Era il 6 giugno del 1935 quando su “I tre Porcellini” – un settimanale che la Mondadori pubblicava da un paio di mesi, quasi una “prova generale” in vista dell’imminente acquisto di “Topolino” dalla Nerbini – apparve la prima puntata di “Ulceda, la figlia del Gran Falco della prateria”, una storia ambientata nel Far West e disegnata da Guido Moroni Celsi (1885-1962), passato alla storia per essere stato il primo autore italiano di un fumetto western. Il soggetto derivava dai romanzi che Emilio Salgari aveva dedicato al mondo della Frontiera, ed era un racconto sostanzialmente fedele alla realtà storica, con scontri anche aspri fra cow boys e pellerossa, ma nel complesso cavallereschi, con gli indiani che non erano i soliti “musi rossi” dell’iconografia cinematografica dell’epoca. Ulceda era una ragazza indiana che alla fine sposa l’eroe bianco della storia, dando un contributo notevole alla pacificazione razziale. Dopo Ulceda, il fumetto italiano ha proposto un’altra storia western, “I predoni del Kansas” di Athos Cozzi pubblicata sul Vittorioso dal 12 giugno 1937. Quasi nello stesso periodo Rino Albertarelli, bravo disegnatore e vignettista ma soprattutto appassionato del West, creava il personaggio di Kit Carson, il cavaliere del West, protagonista di una lunga avventura iniziata il 15 luglio 1937, e praticamente mai conclusa, perché il simpatico vecchietto che Albertarelli aveva dotato di un paio di baffoni spioventi, sarebbe rivissuto attraverso i disegni di Walter Molino e poi di Aurelio Galleppini (e tanti altri) che nel corso degli anni hanno disegnato il simpatico compagno di Tex Willer, indubbiamente il più famoso eroe del West all’italiana, nato – insieme a molti altri –dalla vulcanica fantasia di Gianluigi Bonelli. La storia di Ulceda non ha segnato solo la nascita del West all’italiana, ma è stata anche la prima del ricco filone salgariano. Prima e dopo il secondo conflitto mondiale, infatti, i maggiori settimanali italiani, “Topolino” in primo luogo, hanno ospitato le riduzioni a fumetti dei più famosi romanzi di Salgari. Qui si è distinto soprattutto Moroni Celsi che ha “tradotto” quasi tutto il ciclo malese, dai Misteri della giungla nera alle Due tigri, al Bramino dell’Assam, ecc., mentre Albertarelli e Molino hanno raccontato soprattutto il mondo del West, e altri autori come Franco Chiletto hanno affrontato il ciclo dei Caraibi, cimentandosi con corsari di vario colore. Nel dopoguerra c’è stato un revival salgariano, anche con la pubblicazione di un settimanale, “Salgari”, che riproponeva le vecchie storie, poi periodicamente ristampate nel corso degli anni. Oltre a quelli ricordati, hanno disegnato i personaggi salgariani anche Bernardo Leporini, Edgardo Dell’Acqua e perfino Hugo Pratt, autore una quarantina di anni fa di un “Sandokan”, solo recentemente (ri)scoperto da Alfredo Castelli, e pubblicato dalla Rizzoli. (Articolo di Carlo Scaringi).