17 Marzo 2010 01:15

Astarte, l’ultima storia di Andrea Pazienza

astarte1 Una volta Guido Crepax, il papà di Valentina, ha detto che Pazienza è molto bravo, e poi ha aggiunto: “Penso che abbia dato un apporto notevole all’evoluzione del fumetto, ma devo ammettere che ho difficoltà a seguire le sue storie, a causa della scarsa comprensione, che è poi la stessa accusa che facevano a me agli inizi”. Per Vincenzo Mollica, amico e cronista del Paz, “Andrea Pazienza è una sinfonia della follia, non è facile seguirlo, ma bisogna goderselo a frammenti”. Roberto Saviano, l’autore di “Gomorra”, ha scritto invece che Pazienza con la storia di Astarteha saputo darci un’opera avvincente e colma di epica, propria delle storie che sembrano astarte8 secondarie e che la letteratura riesce a rendere fondamentali”. Quest’ultima citazione è tratta dalla prefazione che lo stesso Saviano ha scritto per la ristampa in volume di “Storia di Astarte”, l’ultimo fumetto di questo geniale autore, rimasto incompiuto per la morte del disegnatore, ucciso dall’eroina poco più che trentenne, nel 1988. Astarte è il cane di Annibale, il condottiero cartaginese che oltre due millenni fa tentò di conquistare Roma. La storia ci ha raccontato ampiamente quell’impresa disperata, con gli elefanti, le Alpi, le vittorie, gli ozii di Capua, le sconfitte. Pazienza, nel suo originale racconto rimasto incompiuto, si ferma dinanzi alle Alpi, quasi evita gli aspetti storici, per soffermarsi invece sulle vicende di quell’impresa viste e narrate con gli occhi di un cane, allevato per combattere nelle arene e poi diventato un fedele compagno di Annibale. La storia – pubblicata in questi giorni  dalle edizioni Fandango – è un piccolo capolavoro che, al di là della trama, risulta avvincente per l’espressività e anche la carica aggressiva del disegno, che forse appare più ricercato, astarte15completo, maturo rispetto alle pur notevoli esperienze precedenti, come Pentothal, Zanardi o Pompeo, tre lunghe storie nelle quali il disegnatore ha riversato tutto il disagio giovanile di quegli difficili e la sua irrequieta insoddisfazione. In Astarte non c’è niente di personale, ma una visione quasi epica degli eventi, una vicenda in fondo piccola come quella di un grosso cane come Astarte, e forse un’anticipazione di quello che sarebbe accaduto duemila anni dopo, con gli africani di oggi – lontani pronipoti dei Cartaginesi di Annibale – che vanno alla conquista, pacifica, dell’Europa. Forse Pazienza, disegnando questa storia, non ci aveva pensato, perché negli anni Ottanta questo problema non si poneva. Ma ci piace pensarlo, perché la genialità e la fantasia del Paz non avevano limiti. (Carlo Scaringi).