sud prima dei veri esploratori, scopre un’isola misteriosa, laggiù alla fine del mondo, e insieme creano una società nuova e utopistica. Ma la sua irrequietezza lo spinge verso altri traguardi, vuole addirittura conquistare il mondo, magari con l’aiuto di un esercito di zombies piegati al suo folle volere. Diventa un Capitan Nemo sanguinario, quasi un folle Hitler in anticipo sui tempi, e la fine sarà inevitabile. La storia è ben congegnata, tra tecnologia e avventura, tra amore e violenza, anche se la simpatia iniziale suscitata dallo spirito avventuroso di Greystorm ha lasciato posto,
un albo dopo l’altro, a riflessioni più amare sulla facilità con cui anche un individuo tranquillo come il primo Greystorm finisce per essere trascinato nella spirale dell’ambizione, del potere, della violenza. Eroe negativo, quello di Antonio Serra, ma anche molto istruttivo, un esempio in fondo non isolato di ciò che accade talvolta nella realtà. In “Cassidy” – una miniserie di 18 albi mensili scritta da Pasquale Ruju e illustrata, come l’altra del resto, da alcuni fra i migliori disegnatori della casa – siamo invece negli States degli anni Settanta, quelli di Elvis Presley, delle case da gioco e della criminalità organizzata. Quasi una copia dell’epoca di Al Capone, con il protagonista ridotto in fin di vita in uno scontro con una banda rivale. Non morirà perché un misterioso vecchietto cieco che gira suonando un’armonica, gli regala 18 mesi di vita supplementare. Cassidy, anziché indossare il saio del penitente e ritirarsi in convento, si mette subito al lavoro per vendicarsi dei suoi nemici. In questi primi albi usciti ne ha fatti fuori diversi, ha tentato spericolati colpi in banca e furti in musei ben sorvegliati. E non è finita. Il sangue scorre a fiumi e le pallottole fischiano, come scrivono i cronisti di nera, ma quest’abbondanza di violenza in fondo non dà fastidio, raccontata com’è con un pizzico d’ironia, un po’ d‘esagerazione e una punta di distacco. Sembra quasi un film di gangsters, alla fine si esce dal cinema risollevati perché non era vero niente. Anche se poi basta guardarsi intorno per scoprire che certe cose accadono anche nella realtà. Qui e altrove. (Articolo di Carlo Scaringi).